Cyberstalking

AutoreLuini Angelo
Pagine716-717
716
dott
7-8/2012 Rivista penale
DOTTRINA
CYBERSTALKING
di Angelo Luini
SOMMARIO
1. Premessa. 2. Stalking e cyberstalking. 3. Il ridicolo. 4. L’uso
dei cartoni animati. 5. Cyberstalking e spamming. 6. Atipicità
degli atti persecutori di cyberstalking.
1. Premessa
Nella società attuale, i crimini appaiono più nel loro
divenire tecnologico che nella loro connotazione sociolo-
gica.
Se la codif‌icazione della dinamica del fatto criminale
trovava la sua fonte, sancita e codif‌icata dalla norma mo-
rale, oggi il fatto criminale trova sempre punizione dalla
violazione della norma codicistica, ma l’interprete ed
il Giudice si trovano di fronte, spesso, ad una dinamica
criminale che parte da un elemento morale di violazione
e si trasforma, nel suo divenire, in un completamento del
comportamento criminale e che in parte modif‌ica la strut-
tura iniziale nell’evento punitivo.
Da tale concetto, dobbiamo partire per analizzare i fe-
nomeni progressivi che si innestano sul “reato base” previ-
sto e punito dall’articolo 612 bis codice penale.
2. Stalking e cyberstalking
Le norme “sul reato di stalking” puniscono tutti quei
comportamenti che per la loro connotazione persecutoria
ledono la libertà di agire, muoversi e confrontarsi, di un
individuo nel contesto sociale della sua vita quotidiana.
Accade però che ultimamente, a corollario della fatti-
specie principale si siano innestati comportamenti “mole-
sti” che pur non incidendo direttamente con la libertà di
interagire della persona molestata si conf‌igurano come
chiari atti di molestia persecutoria.
La divulgazione, attraverso la rete informatica o via
web o via tablet, di immagini, anche non oscene, ma con-
notate da volontà irrisoria o beffarda nei confronti del de-
stinatario, conf‌igura una chiara ipotesi di comportamento
molesto ripetitivo e persecutorio.
Lo scambiarsi ed il divulgare, quindi, immagini della
vittima sia camuffate e sia in atteggiamenti ridicoli, rap-
presenta un modo di “occulta molestia”.
Rilevato che il messaggio sublimale che la vittima
raccoglie è quello di essere oggetto dell’attenzione mole-
statrice del suo persecutore.
Le azioni di molestia, nel mondo cibernetico, non sono
solo quelle connotate da violenza, minaccia o ingiuria
che appaiono chiaramente distinguibili nel mondo reale,
questo poichè il mondo cibernetico virtuale confonde e so-
vrappone una realtà che non esiste, deformando anche la
realtà concreta e presente.
Una realtà che non esiste, ma che è sempre, “nella
sua irrealtà”, in grado di mettere in diff‌icoltà la vittima,
coartandole la libertà di pensiero, facendole immaginare
di essere oggetto di un meccanismo di molestia che, forse,
nella realtà non esiste.
La valutazione del reato nel mondo cibernetico deve
essere effettuata non solo secondo i canoni delle fattispe-
cie punite dal diritto penale, ma anche secondo i canoni di
disagio e di interscambio amicale e sociale che si creano
nel mondo del virtuale.
Solamente partendo da questi presupposti si è in gra-
do di intuire quale “danno” può derivare al destinatario
di immagini o messaggi provenienti dal “mondo virtuale”
ed indirizzati e valutati dal destinatario con l’ottica e la
sensibilità del mondo reale.
3. Il ridicolo
È fuori di dubbio che ridicolizzare il destinatario co-
stituisce una delle attività che più di ogni altra f‌ioriscono
sul mondo virtuale.
Basta ricordare quale serie di “immagini ridicolizzanti”
siano state diffuse in rete per la falsa laurea albanese del
f‌iglio di un noto personaggio pubblico (1). Infatti la divul-
gazioni ossessiva di immagini ridicole della vittima, hanno
si l’effetto immediato di offendere la stessa, ma hanno
pure la conseguenza futura di rendere la vittima oggetto
di scherno tale da renderla “poco attrattiva” nelle amicizie
in rete e di darne una connotazione negativa nel prosieguo
della sua vita futura. Provocando, di fatto, una repulsione
da parte degli utenti della comunità virtuale ad allaccia-
re amicizia o contatti relazionali con chi è oggetto di un
attacco attraverso documenti ridicoli e svillaneggianti la
f‌igura del destinatario.
Ciò premesso, è di tutta evidenza che la persistenza
nell’invio di messaggi o documenti ridicolizzanti conf‌iguri
la fattispecie punita dall’articolo 612 bis c.p..
Infatti palese che “ridicolizzare” la vittima conduce la
stessa a vivere in uno stato di ansietà e di paura, se non
immediata, ma certamente in prospettiva, non intuendo
quando e come “la ridicolizzazione” avrà il suo termine o
se tale azione persecutoria mai terminerà.
Il tutto oltre a non conoscere in alcun modo se il com-
portamento del responsabile degli atti di ridicolizzazione,
cambiando atteggiamento, potrebbe sfociare in azioni ed
in eventi ben più gravi.
In una simile situazione psicologica la vittima “si ri-
tira” dalla vita sociale e dalle sue usuali frequentazioni,
avendo ansia e paura di imbattersi in comunicazioni o in
documenti che la rappresentano deformata nella sua per-
sonalità e nei suoi atteggiamenti con i quali si interfaccia
nel mondo reale.
4. L’uso dei cartoni animati
Altra ipotesi che merita attenzione nel mondo virtuale
cibernetico, è quello della sostituzione delle f‌igure dei
personaggi dei cartoni animati con il viso o l’immagine
della vittima della persecuzione.

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