Il nuovo testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali: disciplina sanzionatoria e principio di legalità in materia penale

AutoreMarilisa D'Amico
Pagine391-394

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@1. Descrizione del problema: assenza nella legge di delega di un esplicito riferimento all'esercizio di poteri sanzionatori

Lo strumento della «delega legislativa» è divenuto, negli ultimi anni, uno degli aspetti più problematici ed irrisolti nel sistema delle fonti del nostro ordinamento, destinato ad accentuarsi a causa della sua utilizzazione massiccia da parte del Parlamento, anche a seguito della sentenza n. 360 del 1996 della Corte costituzionale, che ha negato la possibilità della c.d. reiterazione dei decreti legge, riducendone notevolmente il raggio d'azione.

Da un lato, infatti, il numero delle deleghe date al Governo, dall'altro, il contenuto delle stesse, non sempre rispettosissimo dei requisiti richiesti: dall'art. 76 Cost., comportano, come aspetto centrale e ineliminabile, un vero e proprio trasferimento di funzioni e di competenze normative dal potere legislativo a quello esecutivo, con un'alterazione dei rapporti fra Governo e Parlamento capace di incidere sulla nostra stessa forma di Governo 1.

I riflessi di questa profonda ed inevitabile trasformazione si colgono nelle specifiche vicende, relative alle singole deleghe che ogni giorno abbiamo davanti agli occhi, fra le quali quella relativa al testo unico in materia di beni culturali ed ambientali costituisce soltanto un esempio, anche se, a mio avviso, uno dei più significativi.

Il D.L.vo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'art. 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352) 2 contiene infatti una disciplina sanzionatoria in materia di beni culturali e ambientali sotto molti profili nuova e diversa rispetto alla disciplina previgente 3. Naturalmente, è possibile che il Governo intervenga nella materia penale con atti aventi forza di legge, nonostante parte della dottrina contesti ancora questa ipotesi, mettendo in luce come la ratio dell'art. 25, comma 2, Cost. si scontrerebbe con la produzione normativa da parte del Governo, in quanto solo la scelta del legislatore garantisce quell'equilibrio e quella sintesi di visioni opposte in materia di reati e pene, necessarie per fare dello strumento penale l'effettiva extrema ratio 4.

Tuttavia, ciò che viene unanimemente chiesto dalla dottrina, spesso critica anche nei confronti della Corte costituzionale, è che nella materia penale il legislatore delegante sia particolarmente attento nel circoscrivere i poteri del Governo e il Governo, quale legislatore delegato, si attenga scrupolosamente alle linee contenute nella delega, senza esorbitare dai propri poteri 5.

Non vi è chi non veda come nel nuovo testo in materia di beni culturali e ambientali la «novità» rispetto ai casi precedenti è che il Governo compie scelte criminali, in totale assenza di qualsiasi delega nello specifico ambito penale.

Occorre allora, innanzitutto, analizzare il contenuto della legge delega per ragionare su quello che il Governo sarebbe stato autorzzato a fare, in assenza di qualsiasi esplicito potere nella materia coperta dalla riserva di cui all'art. 25, comma 2, Cost.

@2. Il «riordino»attraverso la riformulazione delle fattispecie penali: considerazioni generali

La legge di delega (legge 8 ottobre 1997, n. 352) definisce il proprio oggetto nel coordinamento di «tutte le disposizioni legislative vigenti in materia di beni culturali e ambientali» (naturalmente, il contenuto è ampio, perché si tratta di raccogliere tutte le disposizioni vigenti, senza distinzioni).

In ordine alla determinazione dei principi e dei criteri direttivi, la legge di delega non contiene alcun accenno a specifici poteri nella materia penale: al comma 2 a), infatti, si legge che «possono essere inserite nel testo unico le disposizioni legislative vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché quelle che entreranno in vigore nei sei mesi successivi»; mentre al successivo comma 2 b) si specifica, sottolineando il carattere di mero riordino del testo unico, che «alle disposizioni devono essere apportate esclusivamente le modificazioni necessarie per il loro coordinamento formale e sostanziale, nonché per assicurare il riordino e la semplificazione dei procedimenti».

Infine, vi è il profilo «temporale»: il comma 4 dell'art. 1 della L. 8 ottobre 1997, n. 352 sancisce che «il testo unico potrà essere aggiornato entro tre anni dalla data della sua entrata in vigore...»: questo vuol dire che, una volta esercitata la delega, il Governo potrà ritornare sui suoi passi per «aggiornare» il decreto, entro tre anni.

Questa norma, che prolunga i poteri del Governo oltre il momento dell'emanazione del decreto legislativo non è una novità nel panorama degli ultimi anni: è infatti divenuto molto frequente che nella delega sia inserita la possibilità per il Governo di «integrare o correggere» il decreto, attraverso un «aggiramento» del termine indicato per l'esercizio della delega, termine entro il quale, ai sensi dell'art. 76 Cost., dovrebbero esaurirsi i poteri del Governo.

La prassi dei c.d. decreti «integrativi o correttivi» 6 è, a mio avviso, incostituzionale, per le ragioni appena esposte: occorre osservare anche che essa crea un sistema basato sulla provvisorietà, che mina alla radice la certezza del diritto (esattamente come avveniva con i decreti legge reiterati: nel testo unico in materia di beni culturali e ambientali, anche a seguito delle proroghe del termine per l'emanazione del decreto principale, le norme in materia rimarranno provvisorie per un periodo di circa cinque anni). Sorge inoltre un altro problema, che ci porrà anche nel nostro caso: da quando decorre l'efficacia delle norme «correttive o integrative»: ex tunc, alla data di entrata in vigore del decreto «integrativo o correttivo»? Il problema risulta ancora più grave, soprattutto laddove vi siano sanzioni penali, a causa del principio di irretroattività in materia penale (non a caso, la dottrina penalistica è critica nei confronti di questa nuova «tecnica», che realizzerebbe «un'espropriazione perma-Page 392 nente della funzione legislativa delle Camere, intollerabile nella materia penale» 7.

Dalla definizione dell'oggetto e dalla determinazione dei principi e criteri direttivi, emerge, quindi, che il decreto legislativo in commento appartiene alla categoria dei testi unici di riordino e riforma.

Precisamente, il testo unico è di mero riordino, perché il carattere innovativo deve contenersi alle sole modificazioni necessarie per il coordinamento...

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