Crimini di guerra commessi da militari tedeschi occupanti e speciale giurisdizione penale militare: l'eccidio di civili inermi

AutoreMassimo Nunziata
Pagine182-184

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@1. Premessa introduttiva

La sentenza che si annota1, concernente un paradig-matico "crimine di guerra", esamina una delle fattispecie delittuose contenute nel codice penale militare di guerra riconducibile ad uno dei più diffusi reati contro le leggi e gli usi di guerra2: quello di "violenza contro privati nemici" (p. e p. dall'art. 185 c.p.m.g.).

Come è noto, le fonti legislative del diritto penale militare italiano si compendiano, principalmente, nei codici penali militari di pace e di guerra, entrambi entrati in vigore nel 1941. Siffatta bipartizione è legata alla temporalità di applicazione: in tempo di pace, il codice di pace; in tempo di guerra, il codice di guerra3.

La ratio giustificativa di siffatta previsione è data dalla bipartizione funzionale che il legislatore ha assegnato ai codici penali militari, ripartendoli in codice di pace e codice di guerra: assegnando a quest'ultimo la tutela penale (oltre che del cd. "servizio di guerra") degli atti illeciti di guerra, violativi delle regole dettate dal diritto internazionale in materia, nella prospettiva di mitigare gli effetti dello scatenamento della violenza bellica, concernente le conseguenze dannose, limitare l'asprezza dello scontro tra le parti in conflitto e tutelare, per quanto possibile, l'incolumità dei non combattenti, preservando le vittime civili del confronto bellico da abusi e condotte indebitamente ostili.

Invero, tra il diritto internazionale di guerra, cd. diritto bellico, ed il diritto penale militare di guerra, delineato nel c.p.m.g., sussiste una relazione ad un almeno duplice livello: da una parte, nel c.p.m.g. si rinviene la recezione nell'ambito del diritto interno dei divieti e delle violazioni sanciti a livello di diritto internazionale, che vengono assunte come base dei precetti penalmente sanzionati dai reati contenuti nel catalogo del codice perchè contro le leggi e gli usi di guerra; d'altra parte, si predispone laPage 183 sanzione per la relativa violazione, indicandone il presidio punitivo.

Nel catalogo delle incriminazioni del codice di guer-ra4 la bipartizione fondamentale è tra reati contro il cd. "servizio di guerra" e reati attinenti alla tutela delle norme di diritto bellico5. Nell'ambito dei reati contro il servizio di guerra è possibile far rientrare anche, in senso ampio, una categoria che nel codice è distinta dal punto di vista logico e topografico: attiene da una parte ai reati contro la fedeltà e la difesa corrispondenti o comunque costituenti il completamento di quelle tipologie già contenute nella parte speciale del codice di pace.

Nell'ambito, poi, delle incriminazioni concernenti la tutela penale delle regole e della condotta in guerra si distinguono: quelle attinenti al diritto bellico in senso stretto e quelle propriamente riferite al diritto umanitario6. Quest'ultimo attiene alla tutela delle popolazioni civili e dei loro beni, dei prigionieri di guerra e di tutti i soggetti e i luoghi coinvolti nelle operazioni belliche. Sono invece riconducibili al primo gruppo di reati militari quelli attinenti al servizio di guerra in senso stretto7.

@2. La fattispecie delittuosa

Nel caso in esame viene in rilievo una delle incrimi-nazioni8 relative al diritto umanitario9 prevedute dal codice di guerra.

La fattispecie incriminatrice in rilievo, nel c.p.m.g., è ricompresa, quale parte integrante e caratteristica, nel titolo IV dei reati contro le leggi e gli usi della guerra, capo II degli atti illegittimi o arbitrari di ostilità.

Con essi si fornisce una protezione anche penale, in ambito militare, ai quei soggetti che, a motivo delle loro condizioni personali o della propria attività, non sono tenuti a partecipare alle operazioni belliche10.

La fattispecie, da considerare distintamente, è quella prevista dall'articolo 185 del codice di guerra: la violenza contro privati nemici.

Essa concerne la protezione delle popolazioni civili coinvolte nel conflitto. In particolare, la nozione di "violenza" è quella di cui all'art. 43 del c.p.m.p.: le percosse, le lesioni od i maltrattamenti fino all'omicidio nei confronti di popolazioni civili che non prendono parte alle operazioni militari, con il rinvio alle sanzioni stabilite dal codice penale se del caso, per l'omicidio, tentato o preterintenzionale, lesioni personali gravi o gravissime; soltanto per le forme di violenza che non arrivino all'ipotesi di lesioni o di omicidio è prevista la reclusione militare fino a due anni.

Orbene, il reato in esame sotto il profilo del soggetto attivo, è commissibile anche da militari "nemici": invero, in virtù del disposto dell'art. 13 c.p.m.g., le disposizioni del libro terzo, titolo IV, relative ai reati contro le leggi e gli usi della guerra, sono applicabili agli appartenenti alle forze armate nemiche, che commettano taluno dei fatti ivi previsti e puniti a danno dello Stato italiano o di cittadini italiani (ovvero di Stato alleato o di sudditi di questo).

Circa i rapporti con altri reati, si è di fronte ad una fattispecie speciale che si applica in luogo delle figure comuni di reato apparentemente concorrenti (quelle concernenti la protezione della vita ed incolumità individuali), in virtù dell'art. 15 c.p.

Per quanto attiene alla condotta, la fattispecie in esame si presenta come reato a condotta alternativa, prevedendosi l'uso di qualsivoglia condotta violenta, sia tesa solo a menomare sia fìnanco ad uccidere la vittima.

L'elemento soggettivo consiste nel solo dolo generico, dato dalla coscienza e volontà di usare violenza contro taluno dei civili inermi, cittadini dello Stato nemico. Per il solo caso di omicidio, si contempla la punibilità della condotta anche se a titolo preterintenzionale.

L'offesa è data dalla lesione o dalla messa in pericolo della vita od incolumità personali e la perfezione del reato risulta conseguita anche se non si ottiene la morte dei soggetti tutelati. Esplicitamente è prevista la configurabilità del tentativo.

Con riguardo all'oggetto giuridico tutelato, esso è dato dal valore umanitario insito nella salvaguardia fìsica delle persone estranee al dispiegamento delle azioni belliche.

Infine, sotto il profilo sanzionatorio la norma indica espressamente la pena solo per il reato base: reclusione militare fino a due anni. Per il caso dell'omicidio, ancorché tentato o preterintenzionale, e delle lesioni personali, gravi o gravissime, si fa rinvio alla pena comminata per le corrispondenti fattispecie dal codice penale comune, suscettibile di aumento, se sia prevista solo la pena detentiva temporanea.

Orbene, proprio tale figura di reato è stata ravvisata nella condotta dei militari nemici (perseguibili a mente del sopra menzionato art. 13 c.p.m.g.) resisi autori dell'eccidio delle Fosse Ardeatine11.

@3. La speciale giurisdizione penale militare sui crimini di guerra: l'eccidio di civili inermi

Anche detto eccidio, come quelli, altrettanto tragici sebbene connotati da maggiore notorietà per la pubblica opinione, delle Fosse Ardeatine12 e di Sant'Anna di Stazzema13, appare inquadrabile in corrispondenti fattispecie giuridiche: non già "rappresaglie" (ai sensi dell'art. 8 del r.d. 8 luglio 1938, n. 1415, cd. «legge di guerra»)14, le quali avrebbero presupposto, in quanto forme ritorsive di diritto internazionale, la prova della responsabilità dello Stato belligerante nelle condotte ostili che ne costituivano l'antefatto logico 15, quanto piuttosto "sanzioni collettive" contro la popolazione civile non belligerante16 (impropriamente riconducibili alla previsione dell'art. 65 della cd. «legge di guerra», poiché in alcun modo considerava ammissibili atti violenti contro i civili), in...

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