La criminalità organizzata nella relazione dia 2017
Autore | Piero Innocenti |
Pagine | 14-16 |
324
dott
4/2018 Rivista penale
DOTTRINA
LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA
NELLA RELAZIONE DIA 2017
di Piero Innocenti
SOMMARIO
1. La mafia calabrese. 2. La criminalità organizzata siciliana.
3. La criminalità organizzata campana.
1. La mafia calabrese
Alle forti e più che comprensibili preoccupazioni, al-
meno per il cittadino comune, derivanti dalla presenza di
molteplici organizzazioni criminali straniere sul territorio
nazionale, come illustrato nella relazione della Direzione
Investigativa Antimafia (DIA) presentata nei giorni scorsi
dal Ministro dell’Interno al Parlamento (sciolto per fine
legislatura), si aggiungono le ulteriori ansie derivanti dal-
le mafie di "casa nostra" presenti e "operative" ormai in
quasi tutte le regioni.
A cominciare dalla ‘ndrangheta alla quale, non per caso,
la DIA riserva la parte introduttiva della relazione che, di
norma, in tutte le edizioni degli anni passati, era stata dedi-
cata alla criminalità organizzata siciliana. Una c.o. calabre-
se che conserva il primato di mafia più potente tra quelle
italiane e nel mondo e per la quale "...il traffico internazio-
nale di stupefacenti rimane la primaria fonte di finanzia-
mento" ma che si muove costantemente alla ricerca di "...
nuovi mercati e spazi criminali, ivi compresi quelli offerti
dalle maglie larghe di frange colluse della pubblica ammi-
nistrazione". Diverse, in tutto il 2017, le indagini delle forze
di polizia che hanno evidenziato condizionamenti delle co-
sche in tema di assegnazione delle commesse pubbliche e
questo "tanto in Calabria quanto fuori regione". Alle estor-
sioni che restano, comunque, una delle "primarie fonti di
accumulazione" (con la partecipazione anche di "nuove
leve criminali") si sono aggiunti altri interessi criminali
che si sono infiltrati nei settori economici "delle costruzio-
ni, dei trasporti e magazzinaggio, dei servizi per l’impresa,
della fornitura di energia elettrica (anche da fonti rinnova-
bili) nonché quelli delle sale gioco e scommesse". Diversi
i Comuni sciolti nel corso del 2017 per collusioni con la
mafia in regione ma anche fuori come è accaduto con il Co-
mune di Lavagna (Genova), a conferma di quella strategia
di espansione ‘ndranghetista in altre regioni, in particolare
del centro nord. Anche su questo punto il rapporto della
DIA è drammatico dal momento che parla esplicitamen-
te di "riproduzione delle strutture criminali calabresi" in
Liguria, Piemonte e Lombardia, di "influenza, in Valle d’A-
osta, "...delle ‘ndrine stanziate in Piemonte..", di "significa-
tive presenze" in Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio,
Abruzzo, Molise, Basilicata, di tentativi di inserimento nel
tessuto economico del Friuli Venezia Giulia, di presenze
delle ‘ndrine nelle Marche e in Umbria, di "contiguità tra
sodalizi locali" ed esponenti di alcuni clan reggini in Cam-
pania, Puglia e Basilicata, di "integrazione affaristica tra
clan siciliani e ‘ndrine" in Sicilia e di presenze di alcune
"famiglie" reggine persino in Sardegna.
Insomma, la mafia calabrese è presente dappertutto
e, in alcuni casi, in sinergia criminale con le altre mafie
di casa nostra e con organizzazioni straniere. Si tratta, lo
ripetiamo, di evidenze emerse in diverse attività investi-
gative delle forze di polizia che hanno portato ad indivi-
duare, in Piemonte, la "...riproduzione (...) delle strutture
criminali calabresi (...) la presenza di autonome locali...",
in Liguria, addirittura una "macroarea criminale" con
numerose ‘ndrine nella provincia di Imperia e una sorta
di "uffici di coordinamento" con la "casa madre" reggina,
denominati "Camera di controllo" (con sede a Genova) e
"Camera di passaggio" (a Ventimiglia).
Anche in questo caso il traffico di stupefacenti (cocai-
na) concentrato negli scali portuali liguri ha rappresenta-
to l’attività più redditizia che si affianca alla "infiltrazione
del tessuto politico amministrativo locale e all’acquisizio-
ne di posizioni di monopolio in settori economici nevral-
gici...". Altra "Camera di controllo" anche in Lombardia le
cui "potenzialità economiche e finanziarie (...) costitui-
scono una fonte di attrazione (...) per le iniziative impren-
ditoriali delle cosche".
Si segnalano, ancora, le infiltrazioni nel Mercato Orto-
frutticolo di Milano ad opera della cosca Piromalli che, in
effetti, posso affermare in base ad una esperienza profes-
sionale personale, risalgono al lontano 1976. Le presen-
ze criminali vengono segnalate non solo nel capoluogo
lombardo e in diversi Comuni dell’hinterland (Paderno
Dugnano, Cesano Boscone, Cormano, Cesano Maderno,
Bollate, Novate Milanese, Corsico) ma anche in Monza
Brianza (Seregno e Carate Brianza), in provincia di Como
(Calbiate), di Brescia e di Pavia. Se in Veneto, sino ad ora,
è stata segnalata "...la presenza, non radicata, di soggetti
collegati alle cosche reggine e catanzaresi, attivi innanzi-
tutto nel riciclaggio e reimpiego di capitali...", in Emilia
Romagna le ‘ndrine sono diventate di "casa" oltre che a
Bologna (Grande Aracri), a Modena, Reggio Emilia e a
Parma (Arena e gruppi legati ai Dragone), a Ravenna (i
Mazzaferro), a Ferrara (i Pesce Bellocco), nel riminese
(i Vrenna e i Pesce Bellocco), senza contare altri perso-
naggi vicini alle ‘ndrine di Taurianova, di San Lorenzo, alla
famiglia Longo Versace, individuati sempre a Bologna, Mo-
dena e Parma e alla cosca Morabito-Bruzzanti-Palamara
(quest’ultima, in particolare, coinvolta nell’importazione
di cocaina dal Sud America).
Un panorama ancor più desolante nel Lazio dove le in-
dagini mettono in evidenza una "interazione e coesistenza,
dal punto di vista criminale, di fenomenologie di diversa
matrice..." ma con diverse cosche calabresi presenti nella
capitale tra cui quella di Fiarè di Vibo Valentia, partico-
larmente attiva nella acquisizione e gestione di attività
commerciali per operazioni di ripulitura di capitali illeciti.
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