Costituzionale

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Rivista penale 5/2012
Costituzionale
CORTE COSTITUZIONALE
23 MARZO 2012, N. 68
PRES. GALLO – EST. FRIGO – RIC. GIP VENEZIA IN PROC. PEN. C.P. ED ALTRI
Sequestro di persona y A scopo di estorsione y
Trattamento sanzionatorio y Pena minima di venti-
cinque anni di reclusione y Mancata previsione, in
relazione a fatti di lieve entità, di una circostanza
attenuante speciale y Illegittimità costituzionale
parziale.
. È costituzionalmente illegittimo, in riferimento agli
artt. 3, primo comma, e 27, primo e terzo comma, della
Costituzione, l’articolo 630 del codice penale, nella par-
te in cui non prevede che la pena da esso comminata
è diminuita quando per la natura, la specie, i mezzi, le
modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la parti-
colare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di
lieve entità. (c.p., art. 630) (1)
(1) La pronuncia delle SS.UU., citata in parte motiva, del 20 gennaio
2004, Huang, è pubblicata per esteso in questa Rivista 2004, 309.
RITENUTO IN FATTO
1.- Con ordinanza del 3 maggio 2011, il Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Venezia ha sollevato,
in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27, primo e ter-
zo comma, della Costituzione, questione di legittimità co-
stituzionale dell’articolo 630 del codice penale, nella parte
in cui non prevede, in relazione al delitto di sequestro di
persona a scopo di estorsione, una circostanza attenuante
speciale per i fatti di «lieve entità», analoga, «nella strut-
tura e negli effetti», a quella applicabile, in forza dell’art.
311 cod. pen., al delitto di sequestro di persona a scopo
di terrorismo o di eversione, previsto dall’art. 289 bis del
medesimo codice.
Il giudice a quo premette di essere chiamato a trattare
un processo penale - nelle forme del giudizio abbreviato
richiesto a seguito dell’emissione di decreto di giudizio im-
mediato - nei confronti di tre persone imputate del delitto
di sequestro di persona a scopo di estorsione, per avere
privato della libertà personale l’offeso, trattenendolo con
la forza presso l’abitazione di una di esse - ove era stato
indotto a recarsi con un pretesto - dalle ore 15,30 del 17
giugno 2010 alle ore 19,50 del medesimo giorno, allorché
il sequestrato era stato liberato grazie all’intervento delle
forze dell’ordine. L’iniziativa sarebbe stata presa al f‌ine di
ottenere la restituzione della somma di denaro corrispo-
sta a uno spacciatore di sostanze stupefacenti, dileguatosi
senza aver consegnato la partita di hashish convenuta,
nell’ambito di una transazione illecita che aveva visto la
persona offesa svolgere il ruolo di mediatore per l’acquisto.
In particolare, costui, dopo essere stato percosso, era stato
costretto a contattare - mediante una linea telefonica che
risultava, peraltro, sottoposta a intercettazione - alcuni
suoi parenti, chiedendo loro di reperire la somma pretesa
dagli imputati, con la minaccia di essere ulteriormente
segregato e percosso ove la pretesa creditoria non fosse
stata soddisfatta.
Osserva il rimettente che il fatto conf‌igurerebbe il con-
testato delitto di sequestro di persona a scopo di estorsio-
ne. In base all’interpretazione accolta dalle Sezioni unite
della Corte di cassazione (sentenza 17 dicembre 2003-20
gennaio 2004, n. 962) - qualif‌icabile come «diritto vivente»,
in quanto unanimemente recepita dalla giurisprudenza di
legittimità successiva - l’ipotesi criminosa descritta dal-
l’art. 630 cod. pen. è integrata anche dalla privazione della
libertà di una persona volta a conseguire, quale prezzo per
la liberazione - come nel caso di specie - il pagamento di
un debito derivante da un pregresso rapporto illecito. Il
requisito di fattispecie costituito dalla «ingiustizia» del
prof‌itto - oggetto di dolo specif‌ico - andrebbe, infatti, ap-
prezzato sulla base di canoni legali e non già nella partico-
lare prospettiva dell’agente. Di conseguenza, esso sarebbe
ravvisabile anche nella situazione considerata, nella qua-
le la pretesa dell’agente risulta sfornita di tutela legale,
avendo titolo in un negozio con causa illecita.
Alla luce di tale interpretazione, la norma censurata si
presterebbe, peraltro, a colpire anche fenomeni criminosi
radicalmente dissimili da quelli avuti di mira dal legisla-
tore, all’epoca in cui ha drasticamente innalzato - f‌ino a
portarla a venticinque anni di reclusione - la pena edittale
minima del delitto in questione (originariamente pari a
otto anni). Tale eccezionale inasprimento della risposta
punitiva - attuato con una serie di novelle legislative e, da
ultimo, con la legge 30 dicembre 1980, n. 894 (Modif‌iche
all’articolo 630 del codice penale) - costituiva, infatti, la
risposta, in termini di prevenzione generale, allo straor-
dinario incremento, registratosi negli anni 1970-1980, dei
sequestri estorsivi perpetrati da pericolose organizzazioni
criminali, caratterizzati da privazioni della libertà protrat-
te talora per anni, con episodi di efferata crudeltà ai danni
delle vittime e richieste di ingenti riscatti.
La vicenda oggetto nel giudizio a quo sarebbe ben lon-
tana da tale paradigma. Si sarebbe, infatti, al cospetto di
una iniziativa «estemporanea», attuata senza una parti-
colare predisposizione di mezzi e senza uso di armi, quale
reazione a una patita «frode […] in re illicita», che ha de-
terminato la privazione della libertà personale dell’offeso
per un tempo limitatissimo (poco più di quattro ore).

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