Corte Europea dei Diritti Dell'Uomo sez. I, 7 dicembre 2017, n. 35637

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giur
2/2019 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
venienza dei beni e quindi non può che integrare l’elemen-
to materiale del delitto di cui all’art. 648 bis c.p., nella sua
attuale formulazione anche sotto la forma del tentativo
(come ritenuto dalla citata pronunzia Rv. 26250601).
6. Atteso che dalla motivazione della sentenza impu-
gnata si evince che il S. stava procedendo a smontare le
singole componenti, non risultando che le stesse avessero
ancora perso la loro connessione con il telaio o altri iden-
tif‌icativi del ciclomotore, la condotta in contestazione va,
dunque, qualif‌icata in termini di tentativo.
7. Pertanto qualif‌icato il reato di cui al capo a) come
tentativo, dichiarato assorbito il secondo motivo, va dispo-
sto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio
per la rideterminazione della pena ad altra sezione della
Corte di appello di Napoli. (Omissis)
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
SEZ. I, 7 DICEMBRE 2017, N. 35637
PRES. SICILIANOS – RIC. A. C. ITALIA
Processo penale y Processo equo y Termine ragio-
nevole y Per la persona offesa dal reato y Computo
y Decorrenza.
. In considerazione delle particolarità del procedi-
mento penale italiano, il periodo da considerare ai f‌ini
della decorrenza del “termine ragionevole” dell’artico-
lo 6 § 1 CEDU inizia, per la persona che sostiene di
essere stata lesa da un reato, non dall’atto di avvenuta
costituzione di parte civile ma nel momento in cui la
stessa abbia esercitato uno dei diritti e delle facoltà
che le sono espressamente riconosciuti dalla legge pro-
cessuale penale, dimostrando così l’interesse che la vit-
tima del reato attribuisce alla riparazione pecuniaria
del danno subìto o alla tutela del suo diritto di caratte-
re civile. (Mass. Redaz.) (l. 4 agosto 1955, n. 848, art. 6)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I. Le circostanze del caso di specie
A. Il procedimento principale
5. L’8 febbraio 1990 la ricorrente si rivolse alla polizia e
al comune di (omissis) per chiedere la demolizione di una
canna fumaria che sarebbe stata costruita senza permesso
da uno dei suoi vicini su un edif‌icio di cui era proprietaria.
6. Il 9 giugno 1990 il geometra del comune raccomandò
la demolizione della canna fumaria.
7. Nel mese di settembre 1994, il comune comunicò
alla ricorrente la sua decisione di non demolire la canna
fumaria, ritenendo che non si trattasse di una costruzio-
ne abusiva e informandola che, secondo una dichiarazio-
ne giurata fatta il 23 settembre 1994 dalla proprietaria
dell’appartamento vicino e da altri quattro testimoni, la
canna fumaria esisteva da molto tempo.
8. Il 9 ottobre 1995 la ricorrente denunciò i suoi vicini
e gli altri testimoni per falsità ideologica commessa dal
privato in atto pubblico (articolo 483 del codice penale).
In questa denuncia esponeva, in particolare, di aver subìto
una lesione del suo diritto di proprietà a causa della sud-
detta dichiarazione. Dal fascicolo risulta che è stato avvia-
to un procedimento penale (n. 13249/95 R.G.N.R.).
9. Con lettere datate 14 maggio 1997, 20 maggio 1998 e
29 settembre 1999, la ricorrente sollecitò la rapida conclu-
sione del procedimento.
10. Il 20 settembre 1999 si svolse l’interrogatorio degli
indagati, i quali decisero di non rispondere.
11. Il 22 gennaio 2003, su richiesta del pubblico mini-
stero, il giudice ordinò l’archiviazione della denuncia per
prescrizione.
B. La procedura «Pinto»
12. Il 22 luglio 2003 la ricorrente adì la corte d’appel-
lo di Venezia ai sensi della legge «Pinto» per lamentare
l’eccessiva durata del procedimento penale e chiedere il
risarcimento dei danni materiali e morali.
13. Con decisione depositata il 31 ottobre 2003, la Corte
d’appello dichiarò il ricorso inammissibile indicando che
la fase delle indagini preliminari faceva parte del proce-
dimento penale e che la durata eccessiva di questa fase
poteva effettivamente comportare una violazione del dirit-
to ad un termine ragionevole. Tuttavia, la corte d’appello
precisò che, per la parte lesa, il periodo da prendere in
considerazione ai f‌ini del calcolo della durata cominciava
a decorrere dalla data in cui si era formalmente costituita
parte civile. Di conseguenza, secondo la corte d’appello,
la ricorrente – parte lesa ma non ancora formalmente co-
stituita parte civile – non poteva essere considerata come
una vera «parte» in questo procedimento e, pertanto, non
poteva lamentare la durata eccessiva dello stesso.
14. La Corte d’appello ammise che era proprio a cau-
sa del termine non ragionevole delle indagini preliminari
che la ricorrente non aveva potuto costituirsi parte civile.
Tuttavia, sottolineò che la ricorrente aveva scelto di segui-
re soltanto la via penale e che, per tutelare i suoi diritti,
avrebbe potuto avviare un’azione civile autonoma, senza
necessariamente attendere la f‌ine della fase delle indagini
preliminari nell’ambito del procedimento penale, cosa che
non aveva fatto.
II. Il diritto e la prassi interni pertinenti
A. Sullo status della persona lesa
15. Secondo la Corte costituzionale, la parte lesa non
ha lo status di «parte» nel procedimento penale, ma sol-
tanto quello di «soggetto eventuale» (ordinanza n. 254 del
2011 e sentenza n. 23 del 2015).
16. Ai sensi dell’articolo 79 del codice di procedura
penale (c.p.p.), la parte lesa può costituirsi parte civile
all’udienza preliminare, essendo quest’ultima l’udienza
nel corso della quale il giudice è chiamato a decidere se
la persona alla quale è attribuito il reato debba essere
rinviata a giudizio. Prima di questa udienza, o qualora
questa non si tenga perché la causa è stata archiviata in
una fase precedente, la parte lesa può esercitare alcune
facoltà (articolo 90 del c.p.p.) di cui le autorità nazionali
sono tenute ad informarla tempestivamente (articolo 90
bis c.p.p., entrato in vigore il 20 gennaio 2016). Tra l’al-
tro, essa ha il diritto di ricevere informazioni in merito
all’esistenza e alle modalità di esercizio di queste facoltà,

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