Corte di Cassazione Penale sez. III, 16 ottobre 2018, n. 46973 (C.C. 10 maggio 2018)

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giur
3/2019 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
getto materiale della condotta, la quale, invece di ledere il
bene-interesse della persona nei cui confronti l’offesa era
diretta (e voluta), lede il medesimo bene di una persona
diversa. Nella giurisprudenza di questa Corte costituisce
perciò principio consolidato, in coerenza alla ricostruzione
pacif‌ica dell’istituto di cui all’art. 82 c.p., che l’accertamen-
to dell’elemento psicologico del reato deve essere effettuato
con riferimento alla persona nei cui confronti l’offesa era
diretta (e non a quella effettivamente lesa); il dolo, dunque,
deve sussistere esclusivamente (operando altrimenti il dif-
ferente istituto del concorso di reati) nei riguardi della vit-
tima programmata dell’azione delittuosa, avendosi poi per
una sorta di f‌ictio iuris la translatio del medesimo elemento
psichico nei confronti della diversa persona concretamen-
te offesa, nei cui riguardi il dolo sussiste ugualmente, con
le stesse caratteristiche e intensità, perché, se questo era
l’originario elemento soggettivo dell’agente, l’offesa di una
persona invece di un’altra non vale a mutare la direzione
della volontà e i suoi contenuti (ex plurimis, sez. I n. 15990
del 6 aprile 2006, Rv. 234132; sez. I n. 8353 del 27 giugno
1988, Rv. 178925; nonché sez. I n. 18378 del 2 aprile 2008,
Rv. 240374, secondo cui nel dolo, inteso come rappresenta-
zione del fatto-reato normativamente tipizzato, non ricade
l’identità personale della vittima pref‌igurata, che rimane
dato esterno al fatto costituente reato).
Coerenti a tale ricostruzione sono le affermazioni di
principio, tratte da questa Corte, per cui l’aggravante
della premeditazione è compatibile col reato commesso in
danno di persona diversa da quella alla quale l’offesa era
diretta (sez. I n. 16711 del 17 gennaio 2014, Rv. 259521),
ed è conf‌igurabile il concorso morale, nell’omicidio della
persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta,
del soggetto che non ha materialmente eseguito l’azione
delittuosa nel corso della quale si è verif‌icata l’aberra-
tio, in quanto l’errore esecutivo non ha alcuna incidenza
sull’elemento soggettivo del partecipe morale, essendosi
comunque realizzata l’azione concordata con l’autore ma-
teriale, il cui esito aberrante è privo di rilevanza ai f‌ini
della qualif‌icazione del reato sotto il prof‌ilo oggettivo e
soggettivo (sez. I n. 38549 dell’8 luglio 2014, Rv. 260797).
Non vi è perciò ragione di negare la conf‌igurabilità dell’u-
nitarietà del disegno criminoso che fonda la disciplina
del reato continuato, allorché uno dei reati facenti parte
dell’ideazione e programmazione unitaria abbia avuto un
esito aberrante rispetto all’originaria determinazione de-
littuosa, in quanto per un mero errore esecutivo l’evento
voluto dall’agente si sia verif‌icato in danno di una persona
diversa da quella alla quale era rivolta l’offesa: tale eve-
nienza non muta, infatti, i termini dell’accertamento
dell’elemento psicologico richiesto per l’integrazione
della continuazione, che deve riguardare la riconducibili-
tà a una comune e unitaria risoluzione criminosa del fatto-
reato così come in origine programmato, il cui contenuto
volitivo, attuativo di quella risoluzione, rimane uguale e
non subisce alcuna modif‌ica per il solo fatto che l’oggetto
materiale della condotta è accidentalmente caduto su una
persona diversa. L’ordinanza impugnata è dunque incorsa
nell’errore di diritto lamentato dal ricorrente, laddove ha
escluso la conf‌igurabilità dell’identità di disegno crimino-
so tra i fatti delittuosi in danno di T.G. e l’omicidio di S.L.
e M.B. (accertatamente uccisi per un errore di persona
nel contesto della sequenza criminosa f‌inalizzata all’uc-
cisione del T., il cui omicidio aveva costituito l’epilogo di
una serie di attentati in suo danno nei quali erano rimasti
incidentalmente coinvolti il S. e il M., così come emerge
chiaramente dalla lettura della sentenza 14 dicembre
2004 della Corte d’assise di Messina) sul solo presuppo-
sto che la sussistenza della continuazione doveva essere
valutata con riguardo ai soggetti materialmente uccisi e
non all’identità del reale obiettivo dell’azione delittuosa.
4. L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annul-
lata, con rinvio alla Corte di assise di appello di Messina
(in diversa composizione: Corte Cost. sentenza n. 183 del
2013), per un nuovo esame dell’istanza di T.S. che non in-
corra nei vizi di legittimità sopra indicati.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 16 OTTOBRE 2018, N. 46973
(C.C. 10 MAGGIO 2018)
PRES. SAVANI – EST. DI NICOLA – P.M. MARINELLI (CONF.) – RIC. B.
Misure cautelari reali y Sequestro preventivo
y Condizioni di applicabilità y Struttura mista del
provvedimento y In parte a titolo di sequestro di-
retto in parte per equivalente y Legittimità y Con-
dizioni.
. In tema di reati tributari, è legittimo il decreto di se-
questro preventivo funzionale alla conf‌isca che presen-
ti una struttura "mista", prevedendo, in via principale,
la sottoposizione a vincolo, a titolo di sequestro diretto,
del prof‌itto dei reati conseguito dalla persona giuridica
e, subordinatamente all’accertata impossibilità di ese-
cuzione di questo, il sequestro di un valore equivalente
nella disponibilità del legale rappresentante dell’ente.
(c.p.p., art. 321; c.p.p., art. 322 ter; d.l.vo 10 marzo
2000, n. 74, art. 12 bis) (1)
(1) Conformemente si veda Cass. pen., sez. III, 20 settembre 2016, n.
38858, in www.latribunaplus.it. Nel medesimo senso, v. Cass. pen.,
sez. III, 3 luglio 2018, n. 29862 e Cass. pen., sez. VI, 16 gennaio 2018,
n. 1754, entrambe ibidem.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. G.B. ricorre per cassazione impugnando l’ordinan-
za indicata in epigrafe con la quale il Tribunale del ri-
esame di (Omissis) ha confermato il provvedimento di
sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini
preliminari presso lo stesso Tribunale e f‌inalizzato alla
conf‌isca delle somme di denaro nella disponibilità della
Società E. di P. 1992 s.r.l. (d’ora in poi S.E.P.), in liquida-
zione, f‌ino alla concorrenza di Euro 721.505,11 e, per un
valore pari alla differenza tra il detto importo e quanto
rinvenuto sui conti correnti, nei confronti di G.B. per il
reato di cui agli articoli 10-bis e 10-ter D.L.vo 10 marzo
2000, n. 74 perché, nella qualità di amministratore f‌ino al

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