Corte di Cassazione Penale sez. I, 16 novembre 2018, n. 51859 (ud. 9 marzo 2018)
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Rivista penale 1/2019
LEGITTIMITÀ
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. I, 16 NOVEMBRE 2018, N. 51859
(UD. 9 MARZO 2018)
PRES. MAZZEI – EST. SARACENO – P.M. TOCCI (DIFF.) – RIC. M. ED ALTRO
Vilipendio y Alla bandiera o altro emblema dello
Stato y Elemento oggettivo y Bandiera nazionale
bruciata durante manifestazione di protesta y Scri-
minante del legittimo esercizio del diritto costi-
tuzionale di critica politica y Applicabilità y Esclu-
sione.
. Non può validamente invocarsi la scriminante del
legittimo esercizio del diritto costituzionale di critica
politica da parte di chi, avendo nel corso di una manife-
stazione di protesta cosparso di liquido infiammabile e
quindi bruciato la bandiera nazionale, si sia in tal modo
reso responsabile del delitto di cui all’art. 292, comma
secondo, c.p. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 292) (1)
(1) Cass. pen., sez. I, 19 dicembre 2003, n. 48902, pubblicata per esteso
in questa Rivista 2004, 175, precisa che la bandiera nazionale è penal-
mente tutelata dall’art. 292 c.p. non come oggetto in sé, ma unicamente
per il suo valore simbolico, suscettibile, per sua natura, di essere leso
anche da semplici manifestazioni verbali di disprezzo, la cui penale ri-
levanza, ai fini della configurabilità del reato, richiede quindi soltanto
la percepibilità da parte di altri soggetti e non anche la presenza della
res, da riguardarsi, in quanto tale, come del tutto indifferente. In gene-
re, sul reato di vilipendio alla nazione italiana, nel senso che per la sua
configurabilità non è necessario che la manifestazione di vilipendio sia
specifica e indirizzata a persone determinate alle quali cagioni turba-
mento psichico, essendo sufficiente ogni espressione di ingiuria o di
disprezzo pronunciata con la coscienza e volontà di ledere il prestigio
o l’onore della collettività nazionale, v. Cass. pen., sez. I, 4 luglio 2013,
n. 28730, pubblicata anch’essa per esteso ivi 2013, 907.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con la decisione in epigrafe la Corte di appello di
Palermo confermava la sentenza, 22 maggio 2014, del Tri-
bunale della stessa città che aveva dichiarato C.M. e V.I.
responsabili del reato di cui all’art. 292 c.p., commesso il
20 gennaio 2012, e li aveva condannati alla pena, sospesa,
di mesi due di reclusione ciascuno.
Agli imputati era stato contestato di aver pubblica-
mente e intenzionalmente dato fuoco, distruggendola, alla
bandiera nazionale italiana. (Omissis)
2. Per la cassazione della decisione di appello hanno
proposto ricorso gli imputati, con atto cumulativo a firma
del comune difensore avvocato G.B., articolando le se-
guenti censure. (Omissis)
- (terzo motivo) violazione di legge e vizio di motiva-
zione con riferimento agli artt. 292, 51 c.p. e 21 Cost.. Ad
avviso dei ricorrenti, la decisione sarebbe viziata per l’im-
motivata esclusione dell’efficacia scriminante del diritto di
critica politica nel contesto di una manifestazione di prote-
sta contro il governatore della Regione siciliana, nel corso
della quale gli imputati non avevano voluto colpire il vessil-
lo in sé, gratuitamente oltraggiando l’emblema dello Stato,
ma avevano voluto semplicemente manifestare il proprio
dissenso contro l’operato delle istituzioni. (Omissis)
MOTIVI DELLA DECISIONE
(Omissis)
2. Manifestamente infondate sono pure le doglianze
espresse in ordine all’accertamento di responsabilità,
avendo la Corte territoriale già disatteso le identiche,
generiche argomentazioni articolate nell’atto di appello,
nonché congruamente e logicamente motivato in ordine
a tutti gli elementi, fattuali e giuridici, che qualificano le
componenti, materiale e psicologica, del reato.
Ed invero ha evidenziato che i due ricorrenti, appar-
tenenti al centro sociale “Spazio anomalia”, nel corso
di un corteo di protesta (lo striscione in testa recava la
scritta “contro Equitalia caro benzina rivolta popolare”)
avevano cosparso di liquido infiammabile la bandiera ita-
liana che recavano con loro e le avevano dato fuoco; ha,
quindi, affermato sussistenti i profili di consapevolezza e
intenzionalità della direzione dell’aggressione contro uno
dei simboli dello Stato, resa palese dalla condotta tenuta
dai ricorrenti e ne ha stigmatizzato il carattere gratuito di
dileggio e svilimento, correttamente annotando che la li-
bertà di manifestazione del pensiero trova, del resto, limiti
impliciti derivanti da altri valori costituzionalmente pro-
tetti. Bastando qui solo aggiungere che la giurisprudenza
di legittimità ha puntualizzato da tempo che il prestigio
dello Stato, dei suoi emblemi e delle sue istituzioni rien-
tra tra i beni costituzionalmente garantiti, per cui si pone
come limite ad altri diritti costituzionalmente protetti e
la sua tutela non è in contrasto con gli art. 9 e 10 della
Convenzione europea sui diritti dell’uomo, in quanto espli-
cativi degli art. 21 e 25 Cost. (sez. l, n. 6822 del 14 giugno
1988, dep. 1989, Paris, Rv. 181275); che l’elemento sogget-
tivo del delitto di vilipendio della Repubblica, delle istitu-
zioni costituzionali e delle forze armate consiste nel dolo
generico, e quindi nella coscienza e volontà di esprimere
offensivi e aggressivi giudizi nei confronti delle istituzioni
tutelate, con l’intenzione di produrre l’evento costituito
dalla pubblica manifestazione di disprezzo delle stesse,
con conseguente irrilevanza dei motivi particolari che pos-
sano aver indotto l’agente a commettere consapevolmente
il fatto vilipendioso addebitato (tra le altre, sez. l, n. 28730
del 21 marzo 2013, Di Maggio, Rv. 256781); che la bandie-
ra nazionale è penalmente tutelata dall’art. 292 c.p. non
come oggetto in sé, ma unicamente per il suo valore sim-
bolico, suscettibile, per sua natura, di essere leso anche da
semplici manifestazioni verbali di disprezzo, la cui penale
rilevanza, ai fini della configurabilità del reato, richiede
quindi soltanto la percepibilità da parte di altri soggetti
(sez. l, n. 48902 del 29 ottobre 2003, Galli, Rv. 226460).
Di tali condivisi principi i giudici di merito hanno fatto
corretta applicazione, raccordandoli alle emergenze fat-
tuali, debitamente documentate dalle ritrazioni fotografi-
che in atti, ed hanno giudicato la condotta degli imputati
esplicita e consapevole manifestazione di gratuito disprez-
zo e svilimento dell’emblema, la cui reputazione e onore,
insieme allo Stato e alle sue istituzioni, sono oggetto della
tutela penale e di diritti tutelati costituzionalmente, al cui
interno anche la libertà di opinione trova i suoi limiti.
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