Corte di Cassazione Penale sez. VI, 13 agosto 2018, n. 38551 (ud. 5 giugno 2018)

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giur giur
Rivista penale 10/2018
LEGITTIMITÀ
24410 del 5 aprile 2011, Bolognini, Rv. 250805; sez. III, n.
9041 del 18 settembre 1997, Chiappa, Rv. 209232; sez. III,
n. 643 del 22 ottobre 1984, Bottura, Rv. 167495; sez. III, n.
7779 del 7 maggio 1984, Anderi, Rv. 165822).
7.5. Costituisce corollario di queste affermazioni il fat-
to che nei reati omissivi propri integra la causa di forza
maggiore l’assoluta impossibilità, non la semplice diff‌icol-
tà di porre in essere il comportamento omesso (sez. VI, n.
10116 del 23 marzo 1990, Iannone, Rv. 184856), assoluta
impossibilità che deve essere collegata a eventi che sfug-
gono al dominio f‌inalistico dell’agente.
7.6. Ne consegue che: a) il margine di scelta esclude sem-
pre la forza maggiore perchè non esclude la “suitas” della
condotta; b) la mancanza di provvista necessaria all’adempi-
mento dell’obbligazione tributaria penalmente rilevante non
può pertanto essere addotta a sostegno della forza maggiore
quando sia comunque il frutto di una scelta/politica impren-
ditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; c) non
si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento
penalmente sanzionato sia stato concausato dai mancati
accantonamenti e dal mancato pagamento alla singole sca-
denze mensili e dunque da una situazione di illegittimità; d)
l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere
attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non
imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestiva-
mente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volon-
tà e che sfuggono al suo dominio f‌inalistico.
7.7. Alla luce delle considerazioni che precedono, ap-
pare in tutta la sua inconsistenza la tesi difensiva.
7.8. Peraltro, come detto, la Corte di appello aveva
giustamente sottolineato come la dedotta crisi d’impresa
costituisse evenienza tutt’altro che improvvisa e che le
deduzioni difensive erano generiche sul punto. Inoltre,
in disparte la irrilevanza dell’argomento difensivo circa
l’impegno del patrimonio personale del ricorrente, resta
il fatto che tale argomento è stato genericamente allegato
e non risulta, né viene dedotto, che tale azione sia stata
posta in essere per far fronte ad un evento improvviso, im-
prevedibile ed estraneo al dominio f‌inalistico dell’agente.
8. L’inammissibilità del ricorso introduttivo osta all’esa-
me dei motivi aggiunti.
8.1. È tuttavia opportuno ribadire che:
8.1.1. Ia recidiva reiterata può essere riconosciuta in sede
di cognizione anche quando in precedenza non sia stata di-
chiarata giudizialmente la recidiva semplice (così da ultimo
sez. V, n. 47072 del 13 giugno 2014, Hoxha, Rv. 261308);
8.1.2. I’inammissibilità del ricorso impedisce a questa
Corte di esaminare il secondo motivo aggiunto, trattan-
dosi di questione non rileva bile d’uff‌icio ai sensi dell’art.
609, comma 2, c.p.p., ma che non impedisce all’imputato
di chiedere in sede esecutiva il riconoscimento della con-
tinuazione, non esclusa dal giudice di merito;
8.2. a prescindere dalle considerazioni che precedo-
no, l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 649
c.p.p. è in ogni caso assolutamente generica in ordine alla
sussistenza del precedente giudicato, posto che il ricor-
rente non deduce nemmeno la def‌initività dell’accerta-
mento tributario.
9. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso con-
segue, ex art. 616 c.p.p., non potendosi escludere che essa
sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13
giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento
nonché del versamento di una somma in favore della Cas-
sa delle ammende, che si f‌issa equitativamente, in ragione
dei motivi dedotti, nella misura di € 3.000,00. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. VI, 13 AGOSTO 2018, N. 38551
(UD. 5 GIUGNO 2018)
PRES. MOGINI – EST. VIGNA – P.M. LORI (CONF.) – RIC. D’A. ED ALTRO
Concorrenza sleale y Atti di concorrenza y Con
violenza o minaccia y Condotte illecite concorren-
ziali y Individuazione y Condotte intimidatorie y In-
clusione.
. In tema di illecita concorrenza con minaccia o violen-
za (art. 513 bis c.p.), pur volendosi ritenere (in linea
con una parte delle giurisprudenza di legittimità) che
il reato in questione sia conf‌igurabile soltanto in pre-
senza di condotte illecite tipicamente concorrenziali
(quali il boicottaggio, lo storno di dipendenti, il rif‌iuto
di contrattare) realizzate con violenza o minaccia, con
esclusione, quindi, di condotte intimidatorie di altro
genere f‌inalizzate a ostacolare o coartare l’altrui libera
concorrenza (ferma restando la riconducibilità di tali
condotte ad altre fattispecie di reato), deve ritenersi
tuttavia sussistente la suddetta condizione – avuto
riguardo alla nozione di concorrenza sleale ricavabile
dall’art. 2598 c.c. e, segnatamente, alla norma di chiu-
sura contenuta nel n. 3 di detto articolo, secondo cui
sono atti di concorrenza sleale tutti i comportamenti
contrari “ai principi della correttezza professionale”
idonei a danneggiare l’altrui azienda – anche qualora
la condotta posta in essere sia costituita da atti volti
non direttamente a distruggere l’attività del concorren-
te ma piuttosto ad evitare che quest’ultimo possa a sua
volta esercitare una lecita concorrenza, ricercando,
ad esempio, l’acquisizione di nuove fette di mercato.
(Nella specie, in applicazione di tali principi, è stata
ritenuta suscettibile di rientrare nelle previsioni di cui
all’art. 513 bis c.p. la condotta costituita, per un ver-
so, dall’impedire ai commercianti all’ingrosso di pro-
dotti ortofrutticoli, mediante la forzata adesione ad
una cooperativa, f‌iltro di matrice maf‌iosa, di scegliere
liberamente le aziende delle quali avvalersi per il tra-
sporto dei loro prodotti e, per altro verso, nell’avvici-
nare e intimidire i titolari di aziende di trasporto non
comprese tra quelle raccomandate dalla cooperativa,
sì da dissuaderli dall’offrire i loro servigi ai suddetti
commercianti). (Mass. Redaz.) (c.p., art. 513 bis; c.c.,
art. 2598) (1)
(1) Questione controversa. Secondo un recente orientamento l’art.
513 bis c.p. punisce soltanto quelle condotte illecite tipicamente
concorrenziali realizzate con atti di coartazione che inibiscono la
10/2018 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
6.7. Tali argomentazioni si saldano a quelle che riguar-
dano la ratio del precetto penalmente sanzionato.
6.8. L’incriminazione, ad opera dell’art. 35, comma 7,
D.L. 4 luglio 2006, convertito, con modif‌icazioni, dalla legge
4 agosto 2006, n. 248, della condotta di omesso versamento
dell’imposta sul valore aggiunto dichiarata dal contribuen-
te costituì una novità assoluta, inserita dal legislatore per
impedire l’ingente evasione della relativa imposta, non ade-
guatamente né tempestivamente contrastata dai normali
rimedi esecutivi né dalla criminalizzazione delle condotte
prodromiche all’evasione (sulla legittimità del cumulo dei
procedimenti e delle sanzioni, amministrative e penali,
quando i primi non sono in grado, da soli, di tutelare gli
interessi f‌inanziari dell’Unione Europea, la giurisprudenza
della CGUE è unanime; cfr., da ultimo, ancorché in tema
di frodi gravi, CGUE, Sezione Grande, n. C-42/17, secondo
cui è compito degli Stati membri garantire una riscossione
effettiva delle risorse proprie dell’Unione - v., in tal sen-
so, sentenza del 7 aprile 2016, Degano Trasporti, C-546/14,
EU:C: 2016:206, punto 21. A questo proposito, tali Stati
membri sono tenuti a procedere al recupero delle somme
corrispondenti alle risorse proprie che sono state sottrat-
te al bilancio dell’Unione in conseguenza di frodi. Al f‌ine
di assicurare la riscossione integrale delle entrate prove-
nienti dall’IVA e tutelare in tal modo gli interessi f‌inanziari
dell’Unione, gli Stati membri dispongono di una libertà di
scelta delle sanzioni applicabili, che possono assumere la
forma di sanzioni amministrative, di sanzioni penali o di
una combinazione delle due - v., in tal senso, sentenze del
26 febbraio 2013, Akerberg Fransson, C-617/10, EU:C: 2013:
105, punto 34, nonché Taricco, punto 39. A tale riguardo,
occorre tuttavia rilevare, in primo luogo, che possono es-
sere indispensabili sanzioni penali per combattere in modo
effettivo e dissuasivo determinate ipotesi di gravi frodi in
materia di IVA - v., in tal senso, sentenza Taricco, punto
39. Gli Stati membri, pena la violazione degli obblighi loro
imposti dall’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, devono quindi
assicurarsi che, nei casi di frode grave che ledono gli inte-
ressi f‌inanziari dell’Unione in materia di IVA, siano adotta-
te sanzioni penali dotate di carattere effettivo e dissuasi-
vo - v., in tal senso, sentenza Taricco, punti 42 e 43. Deve
pertanto ritenersi che gli Stati membri violino gli obblighi
loro imposti dall’articolo 325, paragrafo l, TFUE qualora le
sanzioni penali adottate per reprimere le frodi gravi in ma-
teria di IVA non consentano di garantire eff‌icacemente la
riscossione integrale di detta imposta).
6.9. La focalizzazione della condotta sul momento omis-
sivo e la natura generica del dolo, pretesa dalla fattispecie
penale di nuova fattura, costituivano (e costituiscono)
aff‌idabili indici rivelatori della volontà di punire l’inadem-
pimento dell’obbligo tributario nella mera consapevolezza
della sussistenza di tale obbligo, a prescindere dagli scopi
perseguiti dal contribuente. Il progressivo aumento della
cd. soglia di punibilità ha ridotto, nel tempo, l’ambito appli-
cativo del precetto penalmente sanzionato, ma non la sua
natura e la sua struttura. Si può anzi affermare che il legi-
slatore più recente, conscio della generale crisi economica
che attanaglia da un decennio il nostro Paese e dei suoi
possibili rif‌lessi sulle ragioni dell’omissione penalmente
sanzionata, ha, da un lato elevato a duecentocinquantamila
euro per anno di imposta l’importo al di sotto del quale l’o-
messo versamento dell’IVA è penalmente irrilevante (art. 8,
D.L.vo n. 158 del 2015), dall’altro, ai f‌ini della non punibilità
del reato, ha consentito il pagamento del debito (ancorché
gravato da interessi e sanzioni) f‌ino alla apertura del dibat-
timento, con possibilità di prorogare il termine di ulteriori
sei mesi (art. 13, commi 1 e 3, D.L.vo n. 74 del 2000, come
modif‌icato dall’art. 11, D.Lvo n. 158 del 2015), di fatto dan-
do maggior “respiro” ai contribuenti inadempienti ai sensi
dell’art. 10-ter, D.Lvo n. 74 del 2000. È agevole evidenzia-
re che, pure in tale contesto, la struttura della fattispecie
penale è rimasta immutata, non avendo il legislatore inteso
dare rilevanza agli eventuali scopi dell’inadempimento, pur
a fronte di un panorama giurisprudenziale che ormai anda-
va cristallizzandosi sull’irrilevanza del movente.
7. GIi argomenti utilizzati dal ricorrente a sostegno della
pretesa applicabilità, al caso concreto, della «forza maggio-
re», appaiono, alla luce della considerazioni che precedono,
manifestamente infondati e frutto di un’operazione dogma-
ticamente errata perchè tende ad attrarre nell’orbita del
dolo generico requisiti che, per def‌inizione, non gli appar-
tengono e che si collocano piuttosto nell’ambito dei motivi
a delinquere o che ne misurano l’intensità (art. 133 c.p.).
7.1. La scelta di non pagare prova il dolo; motivi della
scelta non lo escludono.
7.2. La forza maggiore esclude la “suitas” della condot-
ta. Secondo l’impostazione tradizionale, è la «vis cui resisti
non potest», a causa della quale l’uomo «non agit sed agi-
tur» (sez. I, n. 900 del 26 ottobre 1965, Sacca, Rv. 100042;
sez. II, n. 3205 del 20 dicembre 1972, Pilla, Rv. 123904; sez.
IV, n. 8826 del 21 aprile 1980, Ruggieri, Rv. 145855).
7.3. Per questa ragione, secondo la costante giurispruden-
za di questa Corte, la forza maggiore rileva come causa esclu-
siva dell’evento, mai quale causa concorrente di esso (sez. IV,
n. 1492 del 23 novembre 1982, Chessa, Rv. 157495; sez. IV, n.
1966 del 6 dicembre 1966, Incerti, Rv. 104018; sez. IV n. 2138
del 5 dicembre 1980, Biagini, Rv. 148018); essa sussiste solo e
in tutti quei casi in cui la realizzazione dell’evento stesso o la
consumazione della condotta antigiuridica è dovuta all’asso-
luta ed incolpevole impossibilità dell’agente di uniformarsi al
comando, mai quando egli si trovi già in condizioni di illegitti-
mità (sez. IV, n. 8089 del 13 maggio 1982, Galasso, Rv. 155131;
sez. V, n. 5313 del 26 marzo 1979, Geiser, Rv. 142213; sez. IV,
n. 1621 del 19 gennaio 1981, Sodano, Rv. 147858; sez. IV n. 284
del 18 febbraio 1964, Acchiardi, Rv. 099191).
7.4. Poiché la forza maggiore postula la individuazione
di un fatto imponderabile, imprevisto ed imprevedibile,
che esula del tutto dalla condotta dell’agente, sì da rende-
re ineluttabile il verif‌icarsi dell’evento, non potendo ricol-
legarsi in alcun modo ad un’azione od omissione cosciente
e volontaria dell’agente, questa Suprema Corte ha sempre
escluso, quando la specif‌ica questione è stata posta, che le
diff‌icoltà economiche in cui versa il soggetto agente possa-
no integrare la forza maggiore penalmente rilevante. (sez.
III, n. 4529 del 4 dicembre 2007, Cairone, Rv. 238986; sez.
I, n. 18402 del 5 aprile 2013, Giro, Rv. 255880; sez. III, n.

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