Corte di Cassazione Penale sez. III, 21 agosto 2018, n. 38749 (C.C. 9 luglio 2018)

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Rivista penale 10/2018
LEGITTIMITÀ
bis, comma secondo, n. 1, c.p., rientrano anche quelle conseguenti all’in-
gestione di alcolici o all’assunzione di stupefacenti, poiché anche in tal
caso si realizza il doloso sfruttamento delle condizioni di menomazione
della vittima, strumentalizzata per il soddisfacimento degli impulsi ses-
suali dell’agente”; - Cass. III, 11 luglio - 17 settembre 2013 n. 38059, pure
secondo la quale: “In tema di violenza sessuale, rientrano tra le condizio-
ni di “inferiorità psichica”, previste dall’art. 609 bis comma secondo, n. 1,
c.p., anche quelle conseguenti all’ingestione di alcolici o all’assunzione
di stupefacenti, poiché anche in tal caso si realizza una situazione di
menomazione della vittima che può essere strumentalizzata per il soddi-
sfacimento degli impulsi sessuali dell’agente”. Da notare, peraltro, che le
ultime due delle pronunce ora citate si riferivano a casi in cui era stata
anche riscontrata la presenza, sul corpo delle persone offese, di tracce
di vera e propria violenza f‌isica, per cui non appare chiara la ragione per
la quale si sia dato comunque rilievo allo stato di ubriachezza laddove
sarebbe stato più semplice conf‌igurare, indipendentemente da esso, il
reato di violenza sessuale previsto dal primo comma dell’art. 609 bis c.p.
(2) Così, in particolare, Cass. III, 19 novembre 1997 - 5 febbraio 1998
n. 1346 e, più recentemente, pressochè negli stessi termini, Cass. III, 2
dicembre 2005 - 19 gennaio 2006 n. 2215, la quale aggiunge che l’induzio-
ne è quella che “si conf‌igura come attività di vera e propria sopraffazione
nei confronti della vittima, la quale non è in grado di aderire perchè con-
vinta a farlo, ma soggiace al volere del soggetto attivo in quanto è ridotta
a mero strumento di soddisfazione delle sue voglie. (Nel caso di specie
la Suprema Corte ha ritenuto corretto il riconoscimento dell’induzione
delle persone offese, di età minore, a compiere atti sessuali mediante
abuso di inferiorità psichica, benché la stessa non fosse collegata ad uno
stato patologico di carattere organico, ma fosse conseguenza di una si-
tuazione ambientale di soggezione generale, nella quale l’imputato appa-
riva come persona dotata di poteri occulti, temibile, e pertanto in grado,
sotto l’egida dei riti magici, di vincere i poteri di resistenza delle vittime,
abusando sessualmente delle stesse)”. Nello stesso senso, anche Cass.
III, 3 giugno - 11 ottobre 1999 n. 11541 e Cass. IV, 22 febbraio - 5 aprile
2007 n. 14141, le quali pure puntualizzano che: “L’induzione si realizza
quando, con un’opera di persuasione spesso sottile o subdola, l’agente
spinge o convince il “partner” a sottostare ad atti che diversamente non
avrebbe compiuto. L’abuso, a sua volta, si verif‌ica quando le condizioni di
menomazione sono strumentalizzate per accedere alla sfera intima della
persona che, versando in situazione di diff‌icoltà, viene ad essere ridotta
al rango di un mezzo per il soddisfacimento della sessualità altrui. È,
pertanto, dovere del giudice espletare un’indagine adeguata per verif‌ica-
re se l’agente abbia avuto la consapevolezza non soltanto delle minorate
condizioni del soggetto passivo ma anche di abusarne per f‌ini sessuali”.
(3) Così Cass. III, 24 settembre - 22 ottobre 1999 n. 12110.
(4) L’esigenza dell’“induzione” e dell’“abuso” risulta, per la verità,
richiamata nella sentenza n. 38863/2018, sulla base però sempre del fal-
lace presupposto che lo stato di ubriachezza escluda, di per sé, la validità
del consenso prestato al rapporto sessuale, senza necessità di alcuna
ulteriore verif‌ica.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 21 AGOSTO 2018, N. 38749
(C.C. 9 LUGLIO 2018)
PRES. DI NICOLA – EST. RAMACCI – P.M. X (CONF.) – RIC. P.M. TRIB. NAPOLI
Edilizia e urbanistica y Contravvenzioni y Co-
struzione abusiva y Ordine di demolizione y Delibe-
ra comunale che dichiari l’interesse pubblico alla
conservazione dell’immobile y Individuazione delle
specif‌iche ragioni per il quale il manufatto meriti
di essere conservato y Necessità y Sussistenza.
. In tema di reati edilizi, la delibera comunale che di-
chiari l’esistenza di un interesse pubblico prevalente ri-
spetto a quello costituito dalla già disposta demolizione
del manufatto abusivo deve dar conto delle specif‌iche
ragioni per le quali quel manufatto in particolare meri-
ti di essere conservato, non potendosi all’uopo ritenere
suff‌iciente la semplice prospettiva di una sua futura
utilizzazione nel quadro dell’attuazione di indirizzi ge-
nerali di natura politica stabiliti da una legge regionale
(principio affermato, nella specie, con riguardo ad una
delibera comunale che disponeva la revoca della demo-
lizione di un edif‌icio abusivo in vista della sua futura
destinazione a locazione o a dismissione, giusta quan-
to previsto dalla legge della regione Campania n. 5 del
2013). (Mass. Redaz.) (d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, art.
31; d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44) (1)
(1) In senso conforme si vedano Cass. pen., sez. III, 15 giugno 2017,
n. 30170, in www.latribunaplus.it e Cass. pen., sez. III, 9 marzo 2016,
n. 9864, ibidem.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione,
con ordinanza del 15 dicembre 2017 ha revocato, in accogli-
mento dell’istanza formulata da G.C., quale sindaco del co-
mune di C., l’ordine di demolizione emesso nei confronti di
T.F., anch’egli istante, in esecuzione di una sentenza emes-
sa dal Tribunale di Napoli - sezione Distaccata di (omissis)
il 21 settembre 2005, irrevocabile il 4 dicembre 2005 e, per
l’effetto, l’ordine di ingiunzione a demolire emesso da Pro-
cura della Repubblica presso il tribunale di Napoli.
Il Tribunale ha ritenuto determinante, a tal f‌ine, la scel-
ta dell’amministrazione, effettuata con delibera consiliare
(n. 122/2016), di conservare l’immobile da demolire per de-
stinarlo a concessione in locazione o dismissione in confor-
mità con quanto previsto dalla Legge regionale n. 5/2013,
art. 1, comma 65 e del regolamento edilizio approvato.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazio-
ne il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Napoli, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, ai sensi del-
l’art. 173 disp. att. c.p.p.
2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione
e l’erronea applicazione dell’articolo 31, comma 5 D.P.R.
380/01, osservando che il Tribunale avrebbe erroneamen-
te considerato la sussistenza dei presupposti per la revo-
ca del provvedimento demolitorio, in quanto la delibera
comunale dichiarativa del prevalente interesse pubblico
alla conservazione dell’opera avrebbe contenuto generico
e non attribuirebbe alla costruzione abusiva un’effettiva
destinazione ad uso pubblico, limitandosi a legittimare,
anche in futuro, l’occupazione dell’immobile da parte dei
soggetti che erano stati condannati alla demolizione.
Aggiunge che il giudice dell’esecuzione avrebbe omes-
so di verif‌icare l’effettiva e concreta destinazione ad un
prevalente interesse pubblico dell’immobile abusivo e rile-
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trovi nel suddetto stato sia solo per questo da ritenere, “a
priori”, privo di qualsivoglia validità.
Al riguardo appare utile ricordare che nella previgente
disciplina in materia di reati sessuali era prevista dall’art.
519 c.p. come violenza carnale presunta quella costituita
dall’essersi il soggetto attivo congiunto con persona malata
di mente ovvero non in grado di resistergli a cagione delle
proprie condizioni di inferiorità psichica o f‌isica; previsio-
ne, questa, che a ragion veduta non è stata riprodotta nel-
la nuova normativa, introdotta dalla legge n. 66 del 1996,
avendo il legislatore avuto di mira - come puntualmente
messo in luce f‌in dalle prime pronunce della Cassazione
successive alla entrata in vigore di detta legge - l’obietti-
vo di “tutelare il diritto alle relazioni sessuali anche delle
persone affette da inferiorità psichica o f‌isica”, ed avendo
quindi voluto che fosse “punito come delitto il rapporto ses-
suale con queste persone solo quando sia caratterizzato da
un qualif‌icato differenziale di potere; cioè quando sia con-
notato da induzione da parte del soggetto forte e da abuso
delle condizioni di inferiorità del soggetto debole” (2). La
nuova legge, quindi - come pure è stato perspicuamente
illustrato dalla Cassazione - “nel mediare fra le due opposte
esigenze di consentire a soggetti menomati psichicamente
e f‌isicamente di avere una propria vita sessuale e quella di
impedire che tali soggetti «deboli» siano «utilizzati» come
oggetti di piacere da altri, approf‌ittando del loro stato, ha
incentrato la nuova fattispecie criminosa sui requisiti della
induzione e dell’abuso all’interno del fatto tipico, inqua-
drandola in una delle due sottospecie di violenza sessuale
per induzione. Ne consegue che è venuta meno la presun-
zione assoluta di invalidità del consenso prestato da sog-
getti portatori di handicap f‌isico o psichico, sicché non è
più suff‌iciente verif‌icare, sia pure in maniera approfondita,
la piena consapevolezza da parte del soggetto attivo della
condizione di inferiorità psichica della vittima, ma occor-
re accertare l’esistenza o meno in capo ai predetti soggetti
della capacità di intendere e volere l’atto sessuale e l’indu-
zione «abusiva» perpetrata dall’agente” (3). In altri termi-
ni, per quanto qui soprattutto interessa, risulta in tal modo
chiaramente affermato il principio, mai successivamen-
te contraddetto dalla Corte, che la validità del consenso
prestato al rapporto sessuale da un soggetto in condizioni
(prescindendo dall’ubriachezza) di inferiorità f‌isica o psi-
chica non può più, alla stregua del vigente assetto normati-
vo, essere esclusa “a priori”, ma va verif‌icata caso per caso
(giacchè, altrimenti, si verrebbe a reintrodurre surrettizia-
mente proprio quella f‌igura della violenza carnale presunta
che il legislatore del 1996 ha inteso chiaramente elimina-
re), e solo qualora la verif‌ica dia esito negativo possa rite-
nersi la sussistenza del reato, sempre che risulti poi anche
provato che la condotta dell’agente sia stata connotata dai
requisiti della “induzione” e dell’ abuso”.
Ma se questo vale, inconfutabilmente, con riguardo ai
portatori di vere e proprie patologie afferenti la sfera f‌isi-
ca o psichica, non si vede come possa invece non valere
quando la pretesa condizione di inferiorità f‌isica o psichi-
ca sia costituita soltanto dallo stato di ubriachezza, attri-
buendosi quindi a quest’ultimo, contro ogni logica, una
grado di incidenza sulla capacità di autodeterminazione
del soggetto addirittura maggiore di quello che gli derive-
rebbe, in ipotesi, da una vera e propria malattia mentale,
anche di elevata gravità, di cui egli fosse affetto (4).
3. Conclusivamente, quindi, sembra doversi ritenere:
1) che lo stato di ubriachezza non sia di per sé annove-
rabile tra le “condizioni di inferiorità f‌isica o psichica” di
cui all’art. 609 bis, comma 2, n. 1, c.p., indipendentemente
dalla circostanza che l’assunzione di bevande alcoliche o
di droga sia stata dovuta a spontanea iniziativa del sogget-
to ovvero ad adesione, comunque libera, ad invito o solle-
citazione altrui;
2) che, anche a voler sostenere il contrario, il consenso
al rapporto sessuale espresso da persona in stato di ubria-
chezza non possa comunque, per ciò solo, essere ritenuto
invalido e dar luogo, quindi, alla conf‌igurabilità del rea-
to di violenza sessuale a carico del “partner”, dovendosi
a tal f‌ine verif‌icare, al pari di quanto è richiesto nel caso
di vera e propria malattia o infermità f‌isica o psichica del
soggetto passivo, in primo luogo la effettiva sussistenza
dell’ invalidità, con riferimento alle specif‌iche circostanze
del caso concreto; in secondo luogo, ove tale verif‌ica abbia
esito positivo, anche la presenza, nella condotta del sog-
getto attivo, delle connotazioni costituite dall’induzione
e dall’abuso, quali già elaborate, con riferimento al caso
dell’inferiorità dovuta ad affezioni patologiche afferenti la
sfera psichica della persona offesa, dalla giurisprudenza
di legittimità.
NOTE
(1) In tal senso, ad esempio, fra le più recenti, oltre alle due sen-
tenze qui riportate, anche Cass. III, 13 febbraio - 11 aprile 2018 n. 16046,
secondo la cui massima uff‌iciale: “…rientrano tra le condizioni di «infe-
riorità psichica o f‌isica», previste dall’art. 609-bis, secondo comma, n. 1,
c.p., anche quelle conseguenti alla volontaria assunzione di alcolici o di
stupefacenti, in quanto anche in tali casi la situazione di menomazione
della vittima, a prescindere da chi l’abbia provocata, può essere stru-
mentalizzata per il soddisfacimento degli impulsi sessuali dell’agente”.
E di ancor maggiore chiarezza, per quanto qui interessa, è l’affermazione
contenuta nella motivazione della medesima sentenza, secondo cui, in
presenza dello stato di ubriachezza, “l’eventuale atto consenziente della
persona offesa, in quanto non validamente prestato in ragione delle con-
dizioni in cui si trovava, non ha rilievo”. Sempre sulla stessa linea risul-
tano, inoltre: - Cass. III, 11 gennaio - 4 ottobre 2017 n. 45589, massimata
negli stessi termini già riportati per la già citata sentenza n. 16046/2018 e
nella cui motivazione si legge che integra il reato di violenza sessuale “la
condotta di coloro che inducano la p.o. a subire atti sessuali in uno stato
di infermità (trattasi, presumibilmente, di un “lapsus calami” dovendosi
intendere “inferiorità” - N.d.T.) psichica determinato dall’assunzione di
bevande alcoliche, essendo l’aggressione all’altrui sfera sessuale conno-
tata da modalità insidiose e subdole, anche se la p.o. ha volontariamente
assunto alcol e droghe, rilevando solo la sua condizione di inferiorità
psichica o f‌isica seguente all’assunzione di dette sostanze”; - Cass. III,
21 giugno - 26 settembre 2016 n. 39800, secondo cui: “In tema di violenza
sessuale, fra le condizioni di “inferiorità psichica”, previste dall’art. 609

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