Corte di Cassazione Penale sez. III, 16 luglio 2018, n. 32462 (ud. 19 gennaio 2018)

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giur giur
Rivista penale 10/2018
LEGITTIMITÀ
impedito ai soci e ai creditori sociali (oltre che al curatore
fallimentare) di poter anche solo avere consapevolezza della
consistenza patrimoniale sociale e del giro di affari, realiz-
zando così, la condotta omissiva necessaria ai f‌ini della con-
f‌igurazione della bancarotta semplice documentale.
7. Da ultimo, in relazione all’elemento soggettivo, occor-
re premettere che la bancarotta semplice documentale è
punibile anche a titolo di colpa, a ciò non ostando il tenore
dell’art. 42 c.p. che esige la previsione espressa della puni-
bilità di un delitto a titolo di colpa, in quanto la nozione di
“previsione espressa” non equivale a quella di “previsione
esplicita” e, nel caso della bancarotta semplice documen-
tale, la previsione implicita è desumibile dalla def‌inizione
come dolosa della bancarotta fraudolenta documentale
(sez. V, n. 38598 del 9 luglio 2009). Pertanto, l’elemento
soggettivo può indifferentemente essere costituito dal dolo
o dalla colpa, che sono ravvisabili quando l’agente ometta,
con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere
le scritture (sez. V, n. 48523 del 6 ottobre 2011). A tal ultimo
proposito, la colpa rilevante per integrare la fattispecie, può
essere intesa come violazione del dovere di diligenza cui è
tenuto, per gli aspetti organizzativi di natura sia tecnica
che amministrativa, colui che pretende di esercitare pro-
fessionalmente un’attività di impresa, o ad essa equipara-
bile come l’attività di liquidazione (Cass., 8 novembre 1985,
n. 11784, Rv. 171297). La condotta omissiva dell’A. risulta,
quindi, perfettamente inquadrabile in tale ricostruzione,
posto che l’omesso deposito della contabilità sociale (pur
se non tenuta nei precedenti tre anni dalla sua nomina) - e,
comunque, la mancata attivazione per la sua ricostruzione-
integra la violazione del dovere di diligenza su di lui incom-
bente e, pertanto, l’elemento soggettivo della colpa, richie-
sto ai f‌ini della conf‌igurabilità della bancarotta semplice.
7.1. La tesi della conf‌igurabilità nella fattispecie della
colpa lieve/lievissima del liquidatore e della sua irrile-
vanza penale non può essere condivisa. Invero, più volte
questa Corte ha affermato il principio per cui in tema
di bancarotta semplice documentale, punibile anche a
titolo di colpa, la responsabilità per la irregolare tenuta
delle scritture sociali non può essere esclusa deducendo
incompetenza tecnica, posto che coloro che svolgono pro-
fessionalmente una determinata attività hanno l’obbligo
di conoscenza delle norme che la disciplinano e rispon-
dono dell’illecito anche in virtù della colpa lieve. In par-
ticolare, per coloro che svolgono professionalmente una
determinata attività, quale il liquidatore di una società,
l’obbligo di conoscenza delle norme che disciplinano quel-
la specif‌ica attività è particolarmente rigoroso, cosicché
essi rispondono dell’illecito anche in virtù di una culpa
levis nello svolgimento della indagine giuridica (sez. un.,
10 giugno 1994, n. 8154, Rv. 197885). Coloro che svolgono
un ruolo “rappresentativo” nell’attività di impresa devono
poter vantare un minimo di professionalità che richiede
la conoscenza delle norme che disciplinano l’attività delle
società commerciali. Nel caso de qua, A. svolgeva profes-
sionalmente l’attività di liquidatore e, quindi, aveva il do-
vere non solo di conoscere i compiti ed i doveri imposti a
tale f‌igura, ma di onorare tali doveri ed imporre il rispetto
delle norme. A conferma di ciò, la citata giurisprudenza
formatasi in relazione all’articolo 217 L.F. ha chiarito che
ai f‌ini della conf‌igurabilità del delitto di bancarotta sem-
plice la colpa vada ravvisata nella violazione del dovere di
diligenza e, pertanto, non può trovare alcuna giustif‌icazio-
ne la condotta omissiva posta in essere dall’A.
8. In def‌initiva, il ricorso va dichiarato inammissibile e l’im-
putato va condannato al pagamento delle spese processuali,
nonché, trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile
a colpa del ricorrente, al versamento, a favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo deter-
minare in Euro 2000,00, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. (Omissis)
I
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 24 AGOSTO 2018, N. 38863
(UD. 17 GENNAIO 2018)
PRES. CAVALLO – EST. GENTILI – P.M. DI NARDO (DIFF.) – RIC. P.G. IN PROC. B.
ED ALTRO
Violenza sessuale y Condizioni di inferiorità f‌isica
o psichica y Stato di ubriachezza y Inclusione y Con-
seguenze y Invalidità del consenso prestato da chi
si trovi in stato di ubriachezza.
. In tema di violenza sessuale, posta l’annoverabilità
dello stato di ubriachezza tra le condizioni di “inferiorità
f‌isica o psichica” previste dall’art. 609 bis, comma 2, n.
1, c.p. e la conseguente invalidità del consenso eventual-
mente prestato da chi si trovi in detto stato (pur quando
derivante da volontaria assunzione di alcolici) al compi-
mento di atti sessuali, deve ritenersi che risponda del re-
ato in questione il soggetto che, avendo cognizione dello
stato di ubriachezza in cui si trova la persona offesa, la
induca, abusando di tale stato, a compiere o a subire ta-
luno di detti atti. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 609 ter)
II
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 16 LUGLIO 2018, N. 32462
(UD. 19 GENNAIO 2018)
PRES. ROSI – EST. SOCCI – P.M. DE MASELLIS (PARZ. DIFF.) – RIC. P. ED ALTRO
Violenza sessuale y Condizioni di inferiorità f‌isi-
ca o psichica y Stato di ubriachezza y Consenso alla
consumazione del rapporto sessuale y Vizio del con-
senso y Conf‌igurabilità del reato.
Violenza sessuale y Circostanze aggravanti y Ag-
gravante di cui all’art. 609 ter, n. 2 c.p. y Applica-
zione y Limiti.
. In tema di violenza sessuale rientra fra le condizioni
di inferiorità f‌isica o psichica, abusando delle quali il
10/2018 Rivista penale
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della condotta colposa omissiva dello stesso, nonché della
rilevanza di essa ai f‌ini dell’integrazione del reato di ban-
carotta semplice di tale condotta.
2. Va innanzitutto evidenziato che all’imputato, nella
qualità di liquidatore della s.r.l. M.N., dichiarata fallita in
data 1 dicembre 2011, risulta addebitata la condotta di cui
all’art. 217/2 L. Fall. (a seguito della riqualif‌icazione della
fattispecie più grave originariamente a lui ascritta di cui
all’art. 216 - 223 L. Fall.), per non avere tenuto, durante
i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento, i
libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge, ov-
vero per averli tenuti in maniera irregolare o incompleta.
Al liquidatore della società che ha commesso uno dei fatti
previsti dall’art. 217 L. Fall. si applicano - secondo il te-
stuale disposto dell’art. 224 L. Fall. - le pene stabilite nel
suddetto art. 217 L. fall., reato proprio, che, per quanto
concerne le società di capitali regolarmente costituite (la
fallita è una s.r.l.) può essere commesso solo da una delle
categorie di soggetti indicati dalla norma, e segnatamente
dagli amministratori (anche soltanto di fatto), dai diretto-
ri generali, dai sindaci e appunto dai liquidatori.
3. Più volte questa Corte ha evidenziato come la po-
sizione dell’amministratore sia assolutamente parif‌icata
dall’art. 224 L. Fall. a quella del liquidatore che ne prose-
gue l’attività, sebbene ai limitati f‌ini della liquidazione del
patrimonio sociale, considerata, peraltro, la sovrapponibi-
lità dei diritti e doveri gravanti su entrambi (arg. ex Cass.
5 dicembre 1996, n. 894, Rv. 206910; sez. V, n. 8260 del 8 no-
vembre 2007, Rv. 241749; sez. V, 14 giugno 2011, n. 36435).
4. Invero sul liquidatore, come sull’amministratore, gra-
vano una posizione di garanzia ed il dovere di vigilanza.
Quest’ultimo discende dal corollario secondo il quale la re-
sponsabilità del liquidatore non è disciplinata unicamente
dall’art. 223 L.F., ma anche dall’art. 2489 c.c., che rinvia ap-
punto alle norme in tema di responsabilità degli amministra-
tori e, quindi, anche all’art. 2932 c.c., che f‌issa un principio di
ordine generale - per il quale l’amministratore deve vigilare
sulla gestione ed impedire il compimento di atti pregiudi-
zievoli, oltre che attenuarne le conseguenze dannose - di
guisa che sussiste anche per i liquidatori una posizione di
garanzia del bene giuridico penalmente tutelato, con con-
seguente ineludibile responsabilità, ex art. 40 cpv. c.p., ove i
detti obblighi siano disattesi (sez. V, n. 36435 del 14 giugno
2011, Rv. 250939). In particolare, anche il liquidatore deve
controllare tutta l’attività svolta entro l’impresa fallita e rive-
ste una posizione di garanzia del bene giuridico penalmente
tutelato (l’impresa, i soci, i creditori e i terzi) (arg. ex Cass.,
14 giugno 2011, n. 36435, Rv. 250939), sicchè il liquidatore
(come l’amministratore) è penalmente responsabile anche
delle condotte di tutti coloro che abbiano agito - in via di
diritto o di fatto - per conto di un ente successivamente fal-
lito in tutti i casi nei quali, pur essendone inconsapevole,
non abbia fatto tutto quanto in sua possibilità per attuare
una eff‌icace vigilanza ed un rigoroso controllo, ovvero non si
sia dato un’organizzazione idonea non soltanto al raggiungi-
mento degli scopi sociali, ma anche ad impedire che vengano
posti in essere atti pregiudizievoli nei confronti dei soci, dei
creditori e dei terzi (sez. V, n. 8260 dell’8 novembre 2007).
4.1. Stante l’assoluta omogeneità dei compiti, dei ruoli
e delle responsabilità di amministratori e liquidatori, an-
che a questi ultimi si applica anche l’art. 2487 bis, comma
terzo, c.c., attinente alle scritture contabili. Tali soggetti
hanno, quindi, l’obbligo di ricevere in consegna i libri so-
ciali e, pertanto, risulta priva di fondamento la prospetta-
zione difensiva di una assenza di responsabilità del liqui-
datore che non riceve i libri contabili e che omette ogni
controllo sulla loro esistenza e sulla loro regolare tenuta,
come verif‌icatosi nel caso de qua (sez. V, n. 36345 del 14
giugno 2011, Rv. 250939).
5. Alla stregua degli enunciati principi l’A., dunque,
aveva l’obbligo di ricevere le scritture contabili della so-
cietà e, constatata la loro effettiva inesistenza o non re-
cuperabilità, avrebbe dovuto eff‌icacemente attivarsi per
ridurre le conseguenze negative derivanti dall’accertata
omissione. Difatti, a fronte della mancata tenuta della
contabilità per 3 anni (ad eccezione di qualche registro
consegnato al curatore), l’imputato non ha affatto provve-
duto alla sua ricostruzione, né ha tentato di minimizzarne
gli effetti pregiudizievoli per i creditori sociali, consistenti
nell’impossibilità di def‌inire il volume di affari della so-
cietà, nonché di redigere il bilancio.
6. Peraltro, il reato di bancarotta semplice documen-
tale non richiede ai f‌ini della sua sussistenza anche un
effettivo danno ai creditori. Sul punto, è suff‌iciente ri-
chiamare i principi più volte affermati da questa Corte,
secondo cui il delitto di bancarotta semplice (art. 217 L.
Fall.) è reato di pericolo presunto che, mirando ad evitare
la sussistenza di ostacoli alla attività di ricostruzione del
patrimonio aziendale e dei movimenti che lo hanno costi-
tuito, persegue la f‌inalità di consentire ai creditori l’esatta
conoscenza della consistenza patrimoniale, sulla quale
possano soddisfarsi. Pertanto, la fattispecie incriminatri-
ce consistendo nel mero inadempimento di un precetto
formale (il comportamento imposto all’imprenditore dal-
l’art. 2214 c.c.) - integra un reato di mera condotta, che si
realizza anche quando non si verif‌ichi, in concreto, danno
per i creditori. L’obbligo di tenere le scritture contabili non
viene meno se l’azienda non abbia formalmente cessato
l’attività, anche se manchino passività insolute, ma viene
meno solo quando la cessazione dell’attività commercia-
le sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle
imprese (sez. V, n. 20911 del 19 aprile 2011 Rv. 250407).
L’oggetto del reato di bancarotta semplice documentale è
rappresentato da qualsiasi scrittura la cui tenuta è obbli-
gatoria, dovendosi ricomprendere tra queste anche quelle
richiamate dal comma secondo dell’art. 2214 c.c.
6.1. Alla stregua dei predetti principi deriva che l’omessa
tenuta delle scritture contabili, una volta che sia intervenuta
la sentenza dichiarativa del fallimento, è penalmente sanzio-
nata per la mera possibilità di lesione dell’interesse protetto
dalla norma incriminatrice, sicchè risulta, totalmente irrile-
vante che si sia verif‌icato un effettivo pregiudizio economico
per i creditori in conseguenza di tale omissione. Invero, l’A.,
non avendo nemmeno tentato di ricostruire la documenta-
zione contabile societaria, nel lasso temporale di riferimento
- non brevissimo, trattandosi comunque di circa un mese - ha

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