Corte di Cassazione Penale sez. I, 13 settembre 2018, n. 40716 (ud. 14 febbraio 2018)

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giur
Rivista penale 11/2018
LEGITTIMITÀ
6. Ugualmente infondato è il motivo di ricorso concer-
nente la prova del dolo, ancorato, nella corretta valutazio-
ne del giudice di merito, alla durata delle omissioni (dal
2004 al 2009) e al numero e alla gravità delle stesse (il
collegio sindacale aveva completamente abdicato alle sue
funzioni, tant’è che non aveva mai eseguito le prescritte
verif‌iche trimestrali, né aveva mai richiesto la documen-
tazione necessaria all’esecuzione della verif‌ica; aveva
sistematicamente omesso di verif‌icare la effettività dei
crediti e dei debiti; era stato assente nelle verif‌iche di f‌ine
anno e nella formazione dell’inventario f‌isico), oltre che
alle condotte manipolative poste in essere in prossimità
del fallimento (le relazioni al bilancio - trascritte sul libro
delle adunanze del collegio sindacale - erano state redat-
te adattando quelle tempestivamente depositate presso il
Registro delle Imprese ed erano state manipolate le re-
lazioni, in modo da simulare l’apparenza di controlli mai
eseguiti). Tutto ciò in un contesto caratterizzato da dif-
fusa e profonda illegalità, essendo la società venuta meno
agli obblighi tributari da almeno cinque anni prima del fal-
limento; avendo (gli amministratori) alienato il ramo d’a-
zienda più fruttifero a canone irrisorio; aggravato il disse-
sto societario con la falsif‌icazione dei bilanci, per coprire
le perdite di gestione; appropriati, con condotte reiterate
e perduranti, di oltre 235.000 euro; distratto risorse socia-
li per scopi personali (lavori in villa e noleggio di yacht,
quando la società aveva già problemi nel pagamento dei
tributi); auto-attribuito compensi al di fuori di qualsiasi
delibera assembleare (anche per indennità di f‌ine man-
dato, nella cospicua somma di € 100 mila, in epoca di con-
clamato dissesto). Tale modus procedendi non è passibile
di censura in sede di legittimità, perché, se è vero che la
responsabilità (per distrazione) del sindaco presuppone
la conoscenza, e non la sola conoscibilità, delle malefatte
dell’amministratore, è altrettanto indubbio che l’ampiez-
za dell’arco temporale in cui queste sono state poste in
essere, il loro numero e reiterazione, oltre che la loro ri-
levanza, vanno presi in considerazione dal giudicante per
risalire allo stato psicologico del soggetto gravato da obbli-
ghi di garanzia; stato che, per appartenere al foro interno,
può essere accertato solo in maniera induttiva, facendo
applicazione di massime di comune esperienza e valoriz-
zando i segni esteriori della volontà, rilevante - nella spe-
cie - anche sotto forma del dolo eventuale. Questo perché
anche i singoli atti di distrazione assumono - quando sono
reiterati, abbracciano un lungo lasso di tempo e incidono
in maniera signif‌icativa sul patrimonio aziendale - la con-
notazione di “segnali di allarme”, idonei ad avvisare l’orga-
no di controllo circa la spregiudicatezza del controllato e
la necessità di attivarsi per contenerla. Senza contare che,
nel caso concreto, M. era, secondo il giudicante, il membro
del collegio sindacale deputato alla redazione dei verbali
del collegio, oggetto delle falsif‌icazioni sopra menzionate;
quindi, il soggetto posto in condizione, anche più degli al-
tri, di rendersi conto delle illiceità commesse dall’organo
amministrativo.
La motivazione con cui è stata affermata la respon-
sabilità concorsuale dell’imputato è quindi tutt’altro che
manifestamente illogica, giacché è stata desunta da cir-
costanze esterne effettivamente espressione di atteggia-
menti psichici e senza trascurare le diff‌icoltà familiari cui
M. è andato incontro a partire dal giugno 2008, superate
dall’appropriato rilievo che nessuna discontinuità è sta-
ta riscontrata - nell’atteggiamento dell’imputato - tra il
prima e il dopo: segno di una continuità che ha assunto
rilievo causale nella produzione dell’evento.
Ne consegue che il ricorso, seppur non inammissibile,
risulta infondato per la ragioni f‌in qui esposte; ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., il ricorrente va condannato alle spese
del procedimento. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. I, 13 SETTEMBRE 2018, N. 40716
(UD. 14 FEBBRAIO 2018)
PRES. BONITO – EST. CASA – P.M. ZACCO (CONF.) – RIC. B.
Molestia o disturbo alle persone y Estremi y In-
vio di lettera a mezzo posta y Lettera contenente
foto a contenuto erotico e messaggi sconvenienti y
Conf‌igurabilità del reato y Esclusione.
. Non integra il reato di molestia di cui all’art. 660 c.p.
l’invio tramite il servizio postale di una lettera conte-
nente foto a contenuto erotico e messaggi sconvenien-
ti, in quanto, proprio come un messaggio di posta elet-
tronica e a differenza della telefonata, non comporta
nessuna immediata interazione tra il mittente e il de-
stinatario, né alcuna intrusione diretta del primo nella
sfera delle attività del secondo. (Mass. Redaz.) (c.p.,
art. 660) (1)
(1) Nel senso che ai f‌ini della sussistenza del reato di cui all’art.
660 c.p. al mezzo del telefono deve equipararsi qualsiasi mezzo di
trasmissione - tramite rete telefonica e rete cellulare delle bande di
frequenza - di voci e suoni imposti al destinatario senza alcuna pos-
sibilità di sottrarsi all’immediata interazione con il mittente, se non
dismettendo l’uso del telefono, v. Cass. pen., sez. I, 12 ottobre 2011, n.
36779, in questa Rivista 2012, 35, con nota di STEFANO LOGROSCI-
NO, Lo Spamming quale possibile modalità di condotta del reato di
molestia telefonica. Esclude il reato de quo, nel caso di invio di mes-
saggi ad un indirizzo di posta elettronica, Cass. pen., sez. I, 30 giugno
2010, n. 24510, ivi 2010, 995. Inf‌ine, Cass. pen., sez. III, 1 luglio 2004,
n. 28680, ivi 2005, 163, conf‌igura il reato di cui all’art. 660 c.p. qualora
la molestia sia commessa col mezzo del telefono, e quindi anche la
molestia posta in essere attraverso l’invio di short messages system
(sms) trasmessi attraverso sistemi telefonici mobili o f‌issi, i quali
non possono essere assimilati a messaggi di tipo epistolare, in quanto
il destinatario di essi è costretto, sia de auditu che de visu a perce-
pirli, con corrispondente turbamento della quiete e tranquillità psi-
chica, prima di poterne individuare il mittente, il quale in tal modo
realizza l’obiettivo di recare disturbo al destinatario.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza del 27 ottobre 2016, il Tribunale di
Locri in composizione monocratica condannava B.D. alla
pena di euro 300,00 di ammenda, nonché al risarcimento
dei danni in favore della parte civile costituita B.F., per-
ché ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 660 c.p.,

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