Corte di Cassazione Penale sez. I, 10 luglio 2018, n. 31322 (ud. 9 aprile 2018)

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giur giur
Rivista penale 9/2018
LEGITTIMITÀ
9/2018 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
In tal senso, anche con specif‌ico riferimento ad agenti
contabili di enti locali, si è espressa questa Suprema Corte
nei passaggi motivazionali della sentenza n. 12367 del 2001
(sez. un., n. 12367 del 15 marzo 2001), ove si è ribadito che
"la qualità di agente contabile è assolutamente indipenden-
te dal titolo giuridico in forza del quale il soggetto - pubblico
o privato - ha maneggio di pubblico denaro. Tale titolo può,
infatti, consistere in un atto amministrativo, in un contrat-
to, o addirittura mancare del tutto", rimarcando il fatto che
"Essenziale è, invece, che in relazione al maneggio di de-
naro sia costituita una relazione tra ente di pertinenza ed
altro soggetto.... Tale nozione allargata di agente contabile,
la quale ricomprende anche i soggetti che abbiano di fat-
to maneggio di denaro pubblico...è in perfetta armonia con
l’art. 103 Cost., la cui forza espansiva deve considerarsi vero
e proprio principio regolatore della materia".
Nella fattispecie in esame, avuto riguardo alle implica-
zioni sottese alle su esposte linee ricostruttive di ordine
sistematico tracciate dalla giurisprudenza di legittimità,
è di tutta evidenza come l’esercente l’attività alberghiera
sia compartecipe dell’attività amministrativa del Comune
quale ente impositore, anche in considerazione degli ob-
blighi gravanti sugli albergatori, tenuti alla presentazione
delle dichiarazioni relative all’imposta di soggiorno versa-
ta dai clienti e all’integrale riversamento della stessa al
Comune, obblighi peraltro sanzionati (fuori dal rapporto
d’imposta vero e proprio che, come si è visto, intercorre fra
il Comune ed il singolo cliente pernottante) con la previ-
sione di specif‌iche sanzioni amministrative.
5. A tale quadro di principii, inoltre, si è direttamen-
te richiamata la Corte dei conti in una recente decisione
emessa in sede giurisdizionale, ove si è affermato che "I
soggetti operanti presso le strutture ricettive, ove incari-
cati - sulla base dei regolamenti comunali previsti dall’art.
4, comma 3, del D.L.vo n. 23/2011 - della riscossione e poi
del riversamento nelle casse comunali dell’imposta di
soggiorno corrisposta da coloro che alloggiano in dette
strutture, assumono la funzione di agenti contabili, tenuti
conseguentemente alla resa del conto giudiziale della ge-
stione svolta" (Sezioni riunite in sede giurisdizionale, n.
22/2016/QM del 8 giugno 2015, dep. 22 settembre 2016).
Si osserva in tale pronuncia, fra l’altro, che la riserva
di legge posta dall’art. 23 della Costituzione in materia di
imposizione tributaria comporta che sia la norma primaria
a disciplinare gli aspetti essenziali del tributo, stabilendo
non solo il presupposto e la misura del tributo, ma anche
il soggetto attivo e quello passivo dell’imposizione tributa-
ria, aspetti, questi, sui quali non può incidere la normativa
regolamentare di attuazione.
La normativa primaria intervenuta in materia è l’art.
4, comma 1 del D.L.vo n. 23 del 2011 che, come dianzi già
evidenziato, ha individuato i soggetti passivi del rapporto
tributario esclusivamente in "coloro che alloggiano nelle
strutture ricettive".
I regolamenti comunali, a loro volta, instaurano espres-
samente tra il gestore ed il Comune un rapporto di servizio
con compiti eminentemente contabili. Infatti – prosegue
la Corte dei conti nella su citata pronunzia - nella misura
in cui essi aff‌idano ad un soggetto, estraneo al rapporto
tributario, una serie di attività obbligatorie e funzionali
alla realizzazione della potestà impositiva dell’ente locale,
indubbiamente tra detto soggetto ed il Comune si instaura
un rapporto di servizio.
È parimenti indubbio, poi, che tale rapporto abbia un
contenuto principalmente contabile, ove si consideri che,
tra i compiti aff‌idati, assumono centralità ed importanza
la riscossione dell’imposta ed il suo riversamento nelle
casse comunali, essendo gli altri obblighi (di informazione
alla clientela e di "report" al Comune dell’attività svolta) a
loro volta rispettivamente strumentali alla riscossione ed
alla verif‌ica da parte del Comune dell’esatto adempimento
da parte del gestore degli obblighi di riversamento.
Ad un rapporto di servizio che preveda l’attività di ri-
scossione e riversamento di denaro, e quindi implichi la
"disponibilità materiale" di denaro pubblico, non può es-
sere disconosciuto un contenuto prettamente contabile.
I Giudici contabili concludono il percorso argomentativo
delineato nella richiamata decisione ponendo in rilievo il
fatto che, alla luce dei suddetti consolidati principii, "va in-
dubbiamente riconosciuta la qualif‌ica di agente contabile al
soggetto operante presso la struttura ricettiva che, per con-
to del Comune, incassa da coloro che vi alloggiano l’imposta
di soggiorno, con obbligo di riversarla poi all’Ente locale".
Elementi univocamente indicativi in tal senso devono
ravvisarsi, in particolare: a) nel carattere pubblico dell’en-
te per il quale il riscuotitore agisce, trattandosi di un Co-
mune; b) nel carattere pubblico del denaro oggetto della
gestione, trattandosi di un’imposta di scopo (vedasi l’ulti-
mo periodo del primo comma dell’art. 4 del citato D.L.vo
n. 23/2011, che individua gli interventi da f‌inanziare con il
gettito tributario).
6. Discende, ancora, dalle su esposte considerazioni,
che già dal momento dell’incasso dell’imposta di soggiorno
il gestore alberghiero è qualif‌icabile come agente contabi-
le nei confronti del Comune.
6.1. La connotazione pubblicistica di tale attività emer-
ge, invero, per il suo diretto collegamento al preminente
interesse generale alla corretta riscossione delle entrate
tributarie dell’ente locale, che ne è titolare in virtù del po-
tere impositivo a lui riconosciuto dalla legge.
Correttamente, dunque, la Corte territoriale ha rite-
nuto integrato il delitto di peculato per appropriazione
nella condotta del soggetto autorizzato alla riscossione
che omette di versare le somme di denaro ricevute nell’a-
dempimento di tale funzione pubblica, atteso che quel
denaro entra nella disponibilità della P.A. nel momento
stesso della consegna all’incaricato dell’esazione e ad esso
non può essere data alcuna diversa destinazione, laddove
l’eventuale imputazione delle somme incassate dai con-
tribuenti alla copertura di voci di altra natura, esulanti
dal f‌ine pubblico per il quale sono state versate e ricevute,
realizza la condotta appropriativa di cui all’art. 314 c.p.
6.2. Una diversa soluzione, infatti, verrebbe a scardinare
le regole generali in materia di contabilità pubblica, consen-
tendo a coloro che ricevono comunque somme di spettanza
di enti pubblici di sottrarsi agli obblighi di contabilizzazione,
rendicontazione e versamento a questi ultimi di tali introiti
(cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 novembre 2017, n. 5545).
Con la previsione secondo cui il gestore della struttura
ricettiva è tenuto, in qualità di agente contabile, a rendere
al Comune il conto della gestione dell’imposta di soggiorno
riscossa dai propri clienti risulta evidente che tale qua-
lità è attribuita al titolare dell’albergo, ovvero al titolare
dell’impresa alberghiera.
Secondo i principi generali, inoltre, in caso di impre-
sa alberghiera esercitata in forma collettiva la qualità
di agente contabile è attribuita al legale rappresentante
dell’ente societario. I rapporti interni a quest’ultimo, in-
fatti, e la suddivisione di compiti all’interno della strut-
tura ricettiva, come sottolineato nella decisione da ulti-
mo richiamata, "sono per contro irrilevanti nei confronti
dell’amministrazione".
Non emergono, a tale riguardo, prof‌ili di irragionevo-
lezza nell’attribuzione della qualif‌ica in questione a tutti
i gestori di strutture alberghiere, a prescindere dalla loro
dimensione. Anche un imprenditore individuale, in ipo-
tesi privo di dipendenti o collaboratori, è evidentemente
in grado di adempiere agli obblighi previsti dalle su citate
norme regolamentari.
Né, tanto meno, sono ravvisabili prof‌ili di gravosità
negli obblighi strumentali alla riscossione dell’imposta
previsti dai regolamenti comunali: a prescindere dal fat-
to che gli stessi, come osservato dal Consiglio di Stato,
sono conformi alle leggi di contabilità pubblica, si tratta
di obblighi facilmente gestibili per qualsiasi operatore del
settore e che comportano, in estrema sintesi, una mera
separazione contabile degli incassi a titolo di imposta di
soggiorno rispetto a quelli rivenienti dall’esercizio dell’at-
tività di impresa, ai f‌ini della relativa rendicontazione e
del versamento nei confronti del Comune.
7. Il ricorso, conclusivamente, deve essere rigettato.
La sentenza impugnata, peraltro, va annullata senza
rinvio limitatamente alle statuizioni civili, che devono
essere conseguentemente revocate, come da dispositivo,
in ragione dell’intervenuta dichiarazione di rinuncia all’a-
zione civile nei confronti del ricorrente, come da atto di
quietanza liberatoria sottoscritto in data 19 aprile 2018
dal Sindaco del Comune di Torino, costituitosi parte civile
nel procedimento de quo. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. I, 10 LUGLIO 2018, N. 31322
(UD. 9 APRILE 2018)
PRES. MAZZEI – EST. BARONE – P.M. VIOLA (DIFF.) – RIC. P.
Misure di prevenzione y Singole misure y Sorve-
glianza speciale y Divieto di “partecipare a pub-
bliche riunioni” y Inosservanza y Reato previsto
dall’art. 75, comma secondo, D.L.vo n. 159/2011 y
Conf‌igurabilità y Esclusione y Fattispecie relativa a
condotta di chi si reca allo stadio per assistere ad
una partita di calcio.
. L’inosservanza della prescrizione del divieto di “parteci-
pare a pubbliche riunioni” da parte del soggetto sottopo-
sto alla sorveglianza speciale non conf‌igura il reato pre-
visto dall’art. 75, comma secondo, D.L.vo n. 159 del 2011,
poiché la nozione di “pubblica riunione” rivela un def‌icit
di determinatezza e tassatività della fattispecie penale.
(Principio affermato in tema di condotta di chi si reca
allo stadio per assistere ad una partita di calcio) (Mass.
Redaz.) (d.l.vo 6 settembre 2011, n. 159, art. 75) (1)
(1) Sulla questione oggetto della pronuncia in commento si rile-
va l’intervento delle SS.UU. che con sentenza 5 settembre 2017, n.
40076, pubblicata per esteso in questa Rivista 2017, 841, ha affermato
che l’inosservanza delle prescrizioni generiche di «vivere onestamen-
te» e «rispettare le leggi», da parte del soggetto sottoposto alla sorve-
glianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno, non integra la nor-
ma incriminatrice di cui all’art. 75, comma 2, D.L.vo n. 159 del 2011.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con la pronunzia indicata in epigrafe la Corte di ap-
pello di Potenza ha confermato la sentenza del G.u.p. presso
il Tribunale di Matera del 10 febbraio 2015 che aveva dichia-
rato P.G.C. colpevole del reato previsto dall’art. 75, comma
2, D.L.vo n. 159/2011 perché, recandosi ad assistere presso
lo stadio comunale di Matera all’incontro di calcio tra la lo-
cale rappresentativa e la Casertana, aveva contravvenuto al
divieto di partecipare a pubbliche riunioni, contenuto nella
misura sorveglianza speciale cui era sottoposto.
2. Avverso questa decisione il Pellegrini ha interposto
ricorso tramite il proprio difensore eccependo errata ap-
plicazione della legge penale atteso che la manifestazione
sportiva cui aveva partecipato, per la "natura meramente
occasionale ed estemporanea", esulava dalla nozione di
«pubblica riunione» connotata dal carattere dell’abitualità.
In tesi difensiva, il divieto imposto al sorvegliato spe-
ciale deve, infatti, essere contemperato con il diritto costi-
tuzionalmente garantito alla persona di associarsi libera-
mente; ne consegue che, soltanto nelle ipotesi di abituale
frequentazione da parte del sorvegliato speciale di luoghi
pubblici, come osterie o bettole, si pone un problema di
pericolosità del predetto e di conseguente salvaguardia
della "sicurezza".
3. Il ricorso è fondato per le ragioni che si passa ad
esporre.
4. In precedenti arresti, riguardanti fattispecie sovrap-
ponibili all’odierna, questa Corte ha ritenuto che si con-
f‌igura il reato di cui all’art. 9 L. 1423 del 1956 (ora art.
75, comma 2, D.L.vo n. 159/2011) nei confronti del "sor-
vegliato speciale" che si reca allo stadio per assistere ad
una partita di calcio, integrando detto comportamento la
violazione del divieto di partecipare a pubbliche riunioni,
imposto al predetto con la misura di prevenzione (sez. I, n.
15870 dell’11 marzo 2015, dep. 2015, Carpano, Rv. 263320).
A giustif‌icazione del principio affermato, è stato ripetu-
tamente scritto che la nozione di «pubblica riunione», pur
essendo suscettibile di interpretazioni variabili, può esse-
re circoscritta, tenendo conto della ratio della fattispecie

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