Corte di Cassazione Penale sez. II, 23 maggio 2018, n. 23079 (ud. 9 maggio 2018)

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giur
7-8/2018 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
e le sue esigenze abitative: l’immissione sul mercato loca-
tivo di un appartamento a canone maggiorato, proprio in
relazione al suo utilizzo per l’attività di prostituzione, co-
stituisce attività idonea a procurare favorevoli condizioni
per l’esercizio della prostituzione.
La motivazione della Corte territoriale è congrua, priva
di vizi di manifesta illogicità e corretta giuridicamente e si
sottrae, pertanto, al sindacato di legittimità. Giova, peral-
tro, ricordare che la condotta in esame differisce da quella
integrante il reato di locazione al f‌ine di esercizio di una
casa di prostituzione (art. 3 n. 2 della legge 20 febbraio
1958 n. 75) perchè tale reato richiede, quali elementi co-
stitutivi, di cui il locatore deve essere consapevole, il con-
testuale esercizio del meretricio da parte di più persone
nel locale nonché, all’interno dello stesso, una certa orga-
nizzazione f‌inalizzata all’attività di prostituzione.
Si è specif‌icato, infatti, che per integrare il concetto
di casa di prostituzione previsto nei numeri 1 e 2 dell’art.
3 della legge 20 febbraio 1958 n. 75 è necessario un mi-
nimo, anche rudimentale, di organizzazione della prosti-
tuzione, che implica una pluralità di persone esercenti il
meretricio (cfr. sez. III, n. 8600 del 19 maggio 1999, Rv.
214228, che ha precisato che quando il locatore conceda in
locazione l’immobile ad una sola donna, pur essendo con-
sapevole che la locataria è una prostituta, e che esercite-
rà nella casa locata autonomamente e per proprio conto
potrà rispondere in tale caso di favoreggiamento ai sensi
dell’art. 3 n. 8 della L. n. 75/58)
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infon-
dato.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il
reato di sfruttamento della prostituzione, che non è reato
necessariamente abituale, consiste in qualsiasi consapevole
e volontaria partecipazione, anche occasionale, ai proventi
dell’attività di prostituzione (sez. III, n. 98 del 24 novembre
1999, dep. 11 gennaio 2000, Rv. 215061; sez. III, n. 19644 del
11 marzo 2003, Rv. 224289; sez. III, n. 21089 del 27 febbraio
2007, Rv. 236738) nonché nella condotta di trarre qualche
utilità, anche se non necessariamente economica, dall’atti-
vità sessuale della prostituta, e tale condizione deve essere
oggetto di rigorosa dimostrazione sotto il prof‌ilo probatorio
(sez. III, n. 7608 del 20 maggio 1998, Rv. 211338; sez. III,
n. 9065 del 11 luglio 1996, Rv. 206418; sez. III, n. 98 del 24
novembre 1999, dep. 11 gennaio 2000 Rv. 215061).
Tale reato può concorrere con il reato di favoreggia-
mento della prostituzione, in quanto il reato di favoreggia-
mento della prostituzione e quello di sfruttamento della
prostituzione hanno per oggetto condotte autonome e
distinte, essendo lo sfruttamento f‌inalizzato a trarre van-
taggi economici o altre utilità giuridicamente rilevanti per
l’agente, laddove il favoreggiamento è f‌inalizzato ad agevo-
lare l’attività di meretricio a prescindere da un eventuale
prof‌itto economico o altra utilità in favore dell’agente (sez.
III, n. 12919 del 13 ottobre 1998, Rv. 212362; sez. III, n.
40539 del 27 settembre 2007, Rv. 238005; sez. III, n. 15069
del 9 dicembre 2015, dep. 12 aprile 2016, Rv. 266630).
Nella specie, la Corte territoriale ha precisato, in ade-
renza alle risultanze istruttorie, che la condotta di sfrut-
tamento era consistita nel pretendere dalla prostituta la
percezione di somme superiori al canone corrente di mer-
cato (costituenti, quindi, una quota dei proventi dell’atti-
vità di prostituzione e traendo il D.F. anche un’utilità eco-
nomica dalla specif‌ica destinazione dell’immobile locato)
nonché la richiesta di prestazioni sessuali da parte della
locataria quale prestazione ulteriore rispetto a quella di
pagamento del canone di locazione in denaro.
La motivazione della Corte territoriale è congrua e pri-
va di vizi di manifesta illogicità nonchè corretta giuridica-
mente e si sottrae, quindi, al sindacato di legittimità.
3. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibi-
lità del ricorso.
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art.
616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella deter-
minazione della causa di inammissibilità (Corte Cost.
sent. n. 186 del 13 giugno 2000), alla condanna del ricor-
rente al pagamento delle spese del procedimento conse-
gue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella
misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. II, 23 MAGGIO 2018, N. 23079
(UD. 9 MAGGIO 2018)
PRES. GALLO – EST. RAGO – P.M. PRATOLA (CONF.) – RIC. B.
Truffa y Elemento oggettivo y Artif‌ici o raggiri y
Vendita un immobile in violazione dell’obbligo di
comportarsi secondo buona fede y Silenzio tenuto
dal venditore relativamente alle pretese dei coe-
redi sul medesimo immobile y Conf‌igurabilità del
reato.
. In tema di truffa, bene deve ritenersi affermata la sus-
sistenza del reato a carico di soggetto il quale, nel pro-
porre in vendita un immobile, si astenga, in violazione
dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede, come
prescritto dall’art. 1337 cod. civ., dal rendere edotto il
potenziale acquirente dell’esistenza a lui nota di pre-
tese altrui sul medesimo immobile, anche se non anco-
ra tradottesi, per quanto a sua conoscenza, in formali
iniziative giudiziarie (principio affermato, nella specie,
con riguardo ad un caso in cui l’agente, proprietario di
un immobile a suo tempo acquistato con danaro forni-
togli dal padre, aveva taciuto al potenziale acquirente
che i propri fratelli contestavano da tempo la validità di
detta operazione, siccome pregiudizievole per i propri
diritti ereditari). (Mass. Redaz.) (c.p., art. 640; c.c., art.
1337) (1)
(1) Risulta consolidato il principio di diritto in base al quale integra
gli estremi della truffa contrattuale la condotta di chi ponga in essere
artif‌izi o raggiri consistenti nel tacere o nel dissimulare fatti o circo-
stanze tali che, ove conosciuti, avrebbero indotto l’altro contraente
ad astenersi dal concludere il contratto. Ex multis, v. Cass. pen., sez.
II, 4 luglio 2013, n. 28703, in questa Rivista 2014, 445; Cass. pen.,
sez. II, 21 agosto 2012, n. 32859, ivi 2013, 1193 e Cass. pen., sez. VI, 8
maggio 1987, n. 5705, in www.latribunaplus.it.

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