Corte di Cassazione Penale sez. V, 6 giugno 2018, n. 25651 (ud. 15 febbraio 2018)

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7-8/2018 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
Secondo il ricorrente, la fornitura della fotograf‌ia non
era suff‌iciente a far ritenere il concorso dell’imputato nel-
la formazione del documento, che non era stato trovato
nella disponibilità dell’imputato, ma era a mani di una ter-
za persona (il T.).
Il riferimento alla fornitura dei dati anagraf‌ici conte-
nuto nella sentenza impugnata (pag. 4), a sua volta mu-
tuato dalla pronuncia di primo grado (pag. 4), è effettiva-
mente incongruo, visto che le generalità (nome, cognome
e data di nascita) riportate sul documento erano diverse
da quelle del S.; tuttavia tale errore vitiatur sed non vitiat,
perchè la sua emersione non appare idonea a scardinare
l’apparato logico della doppia conforme pronuncia di me-
rito, adeguatamente sorretto anche solo dal concorrente
e decisivo elemento rappresentato dall’apposizione sul
documento falso della fototessera raff‌igurante il S., che
questi neppur contesta di aver fornito.
Il tutto, a prescindere dall’evidente interesse dell’im-
putato di conseguire un documento falso valido per l’espa-
trio, onde sfuggire alla misura di custodia cautelare carce-
raria emessa a suo carico.
3. Il ricorso va quindi rigettato; ne consegue la con-
danna del ricorrente ai sensi dell’art. 616 c.p.p. al paga-
mento delle spese del procedimento. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. V, 6 GIUGNO 2018, N. 25651
(UD. 15 FEBBRAIO 2018)
PRES. FUMO – EST. SETTEMBRE – P.M. DI LEO (DIFF.) – RIC. P.
Cosa giudicata penale y Effetti y Inammissibilità
di un secondo giudizio y Formazione del giudicato
sul reato di appropriazione indebita y Possibilità di
procedere per il reato di bancarotta per distrazio-
ne y Ammissibilità y Esclusione.
. In tema di rapporti tra il reato di appropriazione in-
debita e quello di bancarotta fraudolenta per distra-
zione, avuto riguardo ai principi affermati dalla Corte
costituzionale con la sentenza n. 200/2016, dichiarativa
della parziale illegittimità costituzionale dell’art. 649
c.p.p., nella parte in cui escludeva la operatività del di-
vieto di un secondo giudizio per la sola circostanza che
sussistesse concorso formale tra il reato già giudicato e
quello da giudicare, deve escludersi che il soggetto già
giudicato in via def‌initiva (e, nella specie, assolto) per
il reato di appropriazione indebita possa essere nuova-
mente processato per quello di bancarotta fraudolenta
per distrazione, quando la condotta materiale a lui ad-
debitata sia sempre la stessa, non potendo valere come
elemento differenziatore la sopravvenuta dichiarazio-
ne di fallimento, atteso che questa è da considerare
come indipendente dalla volontà dell’agente. (Mass.
Redaz.) (c.p., art. 646; c.p.p., art. 649; r.d. 16 marzo
1942, n. 267, art. 216) (1)
(1) La sentenza in commento richiama opportunamente la pronun-
cia della Corte cost. 21 luglio 2016, n. 200, pubblicata solo in moti-
vazione in www.latribuna.it, che ha dichiarato illegittimo, per con-
trasto con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 4 del
Protocollo n. 7 alla CEDU, l’art. 649 c.p.p. nella parte in cui secondo
il diritto vivente esclude che il fatto sia il medesimo per la sola cir-
costanza che sussiste un concorso formale tra il reato già giudicato
con sentenza irrevocabile e il reato per cui è iniziato il nuovo proce-
dimento penale. Alle medesime conclusioni di cui in massima sono
pervenute, in relazione al concorso formale di reati, Cass. pen., sez.
V, 21 marzo 2016, n. 11918, in questa Rivista 2016, 921 e Cass. pen.,
sez. III, 2 dicembre 2014, n. 50310, ivi 594.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(Omissis)
Col secondo motivo lamenta la violazione dell’art. 649
c.p.p., giacché per il medesimo fatto (l’appropriazione
della somma di € 35.000) P. è già stato giudicato e assolto
dal Tribunale di Pordenone con sentenze passate in giudi-
cato il 24 luglio 2012 (il reato contestato era quello di cui
all’art. 646 c.p.). (Omissis)
MOTIVI DELLA DECISIONE
È fondato il secondo motivo di ricorso, che riveste ca-
rattere pregiudiziale rispetto a tutti gli altri e va, pertanto,
esaminato prioritariamente.
1. La questione posta dal ricorrente, rappresentata dal
rapporto tra appropriazione indebita e “distrazione” (una
volta dichiarato il fallimento) degli stessi beni, ha trova-
to, com’è noto, differenti soluzioni nella giurisprudenza di
questa Corte, giacché si è fatto riferimento, per risolvere le
problematiche scaturenti dal divieto di un secondo giudi-
zio, posto dall’art. 649 c.p.p., alternativamente alle f‌igure
del concorso formale e del reato complesso, per affermare,
nell’uno e nell’altro caso, che un giudizio, celebrato e co-
munque concluso, per il reato di cui all’art. 646 c.p. non è di
ostacolo – una volta intervenuto il fallimento – alla celebra-
zione di altro giudizio per bancarotta (invero, come si dirà,
è stata ritenuta praticabile anche la soluzione inversa).
1.1. La prima soluzione, fatta propria da una risalente
pronuncia di questa Corte (sez. II, n. 10472 del 4 marzo
1997, rv 209022), è imperniata sulla considerazione che
all’unicità di un determinato fatto storico può far riscon-
tro una pluralità di eventi giuridici (come si verif‌ica, ap-
punto, nell’ipotesi del concorso formale di reati), sicché il
giudicato formatosi con riguardo ad uno di tali eventi non
impedisce l’esercizio dell’azione penale in relazione ad un
altro evento (inteso sempre in senso giuridico), pur scatu-
rito da un’unica condotta, quale che sia stato il reato giu-
dicato per primo (in applicazione di tale principio la Corte
ha ritenuto che l’imputato, agente di cambio, già condan-
nato per il reato di bancarotta fraudolenta – consistita, fra
l’altro, nella sottrazione di titoli e denaro della clientela
– potesse essere sottoposto a nuovo procedimento penale
per il reato di appropriazione indebita in danno di un
cliente). Questa impostazione non esclude del tutto, però,
l’operatività dell’art. 649 c.p.p. e del principio del ne bis in
idem, in esso trasfuso: ciò avviene quando nel primo giu-
dizio sia stata dichiarata l’insussistenza del fatto o la man-
cata commissione di esso da parte dell’imputato, per ovvie
ragioni di incompatibilità logica e per evitare il conf‌litto di

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