Corte di Cassazione Penale sez. III, 8 giugno 2018, n. 26274 (C.C. 10 maggio 2018)

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Rivista penale 7-8/2018
Legittimità
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 8 GIUGNO 2018, N. 26274
(C.C. 10 MAGGIO 2018)
PRES. SAVANI – EST. GAI – P.M. MARINELLI (DIFF.) – RIC. P.M. IN PROC. M.
Tributi erariali diretti y Accertamento y Dichia-
razione annuale y Redditi derivanti dall’esercizio di
professioni y Fumus commissi delicti y Individuazio-
ne y Versamenti sui conti correnti del professioni-
sta che quest’ultimo non sia in grado di giustif‌icare
y Parziale dichiarazione di incostituzionalità del-
l’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973 y Rilevanza y Esclu-
sione.
. La ritenuta sussistenza del “fumus commissi delicti”
ai f‌ini dell’adozione di una misura cautelare reale in
relazione al reato di dichiarazione infedele previsto
dall’art. 4 del D.L.vo 10 marzo 2000 n. 74 ben può fon-
darsi, ove trattisi di redditi derivanti dall’esercizio di
professioni, sulla presunzione legale che costituiscano
“ricavi”, ai sensi dell’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973, (pur
dopo la modif‌ica apportata dall’art. 7 quater, comma 1,
lett. a, del D.L. n. 193/2016, conv. con modif. in legge
n. 225/2016), quelli risultanti da versamenti sui conti
correnti del professionista che quest’ultimo non sia in
grado di giustif‌icare diversamente, nulla rilevando in
contrario la parziale dichiarazione di incostituzionalità
del citato art. 32, pronunciata con sentenza della Corte
costituzionale n. 228/2014, avendo essa avuto ad ogget-
to l’equiparazione tra attività imprenditoriale ed atti-
vità professionale solo limitatamente ai prelevamenti
dai conti correnti e non ai versamenti. (Mass. Redaz.)
(d.l.vo 10 marzo 2000, n. 74, art. 4; d.p.r. 29 settembre
1973, n. 600, art. 32) (1)
(1) Sull’onere che incombe al professionista di dimostrare in modo
analitico la propria estraneità dei versamenti a fatti imponibili si ve-
dano, in senso conforme, Cass. civ., 30 marzo 2018, n. 7951, in www.
latribunaplus.it e Cass. civ., 9 agosto 2016, n. 16697, ibidem. Cfr. inol-
tre Cass. civ., 20 gennaio 2017, n. 1519, ibidem.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Il Procuratore della Repubblica del Tribunale di
Locri ricorre per l’annullamento dell’ordinanza, emessa in
data 21 novembre 2017, ex art. 324 c.p.p., con cui il Tribu-
nale di Reggio Calabria ha annullato, in parte qua, il prov-
vedimento di sequestro preventivo, ex art. 321 c.p.p., di-
sposto dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale
di Locri nei confronti di M.M.L., di somme di denaro e/o
beni sino alla concorrenza della somma di € 1.777.722,67,
nell’ambito di indagini svolte per i reati di cui agli artt.
2 D.L.vo 10 marzo 2000, n. 74 (capo 1) e art. 4 D.L.vo 10
marzo 2000, n. 74 (capi 2-3-4-5 e 6) relativi agli anni di
imposta 2011-2012-2013-2014 e 2015.
1.1. Il Tribunale di Reggio Calabria, con l’ordinanza
impugnata, ha confermato il provvedimento di sequestro
preventivo di somme di denaro e/o beni f‌ino alla concor-
renza di € 30.650,00, con riferimento al reato di cui all’art.
2 D.L.vo 10 marzo 2000, n. 74 (capo l), ed ha annullato il
relativo provvedimento di sequestro per il reato di dichia-
razione infedele (art. 4 D.L.vo 10 marzo 2000, n. 74) per-
ché in qualità di socio dello “Studio legale associato degli
avv. M. e S.”, esercente l’attività legale, al f‌ine di evadere
le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, indicava nella
dichiarazione annuale modello Unico società di persone
2012, 2013, 2014, 2015 e 2016 (relative ai redditi 2011,
2012, 2013, 2014 e 2015), elementi attivi per un ammon-
tare inferiore a quello effettivo, come indicato nei capi di
imputazione 2-3-4-5 e 6.
In esecuzione del decreto di sequestro preventivo era-
no state sottoposte a sequestro le somma presenti sui con-
ti correnti dell’indagato e dello studio legale, nonché di
terreni e fabbricati.
1.2. II Tribunale cautelare, per quanto qui di rilievo
in connessione con il motivo di impugnazione del Procu-
ratore della Repubblica, ha annullato in parte il decreto
di sequestro preventivo per assenza di fumus commissi
delicti per le contestazione di cui all’art. 4 D.L.vo n. 74
del 2000, non potendosi fondare, il menzionato requisito,
in forza della mera presunzione legale di cui agli artt. 32
comma 1 n. 2 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 51 comma 2 n.
2 del D.P.R. 633 del 1972, in virtù della quale andrebbero
considerati quali compensi tutti gli accrediti percepiti dal
professionista nell’anno di imposta che non sia in grado di
giustif‌icarne la provenienza.
II Tribunale cautelare, all’esito dell’esegesi della giuri-
sprudenza di legittimità sull’ambito di applicazione della
citata norma ai lavoratori autonomi e professionisti e
dell’evoluzione normativa della stessa (da ultimo il D.L. n.
193 del 2016, conv. con mod. con legge n. 225/2016, art. 7
quater), ha ritenuto che, avendo il legislatore eliminato il
riferimento ai “compensi” dal citato art. 32 (prevedendo,
altresì, l’applicazione della presunzione legale relativa ai
prelevamenti dell’imprese ai soli importi superiori a euro
1000,00 giornalieri e a euro 5.000,00 mensili) e in assen-
za di ulteriore specif‌icazione in merito alla permanenza
della presunzione rispetto ai versamenti dei professioni-
sti, si dovesse ritenere che l’intentio legis era quella di
abolire del tutto l’operatività della presunzione ex art. 32

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