Corte di Cassazione Penale sez. VI, 7 marzo 2018, n. 10446 (ud. 10 gennaio 2018)

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Rivista penale 6/2018
LEGITTIMITÀ
6/2018 Rivista penale
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2.4. Del resto, la ponderazione tra gli interessi concor-
renti mediante individuazione del criterio della stabile de-
stinazione funzionale era stata già operata nella sentenza
delle Sezioni Unite n. 26795 del 28 marzo 2006, Prisco, Rv.
234269, in cui - dopo aver premesso che la nozione di do-
micilio di cui all’art. 14 Cost. è più estesa di quella ricava-
bile dall’art. 614 c.p. - la Corte ha affermato che, qualun-
que sia il rapporto tra le due disposizioni, «il concetto di
domicilio non può essere esteso f‌ino a farlo coincidere con
un qualunque ambiente che tende a garantire intimità e
riservatezza». Non v’è dubbio che «il concetto di domicilio
individui un rapporto tra la persona ed un luogo, general-
mente chiuso, in cui si svolge la vita privata, in modo an-
che da sottrarre chi lo occupa alle ingerenze esterne e da
garantirgli quindi la riservatezza. Ma il rapporto tra la per-
sona ed il luogo deve essere tale da giustif‌icare la tutela di
questo anche quando la persona è assente. In altre parole,
la vita personale che vi si svolge, anche se per un periodo
di tempo limitato, fa sì che il domicilio diventi un luogo
che esclude violazioni intrusive, indipendentemente dalla
presenza della persona che ne ha la titolarità, perchè il
luogo rimane connotato dalla personalità del titolare, sia
questo o meno presente». Assume, dunque, rilievo, quale
elemento caratterizzante della nozione di privata dimora,
il requisito della stabilità «perchè è solo questa, anche se
intesa in senso relativo, che può trasformare un luogo in
un domicilio, nel senso che può fargli acquistare un’auto-
nomia rispetto alla persona che ne ha la titolarità».
2.5. Nel quadro così delineato, l’interpretazione lette-
rale e sistematica delle norme declina la nozione di priva-
ta dimora sulla base dei seguenti, indefettibili elementi:
a) destinazione del luogo allo svolgimento di attività della
vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attività
professionale e di lavoro in genere), in modo riservato ed
al riparo da intrusioni esterne; b) durata del rapporto tra
il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia carat-
terizzato da apprezzabile stabilità e non da mera occasio-
nalità; c) inaccessibilità del luogo, da parte di terzi, senza
il consenso del titolare.
2.6. Il compimento di atti della vita privata nei luoghi di
lavoro, di studio e di svago non costituisce, dunque, condi-
zione suff‌iciente per affermare che tali luoghi rientrino nella
nozione di privata dimora, trattandosi di luoghi generalmen-
te accessibili ad una pluralità di soggetti anche senza il pre-
ventivo consenso dell’avente diritto e ad essi è, pertanto, in-
trinsecamente estraneo il carattere di riservatezza. Di guisa
che la tutela penale avverso l’intrusione altrui è riconosciuta
solo se tali luoghi assumano - o nelle sole parti in cui abbiano
assunto - caratteristiche proprie dell’abitazione, in quanto
destinati anche - allo svolgimento di atti della vita privata in
modo riservato e precludendo l’accesso a terzi (ad esempio,
retrobottega, bagni privati o spogliatoi, area riservata di uno
studio professionale o di uno stabilimento).
2.7. Siffatta interpretazione appare coerente anche con
il disposto di cui al terzo comma dell’art. 52 c.p., introdotto
dall’art. 1 della legge 13 febbraio 2006, n. 59, che estende la
presunzione di proporzionalità a favore della reazione di dife-
sa anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni
altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, pro-
fessionale o imprenditoriale. Disposizione che sarebbe stata
del tutto pleonastica se la nozione di privata dimora fosse ido-
nea a ricomprendere, di per sè e generalmente, tutti i luoghi
in cui il soggetto svolge atti della vita privata. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. VI, 7 MARZO 2018, N. 10446
(UD. 10 GENNAIO 2018)
PRES. PAOLONI – EST. D’ARCANGELO – P.M. LORI (DIFF.) – RIC. P.M. TRIB. IN
PROC. A. ED ALTRO
Omissione o rif‌iuto di atti di uff‌icio y Elemento
soggettivo y Mancata adozione da parte dell’autori-
tà comunale di un provvedimento di chiusura di un
edif‌icio scolastico y Per mancata rispondenza dello
stesso alla normativa antisismica y Sussistenza y
Esclusione y Condizioni.
. In tema di rif‌iuto di atti d’uff‌icio, ipotizzato per la
mancata adozione, da parte dell’autorità comunale, di
un provvedimento che inibisse l’uso di un edif‌icio sco-
lastico risultato non conforme alla vigenti disposizioni
dettate dalla normativa antisismica, correttamente
deve ritenersi esclusa la sussistenza dell’elemento sog-
gettivo del reato qualora, nella ritenuta assenza di un
immediato pericolo di crollo, la predetta autorità abbia
già avviato le procedure per la messa a norma dell’edi-
f‌icio , con stanziamento delle somme all’uopo necessa-
rie. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 328) (1)
(1) In senso contrario si veda Cass. pen., sez. VI, 8 gennaio 2018, n.
190, in www.latribunaplus.it, che ravvisa la sussistenza del reato in
oggetto nella condotta del sindaco di un comune il quale non abbia
provveduto a disporre la chiusura di un edif‌icio scolastico nonostante
che ne fosse stata certif‌icata la mancata rispondenza alla normativa
antisismica, nulla rilevando in contrario il fatto che l’inadeguatezza
della costruzione rispetto ai prescritti parametri di sicurezza fosse di
minima entità. In tema di difetto dell’elemento soggettivo del reato,
si veda Cass. pen., sez. II, 3 maggio 2016, n. 18331, ibidem.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Avellino,
adito ex art. 322-bis c.p.p., ha rigettato l’appello interpo-
sto dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Avellino
avverso il decreto del Giudice per le indagini preliminari,
emesso in data 14 novembre 2016, di diniego di convalida
del decreto di sequestro preventivo dell’edif‌icio scolastico
adibito a scuola primaria sito in Via (omissis) di (omissis)
e di rigetto della contestuale istanza di emissione della
misura cautelare reale.
2. Il Pubblico Ministero ha contestato ad A.A., sindaco
del Comune di (omissis), e ad A.P., responsabile del Settore
Urbanistica, Lavori Pubblici e Manutenzione del predetto
Comune, i reati di cui agli artt. 110, 328, primo comma, e
677, terzo comma, per aver indebitamente rif‌iutato un atto
del proprio uff‌icio che, per ragioni di sicurezza pubblica,
avrebbero dovuto compiere senza ritardo, omettendo di far
eseguire tempestivamente i lavori necessari per rimuovere
i pericoli legati alla sicurezza del predetto edif‌icio scolasti-
co e, comunque, di interdirne immediatamente l’accesso.
3. Il Tribunale di Avellino ha, tuttavia, ritenuto insus-
sistenti i presupposti per disporre il sequestro preventivo
a f‌ini impeditivi richiesto in relazione ad entrambi i reati
contestati.
Quanto alla contestazione di omissione di lavori in edi-
f‌ici che minacciano la rovina di cui all’art. 677 c.p., infatti,
difettava nella specie il pericolo concreto per l’incolumità
delle persone, in quanto l’edif‌icio scolastico non minaccia-
va il crollo.
La esigenza di adeguare l’edif‌icio alle prescrizioni
dettate dalla normativa in materia di costruzioni in zona
sismica non implicava, del resto, che vi fosse un rischio
di crollo attuale e la conseguente sussistenza del pericolo
per la pubblica incolumità.
Il rilievo del consulente tecnico del pubblico ministero
secondo il quale, stante le gravi carenze strutturali dell’e-
dif‌icio, il pericolo di crollo vi sarebbe stato anche in condi-
zioni di ordinario utilizzo dell’edif‌icio scolastico si rivelava,
inoltre, nella valutazione del Tribunale, meramente apodit-
tico, in quanto non era stato suffragato da una indagine
specif‌ica sull’edif‌icio e tale valutazione era stata espressa
in soli quattro giorni dall’aff‌idamento dell’incarico.
Parimenti era stato ritenuto insussistente il contestato
delitto di rif‌iuto di atti di uff‌icio, in quanto l’amministra-
zione comunale aveva dato avvio alla procedura ammini-
strativa per realizzare l’adeguamento sismico del fabbri-
cato, deliberando uno stanziamento di 500.000 euro, di
seguito aumentato all’importo di 1,4 milioni di euro.
Non si ravvisava, pertanto, nel comportamento degli
amministratori un ritardo colpevole nell’espletamento
della procedura amministrativa, in quanto si trattava di
opere che, in ragione della loro entità, non erano esegui-
bili in termini brevi e per l’aff‌idamento delle quali era ne-
cessario il rispetto delle norme sull’evidenza pubblica per
la scelta del contraente.
L’inizio dei lavori era, peraltro, previsto per il 9 genna-
io 2017, previo trasferimento in altro plesso delle attività
scolastiche ed, in seguito alla stipulazione del contratto
di appalto, avvenuta in data 21 luglio 2016, si era dovuto
attendere la def‌inizione del contenzioso amministrativo
promosso da una società partecipante alla gara e non ri-
sultata aggiudicataria.
4. Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Avellino
ha presentato ricorso per cassazione avverso tale ordinan-
za e ne ha chiesto l’annullamento, denunciando, con unico
motivo, la inosservanza e la erronea applicazione dell’art.
2, terzo comma, dell’O.P.C.M. 3274/2003 e del D.M. 14 gen-
naio 2008, della circolare esplicativa del 2 febbraio 2009
del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e degli artt.
677, terzo comma, 328, comma 1, 476 e 479 c.p.
Il Tribunale di Avellino aveva, infatti, indebitamente
pretermesso i risultati della verif‌ica di sicurezza svolta per
conto del Comune e dell’elaborato del consulente tecnico
del Pubblico Ministero ed aveva obliterato l’obbligo di im-
mediata interdizione dell’uso dell’edif‌icio scolastico, sca-
turente dalla predetta normativa subprimaria. (Omissis)
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso deve essere disatteso in quanto infondato.
2. Il Pubblico Ministero ricorrente, con unico motivo,
si duole della violazione di legge sub specie della inosser-
vanza dell’art. 2, terzo comma, dell’O.P.C.M. 3274/2003 e
del D.M. 14 gennaio 2008, della circolare esplicativa del 2
febbraio 2009 del Ministero delle Infrastrutture e Traspor-
ti, quali norme integratrici del precetto di cui all’art. 328,
primo comma, c.p.
Il Tribunale, infatti, accedendo alla tautologica pro-
spettazione della difesa degli indagati, aveva confuso i
carichi verticali con quelli orizzontali ed aveva obliterato
gli obblighi specif‌ici che scaturiscono dalle disposizioni in-
vocate: l’obbligo di sottoporre gli edif‌ici a verif‌ica sismica e
l’obbligo di adottare piani di intervento, in ragione dell’e-
sito delle verif‌iche.
Tali verif‌iche sono f‌inalizzate ad acclarare se l’uso
dell’edif‌icio possa continuare senza interventi o se debba
essere modif‌icato (mediante declassamento, cambio di
destinazione o imposizione di limitazioni e cautele) o se
sia necessario, anche solo localmente, procedere all’au-
mento o al ripristino della capacità portante.
Atteso che le prove e le indagini, distruttive e non,
svolte dal consulente del pubblico ministero avevano
evidenziato gravi carenze strutturali dell’edif‌icio de quo
e la conseguente necessità di interventi di aumento e di
ripristino della capacità portante, si imponeva, pertanto,
per l’amministrazione comunale l’interdizione immediata
dell’accesso allo stesso e l’immediato trasferimento delle
attività scolastiche in altro plesso.
Le indagini svolte dal consulente tecnico del Pubblico
Ministero erano, inoltre, complete in quanto già nella veri-
f‌ica di sicurezza svolta per conto del Comune erano emerse
circostanze univocamente espressive delle gravi carenze
strutturali dell’edif‌icio, pur prescindendo da eventi sismici.
L’analisi delle risultanze istruttorie era, peraltro, stata
pretermessa dal Tribunale di Avellino, tanto da concreta-
re una vera e propria omissione di motivazione sul punto;
erroneo era, inoltre, ritenere, come sostenuto dalla difesa
degli indagati, che l’elaborato progettuale redatto in sede
di valutazione sismica, f‌inanziato per un importo di 1,4 mi-
lioni di euro, avesse la sola funzione di attestare la mera
inottemperanza alle norme tecniche vigenti al momento
del fatto, relegando il parametro di vulnerabilità al solo
rango di presupposto per l’ammissione al f‌inanziamento.
La conseguenza illogica di tale impostazione, condivi-
sa dal Tribunale, era, pertanto, che da tale elaborato non
potessero essere desunte indicazioni sulla sicurezza della
struttura e sui provvedimenti da adottare. (Omissis)
6. In una recente pronuncia in materia di sequestro
preventivo emesso ai f‌ini impeditivi, in una fattispecie
analoga, è stato ritenuto sussistente il pericolo dell’ag-
gravamento delle conseguenze del reato di rif‌iuto di atti
di uff‌icio, contestato, ai sensi dell’art. 328, primo comma,
c.p., all’indagato, sindaco di un comune, per aver omesso
di inibire al persistente uso della collettività un edif‌icio
scolastico, in quanto non rispondente a criteri di adegua-
tezza sismica, pur a fronte della bassa sismicità della zona

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