Corte di Cassazione Penale sez. VI, 29 marzo 2018, n. 14503 (C.C. 19 dicembre 2017)

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giur giur
Rivista penale 6/2018
LEGITTIMITÀ
6/2018 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
del 21 novembre 2006, P.M. in proc. Lavagno e altro, Rv.
235761), si richiama, a ben vedere, ai principi affermati
nella materia de qua dal giudice delle leggi e dal giudice
di legittimità, nella sua più autorevole composizione, in
approfondimento dei temi relativi all’oggettività giuridica
e alla struttura del delitto di cui all’art. 12 D.L. 143 del
1991, conv. in L. n. 197 del 1991.
2.2. In particolare, la Corte costituzionale, con la sen-
tenza n. 302 del 2000, ha evidenziato come l’art. 12 del
D.L. n. 143 del 1991 delinei una f‌igura criminosa dalla
f‌isionomia alquanto variegata: sia per quanto attiene
all’oggetto materiale, che si riferisce ad un’ ampia gam-
ma di documenti, diversi tra loro per natura, funzione e
modalità d’impiego; sia per quel che concerne la condotta
penalmente rilevante, essendo contemplata, accanto all’i-
potesi dell’indebita utilizzazione dei documenti, da parte
di chi non ne sia titolare, anche quella di falsif‌icazione di
questi ultimi e di possesso di documenti di provenienza
illecita o comunque falsif‌icati o alterati, nonché di ordini
di pagamento con essi prodotti. Da tale rilievo in ordine al
prof‌ilo strutturale della fattispecie esaminata, il giudice
delle leggi ha tratto ragione per stabilire che, sebbene con
riguardo ad alcuni dei comportamenti ad essa riconduci-
bili l’offesa al patrimonio individuale concorre a delineare
l’oggettività giuridica del reato, tuttavia la conformazio-
ne del paradigma punitivo complessivamente considera-
to depone per la sicura aggressione di interessi di marca
pubblicistica: «interessi legati segnatamente all’esigenza
di prevenire, di fronte ad una sempre più ampia diffusione
delle carte di credito e dei documenti similari, il pregiudi-
zio che l’indebita disponibilità dei medesimi è in grado di
arrecare alla sicurezza e speditezza del traff‌ico giuridico e,
di rif‌lesso, alla “f‌iducia” che in essi ripone il sistema econo-
mico e f‌inanziario»
2.3. Le Sezioni Unite di questa Corte, del resto, con la
sentenza n. 22902 del 28 marzo 2001, Tiezzi, Rv. 218871,
hanno chiarito - per quanto interessa ai f‌ini della risolu-
zione della presente questione - come dall’analisi letterale
della norma in esame emerga che il legislatore abbia in-
teso assicurare la tutela degli interessi evocati mediante
la previsione di due condotte: la prima consistente nella
indebita utilizzazione, cioè nel concreto uso illegittimo
delle carte di credito o delle carte di pagamento - lecita
o illecita che sia la loro provenienza - da parte del non
titolare al f‌ine di realizzare un prof‌itto per sè o per altri;
la seconda consistente nel possesso (inteso come deten-
zione materiale), nella cessione o nell’acquisizione di tali
documenti di provenienza illecita, cioè in una azione che
sotto il prof‌ilo logico e temporale è distinta dalla prima
perchè la precede e ne costituisce il presupposto fattuale.
Comportamenti, quelli descritti, che, con il loro solo veni-
re in essere, esauriscono la tipicità del fatto incriminato,
dando corpo, in ossequio al principio di determinatezza e
tassatività dell’illecito penale, a quella “indebita disponi-
bilità” dei documenti presi in considerazione dalla norma
suscettibile di arrecare pregiudizio ai beni “metaindivi-
duali” tutelati; tanto vero che l’eventuale conseguimento,
da parte dell’agente, dell’ingiusto prof‌itto con correlativo
danno del soggetto passivo rileva, esclusivamente, sotto il
prof‌ilo della dosimetria della pena (Rv. 218873).
Offrendo tale lettura dell’istituto in disamina, il giudice
di legittimità ha legittimato, con il crisma della propria
autorevole interpretazione, gli approdi ermeneutici cui
erano pervenuti quei f‌iloni della dottrina e della giurispru-
denza, che, in conformità alle ragioni di politica criminale
che avevano ispirato gli interventi normativi richiamati -
diretti a contrastare il riciclaggio del danaro sporco, pre-
vedendo un controllo “a monte” dei movimenti di danaro
e di limitazione dell’uso del contante, la cui disciplina
andava presidiata con l’energico strumento della repres-
sione penale - avevano posto in luce come il legislatore,
conscio della inidoneità dei tradizionali illeciti di evento e
di lesione - incentrati sui concetti di danno e di prof‌itto - a
fronteggiare le nuove forme di criminalità collegate allo
sviluppo dei moderni strumenti di pagamento, avesse op-
tato per una semplif‌icazione delle fattispecie, costruite in
chiave di pericolosità e caratterizzate dal f‌ine di prof‌itto e
dall’assenza dei prof‌ili tipici costituiti dal conseguimento
di un vantaggio economico per l’agente e di un pregiudizio
della vittima, proprio allo scopo di consentire una apprez-
zabile facilità di accertamento delle infrazioni allo statuto
di disciplina del sistema f‌inanziario, posto che nell’ambito
che ad esso si riferisce non è agevole cogliere e dimostrare
la perpetrazione di frodi.
2.4. Alla luce dei parametri ermeneutici evocati, deve,
dunque, concludersi che il principio di diritto ricavabi-
le dagli arresti richiamati, in forza del quale il delitto di
cui all’art. 55, comma 9, prima parte, D.L.vo n. 231/2007
si perfeziona per effetto del solo concreto uso illegittimo
delle carte di credito o di pagamento o degli altri docu-
menti equiparati, non può che trovare applicazione anche
nel caso scrutinato, posto che l’utilizzazione di una carta
“bancomat”, di provenienza furtiva, da parte di chi non sia
in possesso del codice PIN, realizzata mediante la digita-
zione casuale di sequenze numeriche presso uno sportello
di prelievo automatico di denaro, è tale da esaurire l’atti-
tudine lesiva dei beni giuridici dell’ordine pubblico eco-
nomico e della fede pubblica, ritenuta suff‌iciente ad inte-
grare la fattispecie consumata di utilizzazione indebita di
carta abilitante al prelievo di denaro contante.
A ciò deve aggiungersi, peraltro, con notazione in fatto
che vale a rafforzare l’approdo teorico cui si è pervenuti,
che, come evidenziato dal Procuratore Generale ricorren-
te, la carta di pagamento ben avrebbe potuto essere utiliz-
zata senza necessità di digitazione del PIN per il pagamen-
to del pedaggio autostradale. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. VI, 29 MARZO 2018, N. 14503
(C.C. 19 DICEMBRE 2017)
PRES. PAOLONI – EST. SILVESTRI – P.M. PRATOLA (DIFF.) – RIC. P.M. IN PROC.
M.
Delitti contro la personalità dello Stato y Asso-
ciazione con f‌inalità di terrorismo e di eversione y
Estremi y Predisposizione di un programma di con-
crete azioni terroristiche y Necessità y Esclusione
y Adesione che sia meramente ideologica o psico-
logica al programma criminale y Rilevanza penale
y Esclusione y Fattispecie in tema di terrorismo di
asserita matrice islamica.
. Ai f‌ini della conf‌igurabilità, quanto meno a livello di
gravità indiziaria, del reato di partecipazione ad un’as-
sociazione con f‌inalità di terrorismo (art. 270 bis c.p.),
è necessaria e suff‌iciente una condotta del singolo che
si innesti in una struttura organizzata, anche elemen-
tare, ma dotata di un grado di effettività tale da rendere
almeno possibile l’attuazione del programma crimino-
so, mentre non è necessaria anche la predisposizione
di un programma di concrete azioni terroristiche; con-
dizione, quella anzidetta, per la cui ravvisabilità non
occorre neppure la dimostrazione di un ruolo specif‌ico
che il soggetto abbia svolto nell’ambito dell’associazio-
ne, potendo la partecipazione realizzarsi nei modi più
svariati, ivi compresi, quando si tratti di terrorismo di
asserita matrice islamica, i dichiarati propositi di par-
tire per combattere "gli infedeli", la vocazione al mar-
tirio e l’opera di indottrinamento, sempre che vi siano
anche elementi concreti che rivelino l’esistenza di con-
tatti operativi potenzialmente idonei a consentire la
traduzione in pratica dei propositi di morte, restando
per converso esclusa la rilevanza penale di un’adesione
che sia meramente ideologica o psicologica al program-
ma criminale. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 270 bis) (1)
(1) Signif‌icativa la pronuncia Cass. pen., sez. V, 14 novembre 2016, n.
48001, in questa Rivista 2017, 386, secondo cui per la conf‌igurabilità
del delitto di associazione con f‌inalità di terrorismo anche interna-
zionale è necessaria la sussistenza di una struttura criminale che si
pref‌igga la realizzazione di atti violenti qualif‌icati da detta f‌inalità ed
abbia la capacità di dare agli stessi effettiva realizzazione, non essen-
do suff‌iciente una mera attività di proselitismo ed indottrinamento,
f‌inalizzata ad inculcare una visione positiva del martirio per la causa
islamica e ad acquisire generica disponibilità ad unirsi ai combattenti
in suo nome. Giurisprudenza di legittimità consolidata nel senso che
la condotta di partecipazione nel delitto di associazione con f‌inalità
di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico non é integrata
dalla sola adesione ideale al programma criminale o dalla comunanza
di pensiero e di aspirazioni con gli associati, occorrendo invece l’ef-
fettivo inserimento nella struttura organizzata, con lo svolgimento di
attività preparatorie per l’esecuzione del programma e l’assunzione di
un ruolo concreto nell’organigramma criminale. Fra le altre, si vedano
Cass. pen., sez. V, 21 gennaio 2016, n. 2651, ivi 2016, 697; Cass. pen.,
sez. I, 27 maggio 2013, n. 22719, ivi 2014, 531 e Cass. pen., sez. VI, 29
novembre 2012, n. 46308, ivi 2013, 1176. In dottrina, è opportuna la
lettura di UBALDO NAZZARO, Le misure di contrasto al terrorismo
internazionale alla luce della Legge 17 aprile 2015, n. 43, ivi 2015, 822.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Perugia, all’esito dell’udienza di convalida del fermo di
indiziato di reato, disponeva nei confronti di M.E.M. la mi-
sura della custodia in carcere in relazione al reato di cui
all’art. 73, comma 4, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e rigetta-
va la domanda cautelare quanto ai reati previsti dagli artt.
81 - 270 bis - 302, commi 1-2 c.p., 1-2-3, legge 25 giugno
2. A M.E.M. era stato contestato:
– di aver aderito all’organizzazione terroristica deno-
minata IS/Stato islamico e di aver svolto, nei confronti di
connazionali, reiterata attività di istigazione alla commis-
sione di delitti con f‌inalità di terrorismo, con particolare
riferimento all’art. 270 bis c.p. (capo a);
– di avere con più azioni esecutive di un medesimo di-
segno criminoso, da solo ed in concorso con il fratello M.M.
e con P.M., ceduto, offerto e messo in vendita vari quanti-
tativi di sostanza stupefacente di tipo diverso (cocaina ed
hashish-Capo b).
3. Il Tribunale della libertà, in accoglimento parziale
dell’appello del Pubblico Ministero, ha applicato la misura
cautelare - quanto al capo b) – “anche” per il delitto di cui
all’art. 73, comma 1, D.P.R. n. 309 del 1990 ed ha rigettato
l’impugnazione del P.M. quanto al capo a).
4. Hanno proposto ricorso per cassazione il Procura-
tore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, per
il capo a), ed il difensore dell’indagato, in relazione all’e-
stensione del titolo cautelare per il capo b) dell’imputa-
zione provvisoria.
5. Il Pubblico Ministero ha articolato un unico motivo
di ricorso con cui si lamenta vizio di motivazione.
Si sostiene che l’ordinanza sarebbe viziata perchè il
Tribunale, dopo aver enunciato alcuni principi di diritto,
avrebbe compiuto una scorretta valutazione degli elemen-
ti indiziari, sminuendo e interpretando in maniera ridutti-
va il contenuto di numerose conversazioni intercettate ed
omettendo di considerare probatoriamente le numerose
dichiarazioni assunte nel corso del procedimento.
Si rivisita l’affermazione del Tribunale secondo cui,
quanto alla istigazione ed alla condivisione apologetica
delle azioni terroristiche dello Stato islamico, l’indaga-
to non avrebbe mai sostenuto e propagandato quella in-
terpretazione oltranzista dei precetti idelogici - religiosi
che sarebbe, invece, propria di coloro che rivendicano e
recepiscono le azioni terroristiche; si aggiunge che non
sarebbero stati correttamente valutati una serie di ele-
menti indiziari, inferibili da alcune conversazioni, in cui
l’indagato, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale,
avrebbe invece chiaramente inneggiato e sostenuto il ri-
corso a metodi di lotta violenta, che prevedono, anche il
compimento di atti estremi, quali il martirio.
Quanto alla contiguità dell’indagato all’Isis, la motiva-
zione sarebbe viziata per avere ingiustif‌icatamente non
attribuito rilievo ad alcune dichiarazioni aventi chiaro
signif‌icato indiziario.
6. Il difensore dell’indagato, quanto al capo b), ha inve-
ce articolato tre motivi.

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