Corte di Cassazione Penale sez. III, 9 gennaio 2018, n. 232 (C.C. 27 settembre 2017)

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Rivista penale 5/2018
LEGITTIMITÀ
5/2018 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 9 GENNAIO 2018, N. 232
(C.C. 27 SETTEMBRE 2017)
PRES. CAVALLO – EST. SCARCELLA – P.M. FIMIANI (CONF.) – RIC. P.M. IN PROC.
Z. ED ALTRI
Tributi e f‌inanze (in materia penale) y Imposta
sui redditi y Persone giuridiche y Reato di sottrazio-
ne fraudolenta al pagamento di imposte y Singola
operazione di scissione societaria y Idoneità y Sus-
sistenza.
. In tema di sottrazione fraudolenta al pagamento di
imposte (art. 11 del D.L.vo 10 marzo 2000 n. 74) , an-
che una singola operazione di scissione societaria può
essere idonea, se valutata non soltanto in relazione al
momento in cui la medesima viene posta in essere, ma
anche in relazione alle vicende successive, a costituire
quell’atto negoziale fraudolento e/o simulato che, se-
condo quanto previsto dalla norma incriminatrice, ren-
de conf‌igurabile il reato in questione. (Mass. Redaz.)
(d.l.vo 10 marzo 2010, n. 74, art. 11) (1)
(1) Analogamente si veda Cass. pen., sez. VI, 19 febbraio 2015, n.
7618, n.m., la cui motivazione è consultabile in www.latribunaplus.
it. In genere, sulla conf‌igurabilità del reato di cui in massima, v. Cass.
pen., sez. III, 18 maggio 2011, n. 19595, in questa Rivista 2012, 1038.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ordinanza del 10 aprile 2017, depositata in pari
data, il Tribunale di Vicenza, con funzione di giudice del
riesame, in accoglimento dell’istanza di riesame presenta-
ta nell’interesse degli indagati P. e Z., annullava di il de-
creto d perquisizione e sequestro emesso dal P.M. in data
17 marzo 2017, dep. 20 marzo 2017, ed eseguito in data 23
marzo 2017, disponendo il dissequestro e la restituzione
agli aventi in diritto di quanto in sequestro, meglio de-
scritto nell’impugnato provvedimento.
2. Giova precisare, per migliore intelligibilità dell’im-
pugnazione, che il provvedimento del tribunale seguiva
la richiesta di riesame avanzata dalla difesa dei predetti
indagati, sottoposti ad indagini preliminari per il reato di
cui agli artt. 110, c.p. e 11, D.L.vo n. 74 del 2000 (sottra-
zione fraudolenta al pagamento di imposte), avverso il
decreto di perquisizione e sequestro emesso dal P.M. in
data 17 marzo 2017; in particolare era emerso, a seguito di
accertamenti svolti dalla P.G. nell’ambito dell’istruttoria
prefallimentare nei confronti della W. s.r.l., che era stato
posto in essere un atto di scissione parziale e costituzio-
ne della M. Immobiliare s.r.l., approvato dall’assemblea
dei soci con delibera 26 ottobre 2011 e registrato con atto
notarile a f‌irma dell’a.u. B. in data 12 dicembre 2011; a
seguito della scissione, il patrimonio netto contabile della
W. risultava essersi ridotto di € 2.215.000,00, ammontare
iscritto a riserva straordinaria e, inoltre, i soci della ne-
ocostituita M. risultavano essere la P., per lo 0,1 % delle
quote e la T. società semplice, per il 99,9%, evidenziandosi
tuttavia che i soci della predetta T. fossero la stessa P., per
l’1 % e il Trust 29 luglio 1989 per il 99%; i cespiti trasferiti
mediante il predetto atto di cessione risultavano essere
tutti i crediti non commerciali, un maxi-canone relativo a
locazione f‌inanziaria, un debito non precisato e tre fabbri-
cati acquisiti al prezzo di 700.000 € in data 30 giugno 2011;
la G.d.F., all’esito delle indagini, concludeva per l’incon-
sistenza delle ragioni economiche sottese all’operazione
straordinaria, denunciando, invece, il f‌ine di sottrarre ri-
sorse alle procedure di riscossione, ossia di sottrarsi alle
obbligazioni riferibili alla W., in gran parte costituite da
debiti erariali non onorati, attraverso atti di gestione pro-
mossi e posti in essere per rendere ineff‌icace la procedura
di riscossione coattiva; la richiesta del P.M. di sequestro
preventivo degli immobili e dei crediti trasferiti con il pre-
detto atto di scissione parziale nel limiti di 1.000.000,00
di euro veniva respinta dal G.i.p., mentre lo stesso P.M. di-
sponeva la perquisizione ed il sequestro in relazione alla
predetta imputazione cautelare relativamente alla docu-
mentazione cartacea ed informatica relativa alla vicenda,
riconducibile alla W. ed alle altre società coinvolte.
3. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza, prospet-
tando tre motivi, di seguito enunciati nei limiti stretta-
mente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att.
c.p.p.
3.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all’art.
606, lett. c), c.p.p., sotto il prof‌ilo della inosservanza di
norme processuali, sub specie, per quanto implicitamen-
te desumibile dal tenore dell’impugnazione, dell’art. 309
c.p.p. In sintesi, sostiene il P.M. ricorrente che il tribunale
avrebbe proceduto ad un giudizio di merito sulla concre-
ta fondatezza dell’accusa, anziché limitarsi a valutare gli
elementi su cui si fonda la notizia di reato a rendere utile
l’espletamento di ulteriori indagini; sul punto, la pacif‌ica
circostanza che la W., con il predetto atto di scissione, ab-
bia trasferito alla M. Immobiliare, appositamente costitui-
ta dagli stessi soci, una parte del suo patrimonio del valore
netto di € 2.215.000,00 e la circostanza, altrettanto paci-
f‌ica, che attualmente risultino emesse a carico della W.
cartelle esattoriali non pagate per un importo complessivo
di € 2.233.873,59 (ciò che ha indotto il P.M. a richiedere
il fallimento della società) apparirebbero, a giudizio del
P.M. ricorrente, elementi tali da giustif‌icare un approfon-
dimento investigativo.
3.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all’art.
606, lett. b), c.p.p., sotto il prof‌ilo della inosservanza od er-
ronea applicazione dell’art. 11, D.L.vo n. 74 del 2000 e del-
l’art. 2506 quater, ultimo comma, c.c. In sintesi, sostiene il
P.M. ricorrente che erroneamente il tribunale ha ritenuto
che un atto di scissione societaria integri il delitto di sot-
trazione fraudolenta al pagamento delle imposte, ostando-
vi la previsione dell’art. 2506 quater, ultimo comma, c.c.; si
evidenzia, sul punto, come contrariamente all’assunto dei
giudici del riesame la giurisprudenza di legittimità abbia
invece affermato che l’operazione di scissione societaria
sia idonea ad integrare tale delitto; sul punto, si osserva,
l’applicazione delle norme penali non può essere paraliz-
zata dall’astratta previsione legislativa di responsabilità
patrimoniali anche nel caso in cui l’adempimento dei con-
Tali prof‌ili di problematicità appaiono ulteriormente
accentuati dal fatto che il modello di punibilità del con-
corso esterno in associazione di tipo maf‌ioso pref‌igurato
dalle Sezioni unite (sez. un., n. 33478 del 12 luglio 2005,
Mannino, Rv. 231671) e più volte richiamato adesivamente
dalla Corte EDU - nei paragraf‌i 18, 30 e 72 della decisione
in esame - non consente alcun equivoco interpretativo in
ordine alle ragioni che legittimano nel sistema penale ita-
liano l’istituto concorsuale in esame.
Invero, le Sezioni unite (sez. un., n. 33478 del 12 lu-
glio 2005, Mannino, cit.) non hanno dato vita a una nuova
fattispecie incriminatrice, ma si sono limitate a fornire
una ricostruzione sistematica armonica con il nostro or-
dinamento, ribadendo che la responsabilità penale per il
contributo fornito dal concorrente esterno a un’associa-
zione di tipo maf‌ioso trae origine dalla sua consapevolezza
di contribuire con il proprio apporto a un’attività illecita
svolta in forma associata, di cui il soggetto attivo del rea-
to conosce gli obiettivi generali e la struttura associativa,
pur senza volervi aderire formalmente. Ne consegue che,
attraverso la clausola generale prevista dell’art. 110 c.p., si
attribuisce alle fattispecie associative una responsabilità
di carattere generale per l’apporto concorsuale che l’agen-
te fornisce al gruppo criminale, senza esserne aff‌iliato e
nella consapevolezza di tale estraneità (sez. II, n. 34147
del 30 aprile 2015, Agostino, Rv. 264624; sez. V, n. 2653 del
13 ottobre 2015, dep. 2016, Paron, Rv. 265926).
Sul punto, si ritiene indispensabile richiamare il pas-
saggio motivazionale della sentenza “Mannino”, esplicitato
a pagina 29, in cui le Sezioni unite affermavano «l’astratta
conf‌igurabilità della fattispecie di concorso “eventuale” di
persone, rispetto a soggetti diversi dai concorrenti neces-
sari in senso stretto, in un reato necessariamente pluri-
soggettivo proprio, quale è quello di natura associativa».
Ne consegue che la funzione incriminatrice «dell’art. 110
c.p. (mediante la combinazione della clausola generale in
essa contenuta con le disposizioni di parte speciale che
prevedono le ipotesi-base di reato) consente di dare rile-
vanza e di estendere l’area della tipicità e della punibilità
alle condotte, altrimenti atipiche, di soggetti “esterni” che
rivestano le caratteristiche suindicate» (sez. un., n. 33478
del 12 luglio 2005, Mannino, cit.).
Ne discende che, ferma restando l’assenza di discre-
zionalità del giudice dell’esecuzione nel conformarsi alle
decisioni della Corte EDU imposta dalla previsione dell’art.
46 CEDU limitatamente al caso di cui si controverte - con la
sola eccezione della ricorrenza di contro limiti (Corte cost.,
sent. n. 348, cit.), insussistenti nel caso di specie - tali ri-
chiami non appaiono utilizzabili nella direzione ermeneu-
tica invocata dalla difesa di Esti e non risultano esportabili
nell’ordinamento italiano, il quale non contempla la possi-
bilità di fattispecie di creazione giurisprudenziale.
Sul punto, non si può che richiamare un ulteriore pas-
saggio della decisione di legittimità che si sta conside-
rando, esplicitato a pagina 10, in cui si affermava che «il
nostro ordinamento non conosce la creazione di matrice
giurisprudenziale di fattispecie incriminatrici [...]» (sez.
l, n. 43112 del 6 luglio 2017, Contrada, cit.).
Ne deriva che, anche sotto tale ulteriore prof‌ilo, l’e-
sportazione dei principi affermati dalla Corte EDU nella
decisione del caso Contrada alla vicenda processuale og-
getto di vaglio non può ritenersi consentita alla stregua
dei parametri ermeneutici affermati da questa Corte (sez.
l, n. 43112 del 6 luglio 2017, Contrada, cit.).
3.3. Le considerazioni esposte nei paragraf‌i precedenti
impongono di ritenere non rilevante ai presenti f‌ini la que-
stione di legittimità costituzionale dell’art. 673 c.p.p., in
riferimento agli artt. 25 e 117 Cost., proposta dalla difesa
di A.E. in via subordinata al mancato accoglimento della
doglianza principale, nella parte in cui tale disposizione
non prevede espressamente l’ipotesi della revoca della
sentenza di condanna, come conseguenza della portata
generale delle decisioni emesse dalla Corte EDU.
Deve anzitutto ribadirsi che la portata generale dei
principi affermati dalla Corte EDU nel caso Contrada
contro Italia deve essere esclusa, con la conseguenza che
l’assunto da cui muove la difesa di A.E., ai f‌ini dell’inci-
dente di costituzionalità in esame, risulta contrastante
con quanto esposto nei paragraf‌i precedenti.
A queste dirimenti considerazioni deve aggiungersi che
tale possibilità era stata prospettata anche nel procedi-
mento Contrada ed era stata esclusa - per ragioni certa-
mente applicabili al caso in esame - sul presupposto, che,
come evidenziato a pagina 11 della decisione in esame, gli
argomenti esaminati rendevano «irrilevante la questione
di legittimità costituzionale dell’art. 673 c.p.p., in riferi-
mento agli artt. 25 e 117 Cost., proposta da Contrada in
via subordinata, nella parte in cui tale disposizione non
prevede l’ipotesi della revoca della sentenza di condanna
per le decisioni emesse dalla Corte EDU».
Non sussistono, in ogni caso, contrasti interpretativi
in ordine all’applicazione dell’istituto revocatorio previ-
sto dall’art. 673 c.p.p. alle ipotesi assimilabili a quelle in
esame.
Nel caso di specie, invero, non vi è alcuno spazio per
revocare il giudicato di condanna presupposto, riguardan-
te la sentenza emessa dalla Corte di appello di Roma il
14 novembre 2008, nella direzione invocata dalla difesa di
A.E., la cui eliminazione non è consentita facendo applica-
zione dei principi affermati agli artt. 666 e 670 c.p.p., che
governano i poteri di cui dispone il giudice di esecuzione
per garantire la legalità delle pronunce irrevocabili (sez.
un., n. 42858 del 29 maggio 2014, Gatto, cit.; sez. un., n.
34472 del 24 ottobre 2013, Ercolano, cit.).
La decisione della Corte EDU, peraltro, non lascia spa-
zio per interventi del giudice italiano, differenti da quelli
adottabili ai sensi degli artt. 666 e 670 c.p.p., occupando-
si la pronuncia del 14 febbraio 2015 dei soli prof‌ili cen-
sori sollevati da Bruno Contrada nel giudizio svoltosi in
sede sovrannazionale, riguardanti la violazione dell’art. 7
CEDU, la domanda di equa soddisfazione e i danni patiti
per effetto del processo conclusosi con la sentenza irrevo-
cabile presupposta.
4. Per queste ragioni, il ricorso proposto da A.E. deve
essere rigettato, con la conseguente condanna del ricor-
rente al pagamento delle spese processuaIi. (Omissis)

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