Corte di Cassazione Penale sez. III, 6 marzo 2018, n. 10161 (ud. 16 maggio 2017)

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giur giur
Rivista penale 5/2018
LEGITTIMITÀ
5/2018 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
al soddisfacimento di debiti diversi da quello erariale).
(Mass. Redaz.) (d.l.vo 10 marzo 2000, n. 74, art. 13) (1)
(1) Per un inquadramento del reato di sottrazione fraudolenta si
vedano Cass. pen., sez. III, 23 settembre 2013, n. 39079, in www.latri-
bunaplus.it e Cass. pen., sez. III, 18 maggio 2011, n. 19595, in questa
Rivista 2012, 1038.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 27 maggio 2016 la Corte di appello
di Trento, in accoglimento del ricorso in appello del Pro-
curatore della Repubblica presso il Tribunale di Trento,
ha riformato la sentenza di primo grado che aveva assol-
to G.C. dal reato di cui all’art. 11 D.L.vo 74/2000 perchè
il fatto non sussiste, ritenendola colpevole, in qualità di
legale rappresentante della s.r.l. E., di sottrazione fraudo-
lenta al pagamento dell’imposta IVA relativa all’anno 2008
oltre accessori, maturata dalla società per complessivi €
135.341,01 per avere alienato, anziché porre in liquidazio-
ne la società, tutti i suoi cespiti in favore della s.a.s. P. di
C.G. & c. di cui lei stessa era amministratrice alla som-
ma di € 51.246. L’imputata è stata quindi condannata alla
pena di sei mesi di reclusione, avendo la Corte ritenuto
che l’eseguita vendita avesse def‌initivamente disperso i
beni della società, costituenti l’intangibile garanzia patri-
moniale in favore dei creditori, e così vanif‌icato la possibi-
lità per l’Erario di soddisfare il proprio credito, per essere
stata la somma incassata destinata a pagamenti vari, ma
non a quello tributario.
Avverso la suddetta sentenza l’imputata ha proposto
ricorso per cassazione articolando un unico motivo con il
quale deduce, in relazione al vizio di violazione di legge ri-
ferito all’art. 11 D.L.vo 74/2000, che, rispetto ad un opera-
zione di compravendita commerciale del tutto trasparente
quale quella intercorsa tra la s.r.l. E. e la s.a.s P. di cui lei
stessa era amministratrice, occorreva, al f‌ine di integrare
la f‌inalità fraudolenta richiesta dal reato in contestazione,
un quid pluris volto a conf‌igurare l’ingannevolezza della
condotta dissimulata dalla eseguita alienazione: la sua na-
tura f‌ittizia risultava invece esclusa dal prezzo di vendita
dei cespiti societari, che era stato stimato congruo rispet-
to ai valori di mercato dai giudici di primo grado, senza
che la Corte di appello avesse evidenziato alcun ulteriore
elemento a dimostrazione della frode ai danni dell’erario,
né addotto alcun argomento che comprovasse che la f‌inali-
tà perseguita attraverso la suddetta operazione fosse quel-
la di sottrarre garanzie patrimoniali al f‌isco. AI contrario,
dalla documentazione contabile aziendale non risultava
alcun dato equivoco, né f‌igurava dalle schede relative alla
situazione dei cespiti alcun segno negativo in relazione
alla differenza riportata per ogni singolo bene tra il valore
iniziale ed il successivo decremento. Ha pertanto insistito
per l’annullamento della sentenza impugnata e la confer-
ma della pronuncia assolutoria resa in primo grado.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La fattispecie incriminatrice di cui all’art. 11 D.L.vo
74/2000, con la quale il legislatore ha inteso evitare che
il contribuente si sottragga al suo dovere di concorrere
alle spese pubbliche sottraendo il proprio patrimonio, co-
stituente la garanzia generica dell’obbligato, alle ragioni
dell’Erario rendendo in tutto o in parte ineff‌icace la pro-
cedura di riscossione coattiva, prevede ai f‌ini del suo per-
fezionamento due condotte alternative costituite o dalla
vendita simulata dei propri beni o atti fraudolenti posti
in essere al f‌ine indicato. Mentre la prima non pone par-
ticolari problemi interpretativi dovendosi ricorrere alle
nozioni mutuate dall’ordinamento civile, secondo le quali
è tale il negozio caratterizzato da una preordinata diver-
genza tra la volontà dichiarata e quella reale, ovverosia al-
lorquando il programma contrattuale non corrisponde de-
liberatamente in tutto (simulazione assoluta) o in parte
(simulazione relativa) alla effettiva volontà dei contraenti
(sez. III, n. 3011 del 5 luglio 2016 - dep. 20 gennaio 2017,
Di Tullio, Rv. 268798), per contro la nozione di atto fraudo-
lento, ricorrente quando invece il trasferimento del bene
sia effettivo, ha dato adito a plurime interpretazioni: si è
infatti ritenuto che con tale accezione debba intendersi
un’alienazione che sebbene effettiva, sia tuttavia idonea
a rappresentare una realtà (la riduzione del patrimonio
del debitore) non corrispondente al vero, mettendo a re-
pentaglio o comunque rendendo più diff‌icoltosa l’azione di
recupero del bene per l’Erario (sez. III, n. 3011 del 5 luglio
2016 cit.), o, diversamente, la sussistenza di uno strata-
gemma artif‌icioso del contribuente tendente a sottrarre,
in tutto o in parte, le garanzie patrimoniali alla riscossione
coattiva del debito tributario (sez. III, n. 19595 del 9 feb-
braio 2011 - dep. 18 maggio 2011, Vichi, Rv. 250471), o, an-
cora una condotta atta a vanif‌icare l’esito dell’esecuzione
tributaria coattiva la quale non conf‌igura un presupposto
della condotta, in quanto è prevista dalla legge solo come
evenienza futura che la condotta, idonea, tende a neutra-
lizzare (sez. III, n. 14720 del 6 marzo 2008 - dep. 9 aprile
2008. PM in proc. Ghiglia, Rv. 239970).
L’alternatività della condotta richiesta ai f‌ini del per-
fezionamento del reato rispetto alla vendita simulata fa sì
che, invece, il carattere fraudolento debba investire tutti
gli altri atti volti a disperdere la garanzia patrimoniale del
creditore e, dunque, tutti gli atti lato sensu dispositivi dei
beni ivi ricompresi. Poiché tuttavia la garanzia patrimo-
niale del creditore è già assistita sul piano civilistico dalla
speciale azione di cui all’art. 2901 c.c. ovverosia dall’actio
revocatoria, esperibile allorquando il debitore rechi pre-
giudizio alle ragioni del creditore, e dunque allorquando
venga posto in essere in condizioni di insuff‌icienza dei
beni a garantire le ragioni del creditore (eventus damni)
un atto dispositivo dei propri beni con la consapevolezza
di arrecare un nocumento al creditore stesso (scientia
damni o consilium fraudis), occorre per incorrere nella
responsabilità penale prevista dalla disposizione in esame
che l’atto dispositivo sia connotato dalla peculiare f‌inalità
indicata dalla stessa norma come fraudolenta: il concet-
to di frode evocato dalla norma presuppone, invero, non
soltanto la lesione di un diritto altrui, che connota l’atto
pregiudizievole in sè, ma altresì la specif‌ica modalità at-
traverso la quale viene tale lesione effettuata, ovverosia
l’inganno atto a conf‌igurare una situazione di apparenza
A differenti conclusioni deve invece pervenirsi quan-
to alla usura in danno del F.; la corte di appello àncora
l’ultima erogazione alla data dell’1 novembre 2002 (vedi
pagina 9 sentenza di secondo grado), ritenendo rilevante
la maturazione degli interessi in data successiva anche in
presenza di ulteriori richieste di pagamento avanzate nel
tempo dal C.. Tuttavia, per le considerazioni già espresse,
tali condotte non paiono idonee ad affermare la sussisten-
za dei presupposti per l’operatività dell’art. 644 ter c.p. che
richiede immancabilmente per la protrazione del termine
di prescrizione l’effettiva riscossione di somme, siano esse
a titolo di capitale che di interessi. Mancando nel caso di
specie prova di tali riscossioni, deve necessariamente farsi
riferimento all’ultimo momento individuato dalla corte di
appello e cioè all’1 novembre 2002 come momento consu-
mativo f‌inale ed alla pena allora vigente per il reato di usu-
ra aggravata pari come detto ad anni 6, aumentati della
metà per effetto del riconoscimento della aggravante ad
anni 9, prorogati di un quarto per effetto dell’interruzione
e così sino ad anni 11 e mesi 3 cui va aggiunto il periodo di
sospensione in precedenza citato per un termine comples-
sivo f‌inale pari ad anni 13, mesi 1 e giorni 10. Sommato tale
periodo a quello di consumazione dei fatti il termine f‌inale
di prescrizione va f‌issato al 16 dicembre 2015 e cioè esat-
tamente dopo la emissione della sentenza di appello ed in
pendenza del presente ricorso per cassazione. Nè può de-
dursi che in tal caso applicando la nuova disciplina della
prescrizione introdotta dalla legge n. 251 del 2005 ma la
vecchia pena vigente al momento della consumazione dei
fatti si produrrebbe l’effetto di applicare simultaneamente
disposizioni diverse; questa corte in tema di prescrizione
del reato di usura commesso anteriormente il dicembre
del 2005 ha già statuito che la disciplina della prescrizione
più favorevole in riferimento ai reati di usura commessi
prima dell’entrata in vigore della L. n. 251 del 2005, la qua-
le ha contestualmente modif‌icato i termini di prescrizione
dei reati in generale ed ha aumentato la pena detentiva
edittale massima per il reato di usura portandola da sei
a dieci anni, è quella contenuta nell’indicata novella. E
la Corte ha escluso in motivazione che l’applicazione del
nuovo più breve termine prescrizionale parametrato alla
pregressa più lieve pena si risolva nella indebita creazione
di una “tertia lex” (sez. II, n. 26312 del 22 giugno 2010,
Rv. 247743). Difatti l’unica disciplina che va applicata
“in blocco” senza possibilità di interpretazione cumulata
è quella della prescrizione che va applicata o interamen-
te nella versione anteriore ovvero in quella successiva le
modif‌iche della c.d. legge Cirielli; viceversa quanto alla
determinazione della pena edittale massima sulla quale
poi calcolare il termine di prescrizione vale il principio
fondamentale dettato all’art. 2 comma quarto c.p. secondo
cui se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le
posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni
sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata
sentenza irrevocabile. Deve pertanto essere affermato che
in caso di consumazione del reato di usura anteriormente
alla entrata in vigore della legge c.d. Cirielli del dicem-
bre 2005, il termine di prescrizione va calcolato facendo
riferimento alla disciplina più favorevole prevista dagli
artt. 157 e seguenti ma la pena edittale su cui calcolarlo
è quella prevista dalla previgente disciplina dell’art. 644
c.p. con gli eventuali aumenti per le aggravanti ad effetto
speciale. Ne deriva affermare l’annullamento della sen-
tenza impugnata limitatamente al capo n. 6 della rubrica,
l’usura in danno del F., con rinvio alla Corte di appello di
Reggio Calabria per la rideterminazione della pena, essen-
do tale fatto individuato come reato più grave nel calcolo
della continuazione. Ai sensi dell’art. 578 c.p.p. avendo la
domanda principale avanzata dal ricorrente non trovato
accoglimento anche per quanto attiene la fattispecie di
usura in danno del F., la cui esistenza risulta verif‌icata
all’esito dei due gradi di giudizio di merito, ne consegue la
conferma integrale delle statuizioni civili. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 6 MARZO 2018, N. 10161
(UD. 16 MAGGIO 2017)
PRES. AMOROSO – EST. GALTERIO – P.M. ROMANO (DIFF.) – RIC. C.
Tributi e f‌inanze (in materia penale) y Reati
f‌inanziari in genere y Accertamento y Reato di sot-
trazione fraudolenta al pagamento di imposte y De-
terminazione y Condizioni y Fattispecie relativa a
vendita da parte dell’imputato delle attrezzature
della società da lui amministrata.
. Non può ritenersi conf‌igurabile il reato di sottrazione
fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 del D.L.vo
n. 74/2000) per il solo fatto che il debitore d’imposta
abbia posto in essere atti dispositivi di propri beni, pur
così rendendo maggiormente diff‌icoltosa ed incerta l’e-
sazione del credito da parte del f‌isco, occorrendo inve-
ce, perché possa dirsi integrata la f‌inalità fraudolenta
necessaria per la sussistenza di detto reato, che l’atto
dispositivo sia caratterizzato da un “quid pluris”, ovve-
rossia dalla modalità ingannevole attraverso la quale
esso viene realizzato giacchè, altrimenti, il concetto
di atto fraudolento verrebbe a dilatarsi oltre misura
f‌ino a far coincidere i presupposti del reato con quelli
dell’azione revocatoria civile, frustrando, in contrasto
con la stessa “littera legis”, la f‌inalità perseguita dal
legislatore penale che consiste nella punibilità del con-
tribuente che intenzionalmente sottrae con modalità
fraudolente i beni facenti parte del proprio patrimonio
riducendo la garanzia del Fisco e così neutralizzando,
secondo una prognosi da effettuarsi ex ante, in tutto
od in parte la fruttuosità di una eventuale procedura
esecutiva. (Nella specie, in applicazione di tali prin-
cipi, la Corte ha censurato la decisione del giudice
d’appello che, in riforma della pronuncia assolutoria di
primo grado, aveva affermato la sussistenza del reato
in un caso in cui l’imputato aveva effettuato la vendita,
a prezzo di mercato, delle attrezzature della società da
lui amministrata destinando quindi la somma ricavata

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