Corte di Cassazione Penale sez. III, 5 aprile 2018, n. 15133 (C.C. 17 novembre 2017)

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giur giur
Rivista penale 5/2018
LEGITTIMITÀ
5/2018 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni
idonei a rendere in tutto o in parte ineff‌icace la procedu-
ra di riscossione coattiva. Se l’ammontare delle imposte,
sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si
applica la reclusione da un anno a sei anni».
5.1. Come già affermato da questa Corte, «l’intero
D.L.vo n. 74 del 2000 codif‌ica condotte ciascuna poten-
zialmente idonea a ledere, da angolazioni diverse, il me-
desimo ed unico bene giuridico, individuato, come detto,
nel dovere di concorrere alle spese pubbliche (e di ga-
rantire, conseguentemente, il f‌lusso di beni necessario
a farvi fronte). A tal f‌ine il legislatore ha selezionato le
fasi dell’obbligazione tributaria, dalla genesi alla sua ese-
cuzione, ritenute essenziali al suo corretto adempimen-
to individuandole nell’obbligo (strumentale al corretto
adempimento dell’obbligazione tributaria) di dichiarare i
fatti costitutivi dell’obbligazione e il suo oggetto e di farlo
in modo corrispondente al vero, nell’obbligo di adempiere
all’obbligazione tributaria nei tempi e modi previsti, nel-
la necessità (strumentale) di documentare fedelmente
le operazioni f‌iscalmente rilevanti che incidono sull’an e
sul quantum dell’obbligazione tributaria stessa e nel do-
vere di conservare tale documentazione, nella necessità
di preservare la riscossione del credito erariale da attività
volte a depauperare in modo fraudolento la garanzia co-
stituita dal patrimonio del debitore. L’art. 11, comma 1,
D.Lvo n. 74 del 2000 si ascrive a quest’ultima fase della
vita dell’obbligazione tributaria. Attraverso l’incriminazio-
ne della condotta da esso prevista il legislatore ha inteso
evitare che il contribuente si sottragga al suo dovere di
concorrere alle spese pubbliche creando una situazione
di apparenza tale da consentirgli di rimanere nel posses-
so dei propri beni fraudolentemente sottratti alle ragioni
dell’Erario (cfr., sul punto, sez. III, n. 36290 del 18 maggio
2011, Cualbu, Rv. 251077, secondo cui l’oggetto giuridico
del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di impo-
ste non è il diritto di credito del f‌isco, bensì la garanzia ge-
nerica data dai beni dell’obbligato, potendo quindi il reato
conf‌igurarsi anche qualora, dopo il compimento degli atti
fraudolenti, avvenga comunque il pagamento dell’imposta
e dei relativi accessori). L’antecedente storico immediato
e diretto della norma in questione è costituito dall’art. 97,
D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 che, come sostituito dal-
l’art. 15, legge 30 dicembre 1991, n. 413, così recitava: «II
contribuente che, al f‌ine di sottrarsi al pagamento delle
imposte, interessi, soprattasse e pene pecuniarie dovuti,
ha compiuto, dopo che sono iniziati accessi, ispezioni e ve-
rif‌iche o sono stati notif‌icati gli inviti e le richieste previsti
dalle singole leggi di imposta ovvero sono stati notif‌icati
atti di accertamento o iscrizioni a ruolo, atti fraudolen-
ti sui propri o su altrui beni che hanno reso in tutto o in
parte ineff‌icace la relativa esecuzione esattoriale, è punito
con la reclusione f‌ino a tre anni. La disposizione non si
applica se l’ammontare delle somme non corrisposte non
è superiore a lire 10 milioni». La diversità strutturale delle
due fattispecie, sin da subito segnalata da questa Corte
(sez. III, n. 17071 del 4 aprile 2006, De Nicolo, Rv. 234322),
è evidente: scompare, nella nuova, ogni riferimento alla
necessità dell’effettivo avvio di un qualsiasi accertamento
f‌iscale e non è più conseguentemente richiesto che l’azio-
ne comprometta effettivamente l’esecuzione esattoriale,
essendo suff‌iciente che sia idonea a renderla ineff‌icace
(sulla conseguente natura di reato di pericolo concreto la
giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidata; cfr.,
da ultimo, sez. III, n. 35853 del 11 maggio 2016, Calvi, Rv.
267648, che ha affermato che il delitto in questione è reato
di pericolo, integrato dall’uso di atti simulati o fraudolenti
per occultare i propri o altrui beni, idonei a pregiudica-
re - secondo un giudizio “ex ante” - l’attività recuperato-
ria della amministrazione f‌inanziaria; nonché, sez. III, n.
13233 del 24 febbraio 2016, Pass, Rv. 266771, con richiami
ai numerosi precedenti conformi); fa ingresso, nella fatti-
specie, la condotta di “alienazione simulata”, che costitui-
sce modalità alternativa al compimento di atti fraudolenti
sui propri o altrui beni» (così, in motivazione, sez. III, n.
3011 del 5 luglio 2016, Di Tullio).
5.2. Del resto, sulla natura di reato di pericolo del reato
in questione, questa Corte non ha mai nutrito dubbi (oltre
sez. III, n. 35853 del 2016, cit., cfr. anche sez. III, n. 23986
del 5 maggio 2011, Pascone, Rv. 250646; sez. III, n. 40561
del 4 aprile 2012, Soldera, Rv. 253400) e proprio per que-
sta ragione non possono essere condivise le conseguenze
che il Tribunale trae dalla previsione della cd. “soglia di
punibilità”. Il fatto che il legislatore ha inteso selezionare,
ai f‌ini penalistici, solo le condotte che pongono in pericolo
la riscossione di imposte (ovvero sanzioni e interessi ad
essi relativi) complessivamente superiori all’ammontare
di 50.000,00 euro, non autorizza l’interpretazione secondo
la quale anche il valore del bene simulatamente alienato
deve essere superiore a detto ammontare. È il dato testua-
le che priva di fondamento tale tesi: la possibilità che la
procedura di riscossione possa essere anche “solo in parte”
pregiudicata dalla condotta fraudolenta comporta neces-
sariamente che il valore del bene possa essere inferiore
al credito erariale agito, e poiché la “soglia di punibilità”
riguarda il credito e non il bene, è arbitrario ritenere che
il suo superamento costituisca predicato di entrambi. Il
credito erariale, insomma, deve poter essere riscosso nella
sua interezza. L’interpretazione fornita dal tribunale (che
non pare avere precedenti nemmeno nella giurisprudenza
di merito, certamente non in quella di legittimità) porte-
rebbe alla creazione di un’inammissibile zona franca costi-
tuita dalla differenza tra l’importo complessivo del debito
erariale e la “soglia di punibilità”, così che il contribuente
sarebbe sostanzialmente legittimato a diminuire la garan-
zia del debito erariale (e dunque la sua possibilità di re-
cupero per intero) con alienazioni simulate penalmente
indifferenti se il valore dei beni sottratti è ogni volta infe-
riore a 50.000,00 euro. Conseguenza ancora più assurda se,
ipotizzando, un credito di imposta pari a 50.100,00 euro, la
sottrazione di beni di valore complessivo pari a 49.000,00
euro sarebbe penalmente irrilevante benché idonea a pre-
giudicare la riscossione del credito nella sua interezza e
certamente a pregiudicarla in parte.
5.3. Quel che conta, in ultima analisi, è che la condotta
sia davvero idonea a frustrare il diritto di credito erariale e
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 5 APRILE 2018, N. 15133
(C.C. 17 NOVEMBRE 2017)
PRES. RAMACCI – EST. ACETO – P.M. MARINELLI (DIFF.) – RIC. P.M. IN PROC. S.
Tributi e f‌inanze (in materia penale) y Impo-
sta sui redditi y Omessa dichiarazione y Sottrazio-
ne fraudolenta al pagamento delle imposte y Atti
di disposizione del patrimonio volti alla sottrazio-
ne al debito tributario y Valore dei beni sottratti y
Quantif‌icazione ai f‌ini della sussistenza del reato y
Valore superiore alla soglia di punibilità di 50.000
euro y Necessità y Esclusione.
. In tema di sottrazione fraudolenta al pagamento di
imposte (art. 11 del D.L.vo 10 marzo 2000 n. 74), è da
escludere che, ai f‌ini della sussistenza del reato, occor-
ra che il valore dei beni sottratti superi la soglia di pu-
nibilità f‌issata dalla norma in euro 50.000, riferendosi
questa soltanto all’ammontare delle imposte dovute.
(Mass. Redaz.) (d.l.vo 10 marzo 2000, n. 74, art. 11) (1)
(1) Offre un esempio di esclusione della conf‌igurabilità del reato
in oggetto Cass. pen., sez. III, 13 febbraio 2017, n. 6591, in www.
latribunaplus.it, che sottolinea la rilevanza di una transazione f‌i-
scale concordata ai sensi dell’art. 182-ter legge fallimentare, ove
omologata prima della consumazione del reato coincidente con la
data di scadenza prevista per il versamento omesso. Sulla natura
del reato de qua si vedano Cass. pen., sez. III, 31 agosto 2016, n.
35853, ibidem e Cass. pen., sez. III, 1 aprile 2016, n. 13233, ibidem.
Cfr. sull’argomento Cass. pen., sez. III, 7 luglio 2010, n. 25875 in que-
sta Rivista 2010, 988, che evidenzia come rilevi il mancato versamen-
to della somma che superi la soglia di euro cinquantamila, quando si
riferisca alla somma corrispondente al totale delle ritenute effettua-
te nell’anno di riferimento.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Palermo ricorre per l’annullamento dell’ordinanza dell’11
luglio 2017 del Tribunale del riesame che ha annullato il
provvedimento del 6 giugno 2017 del Giudice per le indagi-
ni preliminari di quello stesso tribunale che, sulla ritenuta
sussistenza indiziaria del reato di cui all’art. 11 D.L.vo n.
74 del 2000, aveva ordinato il sequestro preventivo dell’im-
mobile, sito in (Omissis), venduto dalla società «(Omissis)
S.r.l.» a G.S., fratello del legale rappresentante, al prezzo
concordato di 10.000,00 euro, inferiore a quello stimato
come congruo oscillante tra 33.000,00 e 44.000,00 euro.
1.1. Con unico motivo eccepisce, ai sensi dell’art 606,
lett. b), c.p.p., l’erronea applicazione dell’art. 11 D.L.vo n.
74 del 2000. Deduce, al riguardo, che il Tribunale ha con-
fuso la cd. soglia di punibilità, relativa all’imposta evasa,
con il prof‌itto del reato che corrisponde, nel caso di spe-
cie, alla differenza tra il valore del bene e l’importo effet-
tivamente corrisposto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. Il ricorso è fondato.
3. Con ordinanza del 6 giugno 2017, il G.i.p. del Tribu-
nale di Palermo, decidendo conformemente alla richiesta
del pubblico ministero, aveva ordinato, tra l’altro, il seque-
stro preventivo di un immobile di proprietà della società
«(Omissis) S.r.l.» venduta a G.S., fratello del legale rap-
presentante della società, ad un prezzo ritenuto inferiore a
quello ritenuto congruo. La contestazione provvisoria ipo-
tizza che la vendita era stata effettuata al f‌ine di eludere il
pagamento delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto,
ovvero di interessi o sanzioni amministrative relative a
dette imposte per un valore complessivo di duecentomila
euro. Secondo il Tribunale, avuto riguardo alla “ratio” e
al bene protetto dalla norma (il corretto funzionamento
della procedura esecutiva), poiché «la norma richiede
(...) come elemento costitutivo della fattispecie, l’idonei-
tà dell’operazione (simulata o fraudolenta) a rendere in
tutto o in parte ineff‌icace la procedura di riscossione coat-
tiva, la concreta pericolosità della condotta dipenderà an-
che dalla quantità (e dal controvalore) dei beni sui quali
si compie l’azione. In sostanza, la cd. soglia [di punibilità]
rappresenta l’ammontare del debito tributario che il sog-
getto agente si propone di non adempiere, tramite la con-
dotta tipizzata, sottraendosi alla procedura esecutiva per
una somma (minima) pari a tale entità. In altre parole e
per essere ancora più espliciti e chiari, la “soglia” concreta
rappresenta il presumibile danno patito dall’Erario a se-
guito delle manovre fraudolente del soggetto agente, ossia
il valore che potrebbe recuperare, a seguito della proce-
dura di riscossione coattiva, da quei beni che l’agente ha
alienato simulatamente, o mediante atti fraudolenti, ha
comunque voluto sottrarre alla pretesa f‌iscale. In def‌initi-
va, l’oggettività del reato comporta l’esistenza di un debito
tributario che superi i cinquantamila euro e, contestual-
mente, che i beni sottratti siano superiori alla stessa cifra
e possano compromettere la riscossione per un importo
superiore alla cifra medesima, mentre il dolo presuppone
l’esistenza (e la rappresentazione) di un debito tributario
che superi i cinquantamila euro e, contestualmente, la
consapevolezza che i beni sottratti presumibilmente siano
superiori alla stessa cifra e possano compromettere la ri-
scossione per un importo superiore alla cifra medesima».
Ne consegue - conclude il Tribunale - che poiché il valore
stimato dell’immobile alienato simulatamente non è su-
periore a 50.000,00 euro, «l’operazione in contestazione
non può compromettere la riscossione tributaria per un
importo superiore o pari alla cifra costituente la “soglia”
indicata dall’art. 11, in esame».
3.1. Il Procuratore della Repubblica contesta siffatta
interpretazione dell’art. 11 D.L.vo n. 74 del 2000 ed ecce-
pisce che, in realtà, il legislatore non ha indicato alcuna
soglia per il prof‌itto perseguito dall’autore del reato me-
diante la condotta tipica, rilevando anche l’ineff‌icacia par-
ziale della procedura di riscossione.
4. Il ricorso è fondato.
5. L’art. 11, comma 1, D.L.vo n. 74 del 2000 recita: «È pu-
nito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque,
al f‌ine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o
sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni ammini-
strative relativi a dette imposte di ammontare complessi-
vo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente

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