Corte di Cassazione Penale sez. III, 28 marzo 2017, n. 15221 (ud. 23 novembre 2016)

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giur
Rivista penale 5/2017
LEGITTIMITÀ
variazione, consentono al progettista di non riportarle
nello “stato di fatto” del progetto presentato a f‌ini urba-
nistico-edilizi. L’eterogeneità dei f‌ini (tributario il primo,
conformità dell’opera agli strumenti urbanistici, il secon-
do) è evidente e non necessita ulteriori spiegazioni.
3.5. V’è piuttosto da aggiungere che, in materia urba-
nistica-edilizia, la necessità dell’accertamento della cd.
“doppia conformità” dell’opera agli strumenti urbanistici
vigenti sia al momento della realizzazione dell’opera stes-
sa che a quello della presentazione della domanda, rende
ancora più stringente la necessità che lo “stato di fatto”
del progetto rappresenti in modo assolutamente fedele la
reale consistenza dell’immobile.
4. È invece fondato il secondo motivo.
4.1. Premesso che nella specie oggetto della condotta
materiale è una planimetria relativa allo “stato di fatto”,
più volte questa Corte ha affermato il principio che le
planimetrie presentate a corredo della richiesta di cer-
tif‌icazioni o autorizzazioni, redatte, secondo le vigenti
disposizioni, dall’esercente una professione necessitante
speciale autorizzazione dello Stato, hanno natura di cer-
tif‌icato, poiché assolvono la funzione di dare alla pubblica
amministrazione una esatta informazione dello stato dei
luoghi. Ne consegue che rispondono del delitto previsto
dall’articolo 481 c.p. il professionista che redige le plani-
metrie e la committente che f‌irma la domanda fondata
sulla documentazione infedele (sez. V, n. 5098 del 8 marzo
2000, Stenico, Rv. 216056; sez. V, n. 15860 del 21 marzo
2006, Stivalini, Rv. 234601; sez. III, n. 30401 del 23 giugno
2009, Zazzaro, Rv. 244588).
4.2. Erroneamente, pertanto, i Giudici di merito han-
no ritenuto conf‌igurabile il delitto di cui all’art. 483, c.p.,
punito con pena più grave poiché, come detto, lo “stato
di fatto” di progetto non è destinato a provare la verità di
quanto in esso rappresentato, ma solo a fornire una cor-
retta informazione, potendo in qualsiasi momento la pub-
blica amministrazione effettuare autonomi accertamenti.
4.3. Occorre piuttosto precisare che l’art. 20, comma 13,
D.P.R. n. 380 del 2001, punisce con pena ancor più severa
la condotta di «chiunque, nelle dichiarazioni o attestazio-
ni o asseverazioni di cui al comma 1, dichiara o attesta fal-
samente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al
medesimo comma è punito con la reclusione da uno a tre
anni». In questo caso, oggetto materiale della falsità non è
il progetto allegato alla domanda di permesso di costruire,
bensì la specif‌ica dichiarazione del progettista abilitato
«che asseveri la conformità del progetto agli strumenti
urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi
vigenti, e alle altre normative di settore aventi incidenza
sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, alle
norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-
sanitarie, alle norme relative all’eff‌icienza energetica».
4.4. È evidente il diverso ambito applicativo delle due
fattispecie poiché alla prima (art. 481, c.p.) è totalmente
estraneo l’ambito valutativo; il professionista, nello “stato
di fatto” non esprime giudizi, descrive la realtà. La seconda
fattispecie, invece, incrimina proprio una falsa attestazione
che presuppone necessariamente un giudizio di conformità.
4.5. Ne consegue che, qualif‌icato il fatto ai sensi del-
l’art. 481, c.p., ferma restando l’irrevocabile affermazione
della responsabilità dell’imputato, la sentenza impugnata
deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di
Trento, altra Sezione, per la rideterminazione del tratta-
mento sanzionatorio. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 28 MARZO 2017, N. 15221
(UD. 23 NOVEMBRE 2016)
PRES. AMORESANO – EST. RENOLDI – P.M. POLICASTRO (CONF.) – RIC. CAMPESI
Persona f‌isica y Diritto alla riservatezza y Trat-
tamento illecito di dati personali y Diffusione dei
dati da parte di privato cittadino y Ipotesi di reato
y Conf‌igurabilità y Sussistenza y Fattispecie in tema
di diffusione in ambito condominiale di una notizia
di reato attribuita al portiere dello stabile.
. Dà luogo alla conf‌igurabilità del reato di cui all’art.
167 del D.L.vo n. 196/2003 sulla tutela della “privacy”,
la condotta consistita nel diffondere in ambito condo-
miniale la notizia di un procedimento penale penden-
te a carico del portiere per un reato asseritamente da
lui commesso in danno dell’agente, il quale, con tale
condotta, abbia inteso acquisire consensi a sostegno
della sua iniziativa volta a far sì che nei confronti del
medesimo portiere venissero adottati provvedimenti
disciplinari. (Mass. Redaz.) (d.l.vo 30 giugno 2003, n.
196, art. 167) (2)
(2) Nello stesso senso si veda Cass. pen., sez. III, 1 giugno 2011, n.
21839, in questa Rivista 2012, 806. Peraltro, parte della giurispruden-
za sostiene che il reato di trattamento illecito di dati personali non
può ravvisarsi se l’utilizzo dei dati avviene per f‌ini esclusivamente
personali; si veda in tal senso Cass. pen., sez. III, 9 luglio 2013, n.
29071, in Ius&Lex dvd n. 1/2017, ed. La Tribuna.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Roberto Campesi era stato tratto a giudizio, davanti
al Tribunale di Palermo, per avere, in concorso con Cateri-
na Cullé, trattato, senza alcuna autorizzazione, i dati giu-
diziari di Giovanni Perna attraverso “missive e volantini”
rivolti ai condomini dello stabile sito in Palermo, via Au-
sonia n. 3, al f‌ine di recare un pregiudizio alla reputazione
dello stesso Perna, compromettendo, nel contempo, il se-
reno svolgimento, da parte della persona offesa, dell’atti-
vità lavorativa di portiere addetto al predetto stabile; fatti
accertati a Palermo a partire dal 22 marzo 2007.
Con sentenza in data 21 ottobre 2011 il Tribunale di
Palermo, ricondotti i fatti sopra indicati al delitto di cui
all’art. 167 del D.L.vo n. 196 del 2003, lo aveva condannato
alla pena di un anno e otto mesi di reclusione; pronuncia
confermata dalla Corte d’appello di Palermo con sentenza
in data 22 maggio 2014.
1.1. Secondo quanto era emerso nel corso del giudizio di
merito, tra Campesi e Perna vi erano stati, in precedenza,
rapporti molto tesi, culminati in una denuncia per lesioni

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