Corte di Cassazione Penale sez. III, 30 marzo 2017, n. 15865 (ud. 31 gennaio 2017)

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giur
5/2017 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
Infatti il decreto (atto complesso, contenente la deci-
sione di rimpatrio dello straniero extracomunitario e la im-
posizione all’espulso del divieto di reingresso nel territorio
dello Stato) è stato emesso dalla autorità amministrativa
in conformità della legge vigente all’epoca della emissione
e ha, quindi, avuto regolare esecuzione. Sicché resta in-
sensibile alle sopravvenute modif‌iche normative. Mentre
lo ius superveniens - senza, peraltro, porsi in rapporto di
assoluta inconciliabilità con quello previgente assume in-
cidenza esclusivamente sugli effetti ancora in essere del
provvedimento, cioè, in relazione alla durata del divieto
(non ancora cessato), la quale deve essere contenuta ex
lege entro il limite ordinario stabilito dalla direttiva e, ora,
dalla novella che l’ha recepita, così da non superare, fatti
salvi i casi particolari previsti, i cinque anni.
Si deve, in conclusione, affermare il seguente princi-
pio di diritto: “integra il reato di cui all’art. 13, comma 13,
D.L.vo n. 286 del 1998 la condotta dello straniero extra-
comunitario il quale, espulso col divieto di rientrare nel
territorio dello Stato, senza speciale autorizzazione, per la
durata di dieci anni, in base alla legge precedente la entra-
ta in vigore dell’art. 11 par. 2 della direttiva 2008/115/CE
del Parlamento europeo [e dell’art 13, comma 14, D.L.vo n.
286 del 1998, come sostituito da ultimo dall’art. 3, comma
1, lett. c), n. 9), del D.L. 23 giugno 2011, n. 89, convertito,
con modif‌icazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 129], tra-
sgredisca facendo rientro in Italia, senza autorizzazione,
prima che dalla esecuzione della espulsione sia decorso
un periodo di cinque anni, pari al massimo del termine
ordinario del divieto di rientro previsto dalla normativa
vigente”.
3. La Corte di appello - dando conto in fatto, secondo
la condivisa lettura delle evidenze disponibili operata dal
Tribunale, che l’imputato, imbarcato il 28 maggio 2009 su
una motonave diretta in Albania, in esecuzione del prov-
vedimento prefettizio del 26 maggio 2009, era stato con-
trollato dai Carabinieri in data 11 maggio 2013 in Poggio
a Caiano, entro cinque anni dal suo allontanamento coat-
tivo - ha evidenziato, esattamente interpretando le norme
applicate, alla stregua del principio di diritto testé enun-
ciato, che sussisteva il delitto previsto dalla norma incri-
minatrice, oggetto di contestazione, per essere l’imputato
rientrato in Italia nel quinquennio dalla sua espulsione.
Il Giudice a quo ha esattamente rimarcato che in tale
minore limite temporale dovevano ritenersi contenuti gli
effetti del divieto di reingresso, stabilito alla stregua del
provvedimento amministrativo trasgredito in relazione al
maggior termine di dieci anni, senza, peraltro, prescin-
dere dal considerare con logiche ed esaustive annotazio-
ni - in risposta alle doglianze difensive, riproposte con il
ricorso, afferenti alla graduabilità della durata del divie-
to, secondo l’attuale normativa, in un periodo compreso
tra tre e cinque anni e alla sua interpretabilità in senso
favorevole con applicazione del limite temporale minimo
- che il provvedimento impositivo del divieto è da ritenere
“operante in tutte le sue parti ad eccezione della durata
massima”, riguardo alla quale, che attiene non all’atto
ma ai suoi effetti, deve essere disapplicato, riducendosi
la durata del divieto a cinque anni, e che, in ogni caso,
il riferimento alla durata più breve di tre anni sarebbe in
contrasto con il contenuto dell’atto amministrativo, che,
in presenza di una normativa che pur consentiva, come
già rilevato, una graduazione della durata del divieto, ha
applicato il divieto nella misura massima di dieci anni.
4. II ricorso deve essere, conclusivamente, rigettato,
con condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 30 MARZO 2017, N. 15865
(UD. 31 GENNAIO 2017)
PRES. SAVANI – EST. ACETO – P.M. ORSI (CONF.) – RIC. RIZZO
Inquinamento y Rif‌iuti y Danno ambientale y Accer-
tamento y Inquinamento ambientale ex art. 452 bis
c.p. y Conf‌igurabilità y Condizioni y Compromissione
e deterioramento dei beni y Signif‌icativa e misura-
bile y Determinazione y Irreversibilità del danno y
Elemento essenziale y Esclusione y Reato ex art.
452 quater c.p. y Distinzione.
. Ai f‌ini della conf‌igurabilità del reato di inquinamento
ambientale di cui all’art. 452 bis c.p. è necessario e suf-
f‌iciente, quanto all’evento, che i beni protetti risultino
oggetto di “una compromissione o un deterioramento
signif‌icativi e misurabili” (endiadi con la quale si inten-
de coprire ogni possibile forma di "danneggiamento"),
ravvisabili anche in assenza del carattere della irrever-
sibilità come pure in presenza di una preesistente com-
promissione che ancora non abbia assunto il suddetto
carattere (dovendosi altrimenti ravvisare il più grave
reato di cui all’art. 452 quater c. p.), e dovendosi, per
converso, escludere che dal solo superamento dei limi-
ti tabellari f‌issati dalle norme antinquinamento derivi
automaticamente la “signif‌icatività” del danno prodot-
to; quanto al requisito dell’ “abusività” della condotta,
che questa sia in contrasto con qualsivoglia disposizio-
ne, ancorchè di carattere meramente amministrativo,
che disciplini l’esercizio delle attività nell’ambito delle
quali la condotta medesima si colloca, pur quando si
tratti di disposizioni che, come nel caso dello scarico
di impianti per il trattamento di acque ref‌lue urbane,
indichino soltanto come “consigliabile” l’osservanza
di determinati limiti quali, nella specie, quelli con-
cernenti la presenza del batterio “Escherichia coli”.
(Mass. Redaz.) (c.p., art. 452 bis; c.p., art. 452 quater)
(1)
(1) Per una determinazione del concetto di danneggiamento si ve-
dano Cass. pen., sez. III, 14 aprile 2016, n. 15460, in questa Rivista
2017, 288; Cass. pen., sez. II, 31 maggio 2012, n. 20930, ivi 2013, 959 e
Cass. pen., sez. II, 29 luglio 2005, n. 28793, ivi 2006, 844. Per quanto
riguarda il carattere dell’abusività nel trattamento dei rif‌iuti e delle
sostanze inquinanti si veda Cass. pen., sez. III, 4 novembre 2013, n.
44449, in Ius&Lex dvd n. 1/2017, ed. La Tribuna.

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