Corte di Cassazione Penale sez. VI, 29 settembre 2016, n. 40745 (ud. 23 giugno 2016)

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4/2017 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. VI, 29 SETTEMBRE 2016, N. 40745
(UD. 23 GIUGNO 2016)
PRES. ROTUNDO – EST. BASSI – P.M. LOY (CONF.) – RIC. B. (AVV. PALOMBI)
Abusivo esercizio di una professione y Profes-
sione sanitaria y Optometrista y Misurazione della
vista e apprestamento di lenti correttive y Conf‌igu-
rabilità del reato y Esclusione.
. Non integra il reato di abusivo esercizio della profes-
sione di medico oculista la condotta del medico-opto-
metrista che si limiti alla misurazione della vista e alla
predisposizione di lenti correttive nei casi di miopia e
di presbiopia, senza compiere valutazioni di carattere
diagnostico o svolgere attività terapeutiche dirette non
già a rimediare a semplici disfunzioni della funzione vi-
siva, ma ad una vera e propria malattia. (Fattispecie in
cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza
che aveva affermato la responsabilità del medico opto-
metrista che aveva approntato interventi terapeutici e
dato indicazioni circa i controlli cui il paziente avrebbe
dovuto sottoporsi in futuro). (c.p., art. 348)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello
di Ancona ha confermato la sentenza del 10 ottobre 2012,
con la quale - all’esito del giudizio abbreviato - il Tribunale
di Macerata ha condannato M.B. alla pena di due mesi di
reclusione con sospensione condizionale, per il reato di
esercizio abusivo della professione di medico oculista.
2. Ricorre avverso la sentenza l’Avv. Elio palombi, di-
fensore di f‌iducia del B., e ne chiede l’annullamento per
inosservanza ed erronea applicazione di legge penale e
vizio di motivazione. Lamenta il ricorrente che la Corte
ha errato nel ritenere integrato a carico del B. il reato di
esercizio abusivo della professione di medico oculista, in
quanto l’imputato, quale optometrista, era legittimato a
svolgere compiti di rilevazione dei difetti visivi in assenza
di una vera e propria malattia oculare, dovendosi l’iperme-
tropia del paziente rilevata nella specie qualif‌icare come
mera disfunzione visiva, dal momento che questi era co-
munque già stato visitato da un oculista dell’ospedale di
Ravenna che aveva escluso qualsiasi fatto organico e non
aveva ritenuto necessarie indagini per accertare eventuali
patologie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
2. Ed invero, l’impugnazione poggia su motivi di puro
merito tesi a sollecitare una rivisitazione della ricostruzio-
ne dei fatti e, soprattutto, della valutazione circa la natura
dell’attività dispiegata dal B. nella vicenda sotto lente.
3. Mette conto rimarcare che, secondo l’insegnamento
espresso da questo Giudice della nomof‌ilachia, “l’optome-
tria consiste semplicemente nella misurazione della vista
(anche attraverso strumenti più o meno sof‌isticati), e
nella scelta, caso per caso, quali, tra le tante variazioni
possibili, siano - se esistenti - le lenti necessarie per la
correzione di quel singolo difetto: è un’attività dedicata
non agli strumenti ottici, ma direttamente alla misura-
zione di quella lente naturale costituita dal cristallino
dell’occhio, si tratta, soprattutto, di un’attività che non è
regolata dalla legge, ed il cui esercizio - allo stato attuale
della normativa - deve, proprio per questo, ritenersi libero,
lecito anche penalmente, per la semplice ragione che non
sussiste nessuna norma positiva che lo vieti, a condizio-
ne che non venga invaso l’ambito, strettamente curativo,
riservato al medico oculista, e, naturalmente, che non
vengano effettuate manovre che possano provocare anche
indirettamente danni o lesioni al cliente. Si deve ritene-
re, infatti, in base ai principi generali, che l’optometrista
non possa in nessun caso praticare la propria attività in
presenza di malattie oculari in senso proprio (e non di
semplici disfunzioni della funzione visiva), e quando la
sua opera possa comportare danni personali, diretti o in-
diretti, al cliente (e non la semplice inutilizzabilità di un
apparecchio ottico inadatto). In simili ipotesi da un punto
di vista strettamente penalistico potrebbero conf‌igurarsi
peraltro altre ipotesi criminose (come quella di lesioni o
altro), piuttosto che quella, ora in esame, dell’esercizio
abusivo di una professione” (sez. VI, dell’11 aprile 2001,
n. 27853 Mombelli, in motivazione). “La sfera di attività
professionale consentita all’optometrista non deve essere
def‌inita con riferimento, in negativo a quella consentita
all’ottico, ma va ricondotta una ad una ricognizione in po-
sitivo, dell’attività riservata al medico oculista, ed alla suc-
cessiva valutazione dell’eventuale invasione di tale campo
attribuibile all’imputato, che, sola, può realizzare il fatto
tipico punito dalla norma incriminatrice. Di conseguenza
non può considerarsi preclusa all’optometrista l’attività
di misurazione della vista, e di apprestare, confezionare e
vendere - senza preventiva ricetta medica - occhiali e len-
ti correttive non solo per i casi di miopia e di presbiopia,
ma - al contrario dell’ottico - anche nel casi di astigmati-
smo, ipermetropia ed afachia” (sez. VI, n. 9089 del 3 aprile
1995, Schirone, Rv. 202273, in motivazione).
Di recente, questa Corte ha escluso l’integrazione del
reato di abusivo esercizio della professione di medico ocu-
lista in relazione alla condotta del medico-optometrista
che si limiti alla misurazione della vista e alla predispo-
sizione di lenti correttive nei casi di miopia e di presbio-
pia, senza compiere valutazioni di carattere diagnostico o
svolgere attività terapeutiche dirette non già a rimediare a
semplici disfunzioni della funzione visiva, ma ad una vera
e propria malattia (sez. VI, n. 26609 del 29 aprile 2009,
Sarti, Rv. 244467; sez. VI, n. 35101 del 24 giugno 2003, Sar-
ti, Rv. 226598),
4. Di tali coordinate ermeneutiche ha fatto corretta
applicazione il Collegio di merito. Ed invero, dopo avere
premesso che le doglianze dell’appellante si fondano sull’i-
nesatto presupposto dell’attribuzione all’attività dell’opto-
metrista di una qualunque competenza operativa anche
diagnostica riferibile al difetto visivo della ipometropia,
la Corte distrettuale ha bene esplicitato le ragioni in for-
za delle quali abbia ritenuto che B. abbia posto in essere

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