Corte di Cassazione Penale sez. V, 17 febbraio 2017, n. 7620 (ud. 24 ottobre 2016)

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giur
Rivista penale 4/2017
LEGITTIMITÀ
manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimen-
to della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in
sede di giudizio di rinvio (sez. II, n. 10173 del 16 dicembre
2014, dep. 11 marzo 2015, Rv. 263157)
5. Poichè non è possibile procedere in questa sede alla
rideterminazione della pena in ordine al residuo reato di
esercizio abusivo della professione, gli atti debbono essere
trasmessi a tale f‌ine alla Corte d’appello di Firenze.
6. Il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese
del presente grado di giudizio in favore delle parti civili,
spese che si ritiene equo liquidare, in considerazione della
natura della causa e degli argomenti trattati, in euro 2.000
oltre accessori di legge. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. V, 17 FEBBRAIO 2017, N. 7620
(UD. 24 OTTOBRE 2016)
PRES. FUMO – EST. GUARDIANO – P.M. CASELLA (DIFF.) – RIC. ZOPPO ED ALTRO
Reati fallimentari y Bancarotta fraudolenta y
Bancarotta per distrazione y Emissione di fatture
per operazioni inesistenti y Da parte dell’impresa
fallita y Mancato incremento patrimoniale a favo-
re dell’emittente y Omessa indicazione della desti-
nazione dell’eventuale incremento patrimoniale y
Conf‌igurabilità y Esclusione.
. Non può ritenersi sussistente il reato di bancarotta
fraudolenta per distrazione per il solo fatto che l’im-
pressa fallita abbia emesso fatture per operazioni ine-
sistenti quando non risulti che da tale emissione sia
derivato un incremento patrimoniale, ancorchè tem-
poraneo, in favore dell’emittente, e della destinazione
del medesimo non sia stata data giustif‌icazione. (Mass.
Redaz.) (r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 216) (1)
(1) Per un inquadramento del reato in oggetto si veda Cass. pen.,
sez. V, 6 ottobre 2010, n. 35882, in questa Rivista 2011, 1221. Nello
stesso senso della pronuncia in commento si veda Cass. pen., sez. V,
10 dicembre 2014, n. 51248, in Ius&Lex dvd n. 2/2016, ed. La Tribuna.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appel-
lo di Milano, in parziale riforma della sentenza con cui il
giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di
Busto Arsizio, in data 24 maggio 2011, decidendo in sede
di giudizio abbreviato, aveva condannato Zoppo Giuseppe,
nella sua qualità sia di presidente del consiglio di ammini-
strazione e di amministratore unico di fatto della società
calcistica “Pro Patria S.r.l.”, dichiarata fallita l’1 aprile
2009, che di amministratore unico della “CZG Consulting
s.r.l.”, detentrice della maggioranza del capitale sociale
della fallita, e Ceravolo Francesco alle pene, principale ed
accessorie, ritenute di giustizia in relazione ai reati di cui
agli artt. 81, cpv., 216, comma 2, n. 1, 219, 223, L. fall. (capo
A); 81, cpv., 61, n. 2, c.p., 8 D.L.vo n. 74 del 2000 (capo B);
61, n. 2, 81, 485, 56, 640, c.p. (capo C), tutti contestati al
solo Zoppo, nonché al reato di cui agli artt. 110, c.p., 216,
comma 2, n. 2), L. fall. (capo D), contestato allo Zoppo
ed al Ceravolo come commesso in concorso tra loro e con
Ceravolo Cataldo, f‌iglio di Ceravolo Francesco, assolveva
lo Zoppo dai reati di cui ai capi D), riqualif‌icato il fatto
ai sensi dell’art. 232, L. fall. (domanda di ammissione di
crediti simulati senza il concorso del fallito), per non ave-
re commesso il fatto, e B), perchè il fatto non costituisce
reato, rideterminando in senso più favorevole all’imputato
il trattamento sanzionatorio, così come rideterminava in
senso più favorevole al Ceravolo Francesco il trattamen-
to sanzionatorio applicatogli in ordine al delitto di cui al
capo D), come riqualif‌icato, confermando nel resto la sen-
tenza impugnata.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui
chiedono l’annullamento, hanno proposto tempestivo ri-
corso per cassazione, a mezzo dei loro rispettivi difensori
di f‌iducia, entrambi gli imputati, con autonomi atti di im-
pugnazione.
2.1. Lo Zoppo, in particolare, nel ricorso a f‌irma dell’avv.
Angelo Colucci, del Foro di Milano, lamenta violazione di
legge e vizio di motivazione, in ordine alla sussistenza del
reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distra-
zione di cui al capo A), in quanto, con particolare riferi-
mento alla condotta indicata sub A5), consistente nell’a-
vere emesso fatture per operazioni inesistenti allo scopo
di simulare l’esistenza di un credito di 700.000,00 euro,
essa non può ritenersi idonea ad integrare il reato di cui
si discute, posto che a tale emissione non ha fatto seguito
un incremento del patrimonio della fallita, senza tacere,
da un lato, che, come si evince dalle dichiarazioni di Tom-
maso Radaelli, l’intera operazione “fatture” è stata ideata
e gestita non dal ricorrente, ma da Zoppo Ciro, dall’altro,
che, nel caso in esame, non è conf‌igurabile l’aggravante
della pluralità dei fatti di bancarotta, trattandosi di un
solo reato, che va considerato unitariamente, nonostante
si sia articolato in più segmenti.
2.2. Il Ceravolo Francesco, nel ricorso a f‌irma dell’avv.
Luigi Chiappero, del Foro di Milano, lamenta, in relazione
al reato di cui all’art. 232, L. Fall., violazione di legge e
vizio di motivazione sotto un duplice prof‌ilo, evidenzian-
do, da un lato, la carenza assoluta della motivazione della
corte territoriale in ordine alla ritenuta insussistenza del
credito oggetto di insinuazione al passivo fallimentare
della società calcistica fallita, nonché la mancata rispo-
sta alle questioni poste dall’imputato nell’atto di appello,
volte a contestare la ritenuta insussistenza del credito in
questione, desunta erroneamente dalla circostanza che la
somma oggetto del credito risultava superiore all’ingaggio
annuale del giocatore assistito dal Cataldo, laddove, come
si evidenziava nei motivi di appello, il compenso del pro-
curatore legale è legato a quello del giocatore da quest’ul-
timo assistito, solo quando il procuratore abbia agito per
conto del calciatore e non quando, come nel caso in esame
il Cataldo, si sia agito per conto della società calcistica cui
è destinato il calciatore; dall’altro l’errore di diritto in cui
è incorsa la corte territoriale, per avere ritenuto integrato
il reato di cui si discute pur trattandosi, come specif‌icato
nei motivi di appello, di un credito non simulato nella sua

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