Corte di Cassazione Penale sez. II, 27 gennaio 2017, n. 3935 (ud. 12 gennaio 2017)

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giur
3/2017 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
introdotto, in epoca successiva alla commissione dei fatti
per cui è processo, dagli artt. 4-bis e 4-vicies-ter del D.L.
del 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con modif‌icazioni
dall’art. 1, comma 1, della legge del 21 febbraio 2006, n. 49.
Le disposizioni in questione, infatti, sono state dichia-
rate costituzionalmente illegittime dalla Corte costituzio-
nale con sentenza n. 32 del 12 febbraio 2014. Ne consegue,
come correttamente rilevato dai giudici di secondo grado,
che non può farsi luogo, ai sensi dell’art. 2, comma 4, c.p.,
all’applicazione delle disposizioni colpite dalla declarato-
ria di incostituzionalità, la quale, secondo quanto stabilito
dagli artt. 136 Cost. e 30 della legge n. 87/53, ha eff‌icacia
retroattiva.
In argomento, deve, infatti, essere affermato il seguente
principio di diritto: “la norma dichiarata incostituzionale,
ove più favorevole, può continuare ad applicarsi, per il
principio del favor rei, soltanto ai fatti commessi sotto la
sua apparente vigenza, ma non anche ai fatti che siano sta-
ti commessi sotto la vigenza della normativa precedente,
dovendo escludersi che una norma costituzionalmente il-
legittima possa determinare un trattamento più favorevole
anche con riferimento a fatti pregressi, posti in essere nel
vigore della normativa più severa” (v., negli stessi termini,
la sentenza n. 394 del 23 novembre 2006 della Corte costi-
tuzionale), rappresentando l’effetto in malam partem “una
conseguenza dell’automatica riespansione della norma ge-
nerale o comune, dettata dallo stesso legislatore, al caso
già oggetto di una incostituzionale disciplina derogatoria”
(così, in motivazione, sez. V, n. 22023 del 24 aprile 2013,
dep. 22 maggio 2013, P.G. in proc. Pizzitola, Rv. 255386).
Sulla base di tali argomenti, ritiene il Collegio che
debba condividersi la decisione della Corte territoriale di
fare luogo alla applicazione del trattamento sanzionato-
rio della reclusione da otto a venti anni e della multa da
25.822 a 258.228 euro, previsto dal comma 1 dell’art. 73
D.P.R. n. 309/90 nella versione antecedente all’entrata in
vigore delle norme dichiarate incostituzionali; con conse-
guente reiezione del relativo motivo di censura.
4. Per quanto, inf‌ine, concerne il quantum della dimi-
nuzione da apportare con le attenuanti generiche, deve ri-
levarsi come la graduazione della pena, anche in relazione
agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze
aggravanti ed attenuanti, rientri nella discrezionalità del
giudice di merito, il quale la esercita, così come per f‌issare
la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt.
132 e 133 c.p.. Per tale motivo, deve considerarsi inammis-
sibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad
una nuova valutazione della congruità della pena la cui
determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragio-
namento illogico e sia sorretta da suff‌iciente motivazione
(così sez. V, n. 5582 del 30 settembre 2013, dep. 4 febbraio
2014, Ferrario, Rv. 259142; sez. III, n. 1182 del 17 ottobre
2007, dep. 11 gennaio 2008, Cilia e altro, Rv. 238851). E a
quest’ultimo proposito, deve altresì richiamarsi l’orienta-
mento accolto da questa Corte secondo cui il giudice, con-
cessa un’attenuante, non ha l’obbligo di esporre le ragioni
per le quali la pena non è stata ridotta nella misura massi-
ma soltanto quando nel caso in cui diminuisca la pena in
misura prossima al massimo consentito dalla legge (sez.
IV, n. 48541 del 28 novembre 2013, dep. 4 dicembre 2013,
Lange, Rv. 258100; sez. II, sentenza n. 1490 del 22 novem-
bre 1995, dep. 8 febbraio 1996, Di Matteo, Rv. 203731).
Nel caso di specie, i giudici di appello hanno specif‌i-
cato le ragioni per le quali hanno ritenuto di contenere
la misura della riduzione di pena per effetto del ricono-
scimento delle attenuanti di cui all’art. 62-bis c.p., facen-
do riferimento al dato relativo alla “pessima personalità”,
quale emergente dal certif‌icato penale e, in generale, alla
“mancanza di una qualsivoglia altra pregnante ragione che
si rif‌letta a favore dell’imputato”; con ciò dovendo ritener-
si assolto l’onere motivazionale incombente sul giudice di
merito prima richiamato.
5. Consegue alle argomentazioni che precedono il ri-
getto del ricorso, in quanto infondato, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. II, 27 GENNAIO 2017, N. 3935
(UD. 12 GENNAIO 2017)
PRES. DAVIGO – EST. SGADARI – P.M. STABILE (PARZ. DIFF.) – RIC. DI MONACO
ED ALTRI
Possesso ingiustif‌icato di valori y Articolo 12
quinquies del D.L. n. 306 del 1992 y Concorso y Con
il reato di autoriciclaggio ex art. 648 ter 1 c.p. y
Conf‌igurabilità y Sussistenza y Elementi costitutivi
y Individuazione.
. Il reato di intestazione f‌ittizia di beni, previsto dal-
l’art. 12 quinquies del D.L. n. 306/1992, conv. con modif.
in legge n. 356/1992, concorre con il reato di autorici-
claggio, previsto dall’art. 648 ter 1 c.p., dal momento
che quest’ultimo non presuppone e non implica che
l’autore della condotta in esso indicata ponga in essere
anche un trasferimento f‌ittizio ad un terzo dei cespiti
rivenienti dal reato presupposto. (Mass. Redaz.) (d.l.
8 giugno 1992, n. 306, art. 12 quinquies; c.p., art. 648
ter1) (1)
(1) Per utili riferimenti sull’argomento si vedano Cass. pen., sez. II,
28 luglio 2016, n. 33076, in questa Rivista 2017, 198, che ammette
che il trasferimento fraudolento di valori possa fungere da reato pre-
supposto ai delitti di cui agli artt. 648 bis e 648 ter c.p. e Cass. pen.,
sez. un., 13 giugno 2014, n. 25191, ivi 2015, 202, secondo la quale
la disposizione di cui all’art. 12 quinquies, citata nella pronuncia in
commento, consente di perseguire anche i fatti di "auto" ricettazio-
ne, riciclaggio o reimpiego.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di
Napoli, in parziale riforma della sentenza del 2 maggio
2012 del Tribunale di Benevento, rideterminando la pena
inf‌litta ai ricorrenti, previa concessione delle circostan-
ze attenuanti generiche, confermava la responsabilità
di Di Monaco Mauro e Cocilovo Marco per il reato di cui
all’art. 12 quinquies legge 7 agosto 1992 n. 356 (capi B e C,

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