Corte di Cassazione Penale sez. VI, 14 dicembre 2016, n. 52888 (ud. 7 ottobre 2016)

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Rivista penale 2/2017
LEGITTIMITÀ
alla predisposizione del campanello in entrata, tanto che
il malvivente dapprima suonò il campanello per farsi apri-
re e poi fece accedere i suoi complici. In tal senso questa
Corte ha affermato che ai f‌ini dell’integrazione della circo-
stanza aggravante di cui all’art. 628, comma terzo, n. 3 bis,
c.p., costituisce “luogo di privata dimora” ogni ambiente
in cui la persona autorizzata a soggiornarvi sia titolare di
uno “ius excludendi alios” e che sia in concreto idoneo a
sottrarre il soggetto da ingerenze esterne e a proteggere il
diritto alla riservatezza (sez. II, n. 20200/2016, Rv. 266759;
sez. II, n. 30419/2016, Rv. 267411).
7. Quanto poi al trattamento sanzionatorio il giudice
di secondo grado si è avveduto dell’errore in cui è incor-
so il primo giudice nella comparazione delle circostanze
attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis c.p., con le cir-
costanze aggravanti, in violazione del divieto di cui all’art.
628 u.c. c.p., senza poter intervenire a causa del divieto di
reformatio in peius e ciò ha fatto lucrare al ricorrente un
trattamento di maggior favore del quale egli non ha inte-
resse a dolersi. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. VI, 14 DICEMBRE 2016, N. 52888
(UD. 7 OTTOBRE 2016)
PRES. CONTI – EST. CALVANESE – P.M. PINELLI (CONF.) – RIC. FERRARINI
Abusivo esercizio di una professione y Profes-
sione forense y Firma di atto da parte di un lega-
le abilitato y Attività riservata al professionista
iscritto all’albo y Ipotesi di reato ex art. 348 c.p. y
Sussistenza.
. Costituisce esercizio abusivo della professione legale
lo svolgimento dell’attività riservata al professionista
iscritto nell’albo degli avvocati, anche nel caso in cui
l’agente, come nel caso in esame, abbia adottato lo
stratagemma di far f‌irmare l’atto tipico, da lui predi-
sposto, da un legale abilitato. (Mass. Redaz.) (c.p., art.
348) (1)
(1) In senso analogo si veda Cass. pen., sez. VI, 10 dicembre 2007,
n. 46067, in questa Rivista 2008, 931. Conferma la pronuncia in com-
mento Cass. civ. sez. un. 28 gennaio 2005, n. 1727, in Ius&Lex dvd n.
2/2016, ed. La Tribuna.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza del 20 novembre 2015, la Corte di ap-
pello di Milano confermava la sentenza pronunciata dal
Tribunale di Milano, che aveva dichiarato Roberto Riccar-
do Giovanni Ferrarini responsabile del reato di abusivo
esercizio della professione.
All’imputato era stato contestato di aver abusivamente
esercitato la professione di avvocato in una causa di divor-
zio, nonostante fosse stato radiato dall’albo degli avvocati
nel dicembre 2008.
Era stato accertato che l’imputato aveva seguito, sin
dalla f‌ine del 2009, la pratica di divorzio di Marco Tarchini,
che lo credeva avvocato, in quanto ricevuto nel suo studio
ove più targhe erano apposte (sul cancello e sulla porta
di ingresso) che riportavano ancora la sua qualità (ovve-
ro «studio legale» dell’«avv. Ferrarini»): in tale veste, f‌ir-
mandosi quale «avv. Ferrarini», aveva inviato nel gennaio
2010 alla controparte una missiva per il tentativo di con-
ciliazione, qualif‌icandosi come avvocato al quale era stato
conferito «mandato» per la valutazione della possibilità di
una regolamentazione stragiudiziale; aveva presentato un
ricorso ex art. 709 ter c.p.c. (di cui si aveva riscontro dalla
missiva inviata dal legale della controparte e dalla fattu-
ra emessa dallo stesso imputato) e aveva predisposto un
ricorso per il divorzio, che veniva tuttavia presentato in
cancelleria da un avvocato, Paolo Ferrario (che operava
nel suo studio), in virtù di una delega che il cliente aveva
rilasciato sulla base di pretestuose richieste dell’imputato
(era troppo stanco e vecchio per frequentare il Tribuna-
le).
Era stato altresì accertato che il cliente aveva avuto
rapporti solo con l’imputato, curando con lui la stesura
del ricorso per il divorzio; che, anche dopo il rilascio della
delega all’avv. Ferrario, l’imputato aveva continuato ad oc-
cuparsi della pratica (come dimostrava la missiva dell’av-
vocato della controparte del giugno 2010 rivolta ad en-
trambi i legali); e che la fattura di euro 1.404 per tutte le
prestazioni effettuate («ricorso per divorzio giudiziale» e
«ricorso ex art. 709 ter c.p.c.») era stata rilasciata dall’im-
putato, mentre l’avvocato Ferrario, che aveva sottoscritto
gli atti ed curato il loro deposito, aveva soltanto fatturato
il modesto importo di 300 euro.
In sede di appello, l’imputato aveva contestato che l’at-
tività compiuta potesse essere ricondotta nel paradigma
dell’art. 348 c.p.
La Corte di appello riteneva che venisse in consi-
derazione non solo l’attività stragiudiziale compiuta
dall’imputato, ma anche quella difensiva giudiziale, solo
formalmente riferibile ad un avvocato abilitato, ma di
fatto condotta - per svariati mesi, con la predisposizione
di appositi mezzi, quali lo studio, la carta intestata e la
collaborazione di un praticante, e in modo remunerativo
dall’imputato anche con l’interlocuzione con il cliente
sulla strategia da seguire. Ne era comprova la circostanza
che le tariffe forensi all’epoca vigenti prevedevano tra le
voci della «attività giudiziale» anche la fase preparatoria
di studio della controversia, di consultazioni con il cliente
e di redazione e preparazione di atti.
Secondo la Corte adita, non assumeva rilevanza l’atto
di transazione sottoscritto dal cliente Tarchini nel febbra-
io 2014, nel quale questi aveva attribuito al solo avvocato
abilitato ogni attività defensionale esperita in suo favore,
escludendo ogni intervento dell’imputato, in quanto il pri-
mo aveva riferito in udienza che aveva f‌irmato quello che
l’imputato gli aveva sottoposto, essendo soltanto interes-
sato a rientrare del danno. (omissis)
2. Avverso la suddetta sentenza, ricorre per cassazione
il difensore dell’imputato, chiedendone l’annullamento
per i seguenti motivi:
- travisamento di una prova decisiva (art. 606, comma
1, lett. e, c.p.p.): la Corte di appello avrebbe travisato la

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