Corte di Cassazione Penale sez. II, 1 dicembre 2016, n. 51334 (C.C. 23 novembre 2016)

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giur
2/2017 Rivista penale
CONTRASTI
di condanna con la quale viene applicata la pena del lavo-
ro di pubblica utilità, il giudice si avvale dell’elenco degli
enti convenzionati”) per rendere conoscibile gli Enti con-
venzionati (art. 7 Decr. cit.: “Entro un mese dalla emana-
zione del presente decreto è istituito, presso ogni cancel-
leria di tribunale, un elenco di tutti gli enti convenzionati
che hanno, nel territorio del circondario, una o più sedi
ove il condannato può svolgere il lavoro di pubblica utilità
oggetto della convenzione. L’elenco è aggiornato per ogni
nuova convenzione ovvero per ogni cessazione di quelle
già stipulate”).
Secondo la prospettazione difensiva, non occorreva
una collaborazione da parte del condannato, potendo il
G.i.p. direttamente accedere al detto Elenco, se istituito;
a nulla sarebbe occorsa la mera disponibilità raccolta dal
condannato, dovendo trattarsi di Ente convenzionato col
Tribunale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è fondato.
2. Ai sensi dell’art. 186, comma 9 bis, c.d.s., non è ri-
chiesta alcuna istanza dell’imputato ai f‌ini della sostitu-
zione del lavoro di pubblica utilità alla pena inf‌litta, essen-
do suff‌iciente la sua non opposizione.
Non assume perciò rilievo che, l’imputato possa, di sua
iniziativa, sollecitare e richiedere quel benef‌icio. Rilevano
la cornice normativa nella quale tale istanza si inserisce
nell’ambito dell’istituto di riferimento, come delineato dal
legislatore, ed il corollario che ne scaturisce: la legge non
pone affatto obblighi di sorta in capo all’imputato, come
quelli indicati nell’ordinanza impugnata.
Essa non postula affatto una situazione diversa (cui far
conseguire obblighi diversi) da quella ipotizzata di “non
opposizione”.
Se non è necessaria un’esplicita richiesta dell’imputa-
to, ma è suff‌iciente solo la sua non opposizione; nel caso
in esame resa ancor più evidente dalla sollecitata istanza
in tal senso, non si comprende per quali ragioni l’imputato
medesimo dovrebbe essere gravato dell’obbligo di indicare
“l’ente presso cui si intenda svolgere l’attività, il consenso
di tale ente, il piano di lavoro concordato unitamente al
calendario delle giornate lavorative necessarie a coprire
l’entità della pena sostituita, ecc.”, in fase esecutiva (conf.
sez. IV, 3 aprile 2012 n. 19162, Pontello, Rv. 252684; sez. IV,
2 febbraio 2012 n. 4927, Ambrosi, Rv. 251956)
Una volta che egli abbia manifestato la “non opposi-
zione”, addirittura chiedendo quel benef‌icio, la legge non
gli impone alcun obbligo determinativo delle modalità di
esecuzione dello stesso, spettante solo a chi, nella mera
non opposizione del destinatario, quel benef‌icio si deter-
mini a disporre.
La situazione non muta in conseguenza della sopravve-
nuta irrevocabilità della sentenza di condanna.
Anche la mancata stipulazione di convenzioni da parte
del Tribunale (o la cessazione delle stesse) non comporta
un ulteriore onere di ricerca da parte del condannato, pri-
vo del potere e degli strumenti di individuazione dell’ente.
Eventuali ritardi imputabili esclusivamente alle pub-
bliche istituzioni, qualora effettivamente ricorrenti, non
possono ricadere sul condannato, che solo per questi al-
trui inadempimenti si vedrebbe negato il benef‌icio in que-
stione.
3. L’ordinanza impugnata, pertanto, va annullata, con
rinvio al G.i.p. del Tribunale di Avellino, il quale si uni-
formerà al principio di diritto sopra esposto, che questa
Corte di cassazione enuncia ai sensi dell’art. 173, comma
2, disp. att. c.p.p.. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. II, 1 DICEMBRE 2016, N. 51334
(C.C. 23 NOVEMBRE 2016)
PRES. DAVIGO – EST. AGOSTINACCHIO – P.M. DI NARDO (CONF.) – RIC. P.G. IN
PROC. SECHI
Truffa y Aggravanti y Truffa in danno dello Stato
o altro ente pubblico y Indebita percezione di ero-
gazioni a danno dello Stato y A titolo di indennità
per malattia, assegni familiari e cassa integrazio-
ne guadagni y Conf‌igurabilità y Nel caso di f‌ittizia
esposizione delle somme corrisposte al lavoratore y
Da parte del datore di lavoro y Sussistenza.
. Rientra nelle previsioni di cui all’art. 316 ter c.p., e
non in quelle di cui agli artt. 640 e 646 c.p., la condot-
ta del datore di lavoro che, mediante la f‌ittizia espo-
sizione di somme corrisposte al lavoratore a titolo di
indennità per malattia, assegni familiari e cassa inte-
grazione guadagni, ottenga dall’I.N.P.S. il conguaglio
di tali somme, in realtà non corrisposte, con quelle da
lui dovute all’istituto a titolo di contributi previdenziali
e assistenziali, così percependo indebitamente dallo
stesso istituto le corrispondenti erogazioni. (Mass. Re-
daz.) (c.p., art. 316 ter; c.p., art. 640; c.p., art. 646) (1)
(1) Sulla natura del reato ex art. 316 ter si veda Cass. pen., sez. VI,
21 agosto 2013, n. 35220, in Ius&Lex dvd n. 2/2016, ed. La Tribuna.
Per una distinzione tra il reato in oggetto e il reato di truffa si veda
Cass. pen., sez. II, 27 novembre 2012, n. 46064, in questa Rivista 2013,
1282. In realtà le Sezioni Unite hanno tracciato i conf‌ini tra la f‌igura
criminosa di cui all’art. 316 ter c.p. e quella di cui all’art. 640 c.p
attraverso due signif‌icative pronunce; si veda Cass. pen., sez. un.,
27 aprile 2007, n. 16568, in Ius&Lex dvd n. 2/2016, ed. La Tribuna,
con cui le Sezioni Unite hanno statuito che l’introduzione nel codi-
ce penale dell’articolo in oggetto, risponde all’intento di estendere
la punibilità a quelle condotte “decettive” manifestatasi a danno di
enti pubblici, non incluse nelle fattispecie di truffa aggravata, con la
conseguenza che l’applicabilità dell’art. 316 ter è ristretta ad ipotesi
marginali in cui comunque non venga ad esservi un vero e proprio
inganno o un’induzione in errore dell’autore della disposizione pa-
trimoniale. Secondo una più recente pronuncia, Cass. pen., sez. un.,
25 febbraio 2011, n. 7537, in questa Rivista 2012, 130, la suprema
Corte, pur confermando la linea tracciata nella precedente sentenza,
ha sottolineato l’inserimento del reato ex art. 316 ter c.p. tra i delitti
contro la P.A., evidenziando la volontà del legislatore di perseguire la
percezione sine titulo delle indebite erogazioni, senza che vengano
rilevate particolari destinazioni “funzionali” e ricomprendendo tutte
le attività di contribuzione ascrivibili a tali enti, non solo attraverso
attribuzioni non dovute, ma anche attraverso esenzioni privilegiate.

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