Corte di Cassazione Penale sez. VI, 30 novembre 2016, n. 50809 (C.C. 13 settembre 2016)

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giur
Rivista penale 1/2017
LEGITTIMITÀ
elementi dai quali ragionevolmente desumere che essa sia
venuta meno per effetto del recesso personale, non essendo
dirimente a tal f‌ine il mero decorso del tempo dall’adesione
al gruppo o dalla concreta partecipazione alle attività as-
sociative (da ultimo, Cass., n. 8106 del 21 gennaio 2016).
Tanto, a prescindere dal fatto che, nelle specie, la misura è
stata applicata nel 2011, e quindi a breve distanza dai fatti
che ne hanno generato l’applicazione, e dal fatto che l’at-
tualità della pericolosità è stata adeguatamente dimostrata
col richiamare il ruolo verticistico ricoperto da Bruzzese,
nonché l’assenza di qualsiasi indizio di dissociazione.
4. Quanto sopra esclude altresì il vizio di motivazione
in ordine alla durata della misura e all’imposizione dell’ob-
bligo di soggiorno nel comune di residenza. Sebbene sia
indubitabile che il giudice della prevenzione debba fornire
adeguata motivazione anche in ordine agli aspetti suddet-
ti (Cass., n. 3057 del 1 ottobre 1990), tuttavia, le ragioni
per cui la sorveglianza speciale venga rafforzata col limita-
re i movimenti del proposto sul territorio e quelle attinenti
alla durata della misura possono ricavarsi implicitamente
dall’ordito del provvedimento, allorché contenga gli ele-
menti necessari alla valutazione del grado della perico-
losità e del livello di prevenzione che, con l’imposizione
della misura, si è inteso assicurare. Nella specie, l’eviden-
ziazione della posizione occupata da Bruzzese nel sodali-
zio che gli conferiva il potere di autorizzare l’apertura di
“locali” in altre parti del territorio nazionale (pag. 3) - e
della capacità del proposto di operare, per lungo tempo,
nell’associazione, senza rivelarsi all’esterno, costituiscono
elementi suff‌icienti a spiegare sia l’imposizione del pre-
detto obbligo aggiuntivo, sia la durata della prevenzione.
5. Segue il rigetto del ricorso, atteso che i motivi pro-
posti, pur se non tutti inammissibili, risultano infondati
per le ragioni f‌in qui esposte. Consegue, ai sensi dell’art.
616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. VI, 30 NOVEMBRE 2016, N. 50809
(C.C. 13 SETTEMBRE 2016)
PRES. CONTI – EST. COSTANZO – P.M. MARINELLI (CONF.) – RIC. P.G. IN PROC.
MARCHI
Concussione y Induzione indebita a dare o promet-
tere utilità y Nozione y Conf‌igurabilità.
. Correttamente viene ritenuto ravvisabile il reato di
cui all’art. 319 quater c.p. e non quello di cui all’art.
317 c.p. qualora il pubblico uff‌iciale solleciti la dazione
di danaro o altra utilità in cambio di una condotta dalla
quale anche il privato, cui detta sollecitazione venga
rivolta, possa trarre vantaggio (principio affermato,
nella specie, con riguardo ad un caso in cui il pubbli-
co uff‌iciale, funzionario dell’agenzia delle entrate,
aveva prospettato al privato, come contropartita della
sua adesione alla richiesta di danaro, il differimento
di accertamenti f‌iscali che sarebbero stati comunque
inevitabili, attesa la tipologia dell’azienda di cui il me-
desimo privato era titolare). (Mass. Redaz.) (c.p., art.
319 quater; c.p., art. 317) (1)
(1) Sulla distinzione tra il reato di concussione di cui all’art. 317 c.p.
e quello di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all’art.
319 quater c.p., introdotto dalla L. n. 190/2012, v. Cass. pen., sez. un.,
14 marzo 2014, n. 12228, in questa Rivista 2014, 565, con nota di V.
VARTOLO, La concussione alla luce della sentenza delle Sezioni Unite
n. 12228/’14 e ivi 2015, 235 con nota di D. GIANNELLI, Rapporto tra
art. 317 c. e nuovo 319 quater c.p..Annotazione critica a Cass. pen. sez
un. 14 marzo 2014 n. 12228. In tema di delitto di induzione indebita
a dare o promettere utilità in forma tentata, v. Cass. pen., sez. VI, 22
febbraio 2016, n. 6846, in Ius&Lex dvd n. 2/2016, ed. La Tribuna e Cass.
pen., sez. VI, 20 novembre 2015, n. 46071, in questa Rivista 2016, 598.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza n. 531/16 R.I.M.C.P. del 19 maggio 2916
il Tribunale di Bologna, riformando il provvedimento del
Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ri-
mini, ha qualif‌icato il fatto ex artt. 56 e 319-quater c.p. e
ha revocato la misura degli arresti domiciliari applicata a
Tiziano Augusto Marchi perchè, quale funzionario dell’A-
genzia delle Entrate, aveva chiesto denaro a Marco Senni
per evitare accertamenti f‌iscali sulla sua società.
2. Nel ricorso del Procuratore della Repubblica di Rimi-
ni si chiede l’annullamento dell’ordinanza deducendo: vio-
lazione dell’art. 317 c.p. in relazione all’art. 319-quater c.p.
perchè il fatto va qualif‌icato ex art. 317 c.p., avendo Mar-
chi minacciato un indebito accertamento sull’impresa di
Senni, che era intimorito dall’avere già subito un controllo
e non poteva ottenere vantaggi illeciti perchè Marchi non
aveva il potere di procurarglieli: b) violazione dell’art. 56
c.p. e correlato vizio di motivazione perchè Senni promise
la dazione già prima di essere sentito dai carabinieri, c)
vizio di motivazione sulla revoca della misura cautelare,
che fa cessare la sospensione dal servizio, mentre perma-
ne l’indebitamento che già spinse Marchi a delinquere e
modesta risulta l’eff‌icacia deterrente della avvenuta pub-
blicizzazione del fatto. (Omissis)
MOTIVI DELLA DECISIONE
(Omissis)
2. Il primo e il secondo motivo di ricorso possono essere
trattati congiuntamente e risultano infondati. La concus-
sione (art. 317 c.p.) è costituita da un abuso costrittivo del
pubblico agente - attuato mediante violenza o minaccia,
esplicita o implicita, di un danno contra ius - con una gra-
ve limitazione della libertà di determinazione del destina-
tario, che - senza vantaggio indebito per sé - deve scegliere
se subire un danno o evitarlo dando o promettendo un’uti-
lità indebita e si distingue dalla induzione indebita, (art.
319 quater c.p.), conf‌igurantesi come persuasione, sugge-
stione, inganno o induzione in errore, pressione morale
che conduce il destinatario a prestare’ acquiescenza alla
richiesta, mosso dalla prospettiva di conseguire un vantag-
gio (sez. un., n. 12228 del 24 ottobre 2013, dep. 2014, Rv.
258470). Nella fattispecie, il Tribunale ha correttamente
riqualif‌icato il fatto ex art. 319 quater c.p., perchè la pro-
spettazione di Marchi mirava a procrastinare accertamen-

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