Corte di Cassazione Penale sez. V, 18 agosto 2016, n. 35000 (ud. 18 marzo 2016)

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giur
Rivista penale 10/2016
LEGITTIMITÀ
stato ricevuto dal prefetto per ottenere un posto di lavoro,
deduce, con unico motivo di ricorso, violazione della nor-
ma incriminatrice e correlato vizio di motivazione anche
sotto il prof‌ilo del travisamento del fatto.
2. Contesta in sostanza la prevalenza accordata nella
decisione di secondo grado, a suo dire illogicamente e
contraddittoriamente, alla testimonianza del caro Adamo
rispetto a quella del vigile urbano Tutino, benché quest’ul-
timo - il quale, a differenza del primo, aveva assistito alla
scena f‌in dall’inizio - avesse riferito che l’imputato, il quale
aveva agito in preda alla disperazione, aveva rivolto sol-
tanto alla propria persona la minaccia di darsi fuoco senza
che ne derivasse alcun intralcio alla funzione pubblica.
3. Inoltre era totalmente mancata la verif‌ica della sus-
sistenza della volontà del Maggiore di coartare qualcuno,
tanto più che il procuratore generale di udienza ne aveva
chiesto l’assoluzione perchè il fatto non costituisce reato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La decisione impugnata supera indenne il collaudo
di legittimità.
2. In primo luogo perchè il ricorrente dimentica che
sono sottratte al controllo di legittimità la cernita e se-
lezione degli elementi probatori alla base del processo di
formazione del convincimento del giudice, se effettuate in
modo aderente alle risultanze processuali approfondita-
mente esaminate e logicamente apprezzate f‌ino alla sinte-
si del giudizio di valore di tutti i dati considerati.
3. Operazioni nella specie adeguatamente compiute
dai giudici di primo e secondo grado, le cui argomenta-
zioni si integrano vicendevolmente saldandosi in un orga-
nico unicum, laddove hanno valorizzato le dichiarazioni
del caro Adamo secondo cui Maggiore e il correo, sepa-
ratamente giudicato, avevano minacciato di appiccare un
incendio dopo aver versato a terra sulle scale del Comune
almeno un litro della benzina contenuta in una tanica così
da formare una pozzanghera (quantitativo che del tutto
soggettivamente il vigile Tutino aveva def‌inito “insignif‌i-
cante”), mentre entrambi esibivano una sigaretta accesa
tra le labbra. Scena la cui potenzialità costrittiva del male
ingiusto prospettato è indubbia.
4. Del resto la circostanza che i due testi si riferissero
a momenti temporalmente non del tutto coincidenti ben
può giustif‌icare una certa diversità, che non attinge co-
munque la soglia del contrasto, tra le loro dichiarazioni,
le quali comunque, al di là delle soggettive impressioni del
vigile, danno conto sostanzialmente della stessa situazio-
ne. Senza contare che, nella ricostruzione del fatto appena
ricordata, appare diff‌icile credere che l’imputato, il quale,
com’è pacif‌ico, aveva agito in preda alla disperazione, aves-
se rivolto soltanto alla propria persona la minaccia di darsi
fuoco, come si pretenderebbe di sostenere nel ricorso sulla
base della deposizione Tutino isolatamente considerata.
5. La corte territoriale non ha comunque mancato di
osservare, richiamando giurisprudenza di questa corte in
tema di art. 336 c.p., che anche il comportamento autole-
sionistico può integrare violenza privata se idoneo ad intral-
ciare la pubblica funzione, com’era avvenuto nella specie.
6. Per quanto il richiamo all’intralcio alla pubblica fun-
zione sia ultroneo rispetto al reato di violenza , privata,
caratterizzato dalla coartazione con violenza o minaccia
dell’altrui autodeterminazione, e dall’idoneità della con-
dotta a tale coartazione in caso di tentativo, si può comun-
que giungere ad analoghe conclusioni con riferimento al
reato qui in esame considerato che risalente giurispruden-
za di questa corte, non modif‌icata, afferma che la minac-
cia propria della violenza privata può essere di qualunque
tipo, anche indiretta e pure rivolta verso terzi o verso cose
(Cass. 11641/1989; 3520/1985; 635/1969), così giustif‌ican-
do la conclusione che il reato è integrato anche nel caso
di prospettazione di un gesto autolesionistico se idoneo a
coartare la volontà altrui. Il che è indiscutibile nel caso
di specie in cui il soggetto passivo del reato, rimasto allo
stadio di tentativo, era l’autorità che avrebbe dovuto farsi
carico dei problemi di disoccupazione dell’imputato e del
suo accompagnatore.
7. È poi inammissibile il motivo inerente alla mancata
verif‌ica della sussistenza della volontà del Maggiore di co-
artare qualcuno, in quanto generico così come lo era quel-
lo di appello che si limitava a lamentare, senza elementi
a sostegno, la mancanza di prova dell’elemento soggettivo,
così da non obbligare il giudice di secondo grado ad occu-
parsi del relativo tema. Infatti, per consolidato indirizzo
giurisprudenziale di questa corte, il difetto di motivazione
della sentenza di appello in ordine a motivi generici non
può formare oggetto di ricorso per cassazione, poiché i
motivi generici restano viziati da inammissibilità origina-
ria anche quando il giudice dell’impugnazione non abbia
in concreto pronunciato tale sanzione (sez. III, n. 10709
del 25 novembre 2014 - dep. 13 marzo 2015, Botta, Rv.
262700).
8. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso se-
guono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p., ivi compre-
sa, non essendo l’impugnazione esente da prof‌ili colpa, la
condanna ad una somma alla cassa delle ammende, che si
ritiene equo determinare in € 1000. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. V, 18 AGOSTO 2016, N. 35000
(UD. 18 MARZO 2016)
PRES. FUMO – EST. GUARDIANO – P.M. LOY (CONF.) – RIC. ANGELI
Reati fallimentari y Bancarotta fraudolenta y
Bancarotta per distrazione y Nozione di distrazione
y Pagamenti effettuati in contanti a mani dell’am-
ministratore y Della società fallita y Conf‌igurabilità
y Sussistenza.
. In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione,
possono costituire oggetto del reato anche somme cor-
rispondenti a pagamenti che, in violazione del divieto
previsto dall’art. 1 del D.L. n.143/1991, conv, con modif.
in legge n. 197/1991, siano stati effettuati in contanti
a mani dell’amministratore della società fallita. (Mass.
Redaz.) (d.l. 3 maggio 1991, n. 143, art. 1; r.d. 16 marzo

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