Corte di Cassazione Penale sez. III, 23 agosto 2016, n. 35330 (ud. 21 giugno 2016)
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giur
10/2016 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
ASL riguardante le cure cui C. si sottoponeva, la moti-
vazione ha coerentemente ritenuto l’esistenza dei gravi
indizi.
1.3 La decisione risulta, in tal modo, coerente con la
giurisprudenza di questa Corte, che ha chiarito, quanto
agli eventi previsti alternativamente dalla norma incrimi-
natrice in questione, che il delitto di cui all’art. 612 bis
c.p., è un reato a fattispecie alternative, ciascuna delle
quali è idonea a realizzarlo, sez. V sent. 34015 del 2010,
nonchè sez. V, sentenza n. 29872 del 19 maggio 2011 c.c.
(dep. 26 luglio 2011) Rv. 250399, per la quale “il delitto di
atti persecutori cosiddetto “stalking” (art. 612 bis c.p.) è
un reato che prevede eventi alternativi, la realizzazione di
ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo; pertanto, ai fini
della sua configurazione non è essenziale il mutamento
delle abitudini di vita della persona offesa, essendo suf-
ficiente che la condotta incriminata abbia indotto nella
vittima uno stato di ansia e di timore per la propria in-
columità”. L’iter logico-giuridico seguito dai Giudici della
cautela è stato convenientemente esplicitato, in armonia
con i criteri elaborati da questa Corte anche sulla prova
degli eventi, riguardo alla quale è stato più volte precisa-
to che: “la prova dell’evento del delitto in riferimento alla
causazione nella persona offesa di un grave e perdurante
stato di ansia o di paura deve essere ancorata ad elemen-
ti sintomatici di tale turbamento psicologico, ricavabili
dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi
comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere
dall’agente ed anche da quest’ultima, considerando tanto
la sua astratta idoneità a causare l’evento quanto il suo
profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di
luogo e di tempo in cui è stata consumata”. sez. V, sentenza
n. 14391 del 28 febbraio 2012 c.c.(dep. 16 aprile 2012) Rv.
252314.
2. Anche l’onere motivazionale sulle esigenze caute-
lari risulta ben adempiuto, tramite il richiamo ai gravi e
ripetuti atteggiamenti intimidatori e violenti ed all’inca-
pacità dell’indagato di contenere i propri impulsi aggres-
sivi; la scelta della misura del divieto di avvicinamento
alla persona offesa è stata razionalmente spiegata con
la concreta idoneità ad evitare il ripetersi di analoghi
episodi.
3. A fronte di tale corretto ed esauriente impianto ar-
gomentativo il ricorso ha proposto censure in fatto, come
quella inerente un nuovo apprezzamento delle versioni
della parte offesa e dell’indagato, e generiche nel senso
che non si sono confrontate con gli specifici passaggi di-
mostrativi delle ragioni della decisione.
Alla luce delle considerazioni che precedono il ri-
corso va dichiarato inammissibile ed il ricorrente con-
dannato al pagamento delle spese processuali ed al
versamento di Euro mille in favore della cassa delle
ammende. Ai sensi del D.L.vo n. 196 del 2003, art. 52, va
disposto l’oscuramento delle generalità e degli altri dati
identificativi in caso di diffusione del presente provve-
dimento. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 23 AGOSTO 2016, N. 35330
(UD. 21 GIUGNO 2016)
PRES. ROSI – EST. GRAZIOSI – P.M. X (CONF.) – RIC. NARDELLI
Misure cautelari reali y Sequestro preventivo y
Sequestro finalizzato alla confisca per equivalen-
te y Nei confronti di amministratore di una società
ritenuta beneficiaria di proventi di illeciti penali
e poi dichiarata fallita y Reati tributari commessi
dall’amministratore y Dimostrata esistenza di conti
correnti intestati alla medesima società y Seque-
stro finalizzato alla confisca diretta y Impossibilità
y Esclusione.
. In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confi-
sca per equivalente, è meritevole di censura la decisio-
ne del tribunale del riesame che, trattandosi di misura
adottata nei confronti di una persona fisica nella qua-
lità di amministratore di una società ritenuta benefi-
ciaria dei proventi di illeciti penali commessi nel suo
interesse, abbia disatteso la doglianza basata sulla de-
dotta e dimostrata esistenza di conti correnti intestati
alla medesima società, le cui giacenze avrebbero po-
tuto essere oggetto di confisca diretta, sulla sola base
della considerazione, pedissequamente mutuata dalla
motivazione del decreto impugnato, che la mancata
verifica circa la esistenza o meno di fondi depositati
sui detti conti sarebbe stata giustificata da ragioni di
“prudenza investigativa”, correlate al preteso pericolo
che gli accertamenti che avrebbero dovuto essere effet-
tuati presso gli istituti bancari (ai quali, peraltro, era
già noto che i conti i n questione erano stati oggetto
di attenzione da parte degli inquirenti), mettessero in
allarme l’interessato e lo inducessero ad adottare ac-
corgimenti atti a sottrarre i propri beni all’eventuale
confisca per equivalente. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art.
321; c.p., art. 81; d.l.vo 10 marzo 2000, n. 74, art. 10 bis;
d.l.vo 10 marzo 2000, n. 74, art. 10 ter) (1)
(1) Sulla questione oggetto della sentenza in epigrafe Cass. pen.,
sez. III, 13 ottobre 2015, n. 41073, in Ius&Lex dvd n. 2/2016, ed. La
Tribuna, precisa che il pubblico ministero è legittimato, sulla base
del compendio indiziario emergente dagli atti processuali, a chiede-
re al giudice il sequestro preventivo nella forma per "equivalente",
invece che in quella "diretta", solo all’esito di una valutazione allo
stato degli atti in ordine alle risultanze relative al patrimonio dell’en-
te che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato, non essendo
invece necessario il compimento di specifici ed ulteriori accertamen-
ti preliminari per rinvenire il prezzo o il profitto diretto del reato.
Nel senso che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per
equivalente può essere disposto anche quando l’impossibilità del re-
perimento dei beni, costituenti il profitto del reato, sia transitoria e
reversibile, purché sussistente al momento della richiesta e dell’ado-
zione della misura, non essendo necessaria la loro preventiva ricerca
generalizzata, v. Cass. pen., sez. un., 5 marzo 2014, n. 10561, in Arch.
nuova proc. pen. 2015, 603.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ordinanza del 9 ottobre 2015 il Tribunale di
Pesaro ha respinto richiesta di riesame presentata da
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