Corte di Cassazione Penale sez. II, 21 dicembre 2015, n. 50140 (ud. 13 ottobre 2015)

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giur
Rivista penale 7-8/2016
LEGITTIMITÀ
delle cose pertinenti al reato, che è, invece, facoltativo e
presuppone la tutela delle esigenze probatorie.
4.3. Ciò stabilito, va ancora precisato che, in tema di
sequestro probatorio di cose costituenti corpo di reato, se
è vero che non è necessario offrire la dimostrazione della
necessità del sequestro in funzione dell’accertamento dei
fatti, atteso che la esigenza probatoria del corpus delicti
è in re ipsa, è anche vero che, ai f‌ini della qualif‌icazione
come corpo di reato delle cose in sequestro, il provvedi-
mento deve dare concretamente conto della relazione di
immediatezza descritta nell’art. 253 c.p.p., comma 2 tra la
res e l’illecito penale.
Ne consegue che, nel provvedimento di sequestro pro-
batorio del corpo di reato, non è suff‌iciente la mera indica-
zione delle norme di legge violate, ma occorre anche che
sia individuato il rapporto diretto tra cosa sequestrata e
delitto ipotizzato, e che, quindi, siano descritti gli estremi
essenziali di tempo, di luogo e di azione del fatto, in modo
che siano specif‌icati gli episodi in relazione ai quali si ri-
cercano le cose da sequestrare (cfr., Cass. 31950/2013 Rv.
255556; Cass. 43444/2013 Rv. 257302; Cass. 23212/2014 Rv.
259579; Cass. 8662/2010 Rv. 246850). Questa Corte, ritiene
di adeguarsi al suddetto orientamento giurisprudenziale,
condividendo i nuovi ed ulteriori argomenti evidenziati ri-
spetto a quelli addotti dalle sezioni unite di questa Corte
(sent. n. 5876 del 28 gennaio 2004).
4.4. Fermo quanto precede, deve ritenersi che la moti-
vazione addotta sul punto dal Tribunale, in considerazio-
ne della natura del provvedimento, più che suff‌iciente in
ordine al fumus di entrambi del delitto contestato: da qui
l’inammissibilità del ricorso.
5. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spe-
se processuali nonché al versamento, in favore della Cassa
delle ammende, di una somma che, considerati i prof‌ili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in euro 1.000,00. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. II, 21 DICEMBRE 2015, N. 50140
(UD. 13 OTTOBRE 2015)
PRES. ESPOSITO – EST. VERGA – P.M. D’AMBROSIO (PARZ. DIFF.) – RIC. RIZZO
Truffa y Estremi y Frode informatica y Utilizzo di
codice di accesso fraudolentemente captato al f‌ine
di trarne prof‌itto per sé o per altri y Conf‌igurabi-
lità.
. Integra il delitto di frode informatica, e non quello di
cui all’art. 55 n. 9 del D.L.vo n. 231 del 2007, la condotta
di colui che, servendosi di un codice di accesso fraudo-
lentemente captato, penetri abusivamente nel sistema
informatico bancario ed effettui illecite operazioni di
trasferimento fondi, al f‌ine di trarne prof‌itto per sé o
per altri. (In motivazione, la S.C. ha ritenuto decisiva
la sussistenza dell’elemento specializzante, costituito
dall’utilizzo "fraudolento" del sistema informatico).
(c.p., art. 640 ter; d.l.vo 21 novembre 2007, n. 231, art.
55) (1)
(1) Sostanzialmente in termini, v. Cass. pen., sez. II, 16 ottobre 2015,
n. 41777, in questa Rivista 2016, 387. In senso conforme, v. Cass. pen.,
sez. II, 6 maggio 2011, n. 17748, ivi 2012, 800. In dottrina, v. V. DI
LEMBO, La frode informatica, ivi 2013, 382; S. LOGROSCINO, Anali-
si e considerazioni sul delitto di frode informatica quale autonoma
f‌igura di reato rispetto al delitto di truffa, ivi 2012, 131 e L. DE ROSA,
Sulla rilevanza del “mantenimento” contra voluntatem nell’accesso
abusivo a sistema informatico, ivi 2012, 1.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza in data 27 febbraio 2014 la Corte d’Appel-
lo di Salerno confermava la sentenza emessa dal Tribunale
di Vallo della Lucania che il 26 ottobre 2011 aveva condan-
nato Rizzo Giovanni in ordine al reato di cui agli articoli
12 legge numero 197/91 e 55 n. 9 decreto legislativo nume-
ro 231/2007 perchè, al f‌ine di trarne prof‌itto per sé o per
altri, non essendo più titolare del conto corrente on-line
numero 1257259 della Banca della Campania, cointestato
a lui e a Botta Dana, ma solo f‌ino al dicembre del 2007,
utilizzava detto conto effettuando una ricarica telefonica,
per la somma di euro 250,00.
Ricorre per Cassazione l’imputato, a mezzo del difen-
sore, deducendo che la sentenza impugnata è incorsa in:
1. violazione di legge. Contesta l’applicabilità nel caso
di specie della normativa contestata. Sostiene che la cen-
sura già sollevata in grado di appello non ha trovato né
accoglimento né adeguata motivazione; che la corte ter-
ritoriale ha ritenuto di liquidare il motivo affermando che
la condotta accertata a carico dell’imputato integra gli
estremi del reato poiché, come affermato da consolidata
giurisprudenza di merito, l’utilizzazione sine titolo od ol-
tre i limiti della delega ovvero dopo la revoca delle delega
(opportunamente e formalmente comunicata) dei codici
di accesso al conto corrente, anche indipendentemente
dal possesso della relativa carta di credito era suff‌icien-
te a realizzare la condotta sanzionata dalla normativa
contestata. Ritiene che la norma incriminatrice utilizza-
ta è ispirata ad una ratio che nulla ha a che vedere con
il caso in esame. Rileva che comunque non gli era stata
comunicata la revoca della delega ad operare sul conto e
gli user e la password per compiere transazioni sul conto
non vennero mai modif‌icati rispetto a quelli lecitamente
e legittimamente in possesso dell’imputato con la conse-
guenza che l’utilizzo dello strumento di acquisizione di
servizi telefonici in argomento è stato effettuato in perfet-
ta buona fede e con assenza di dolo. Sostiene che il reato
che doveva essere contestato al più, qualora fossero stati
ritenuti sussistenti gli artif‌ici e i raggiri, doveva essere la
frode informatica di cui alla 615 ter c.p.
2. violazione di legge in relazione all’articolo 192 codi-
ce di procedura penale. Travisamento della prova sostiene
che la deposizione del direttore della banca è diametral-
mente opposte a quelle ritenuta dai giudici di merito. Ri-
leva che sul punto non vi è stata solo una interpretazione
erronea delle risultanze probatorie bensì proprio un’erra-
ta lettura delle dichiarazioni del teste che ha affermato

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