Corte di Cassazione Penale sez. II, 20 novembre 2015, n. 46084 (ud. 21 ottobre 2015)

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giur
Rivista penale 2/2016
LEGITTIMITÀ
to in fatto (avvenuta erogazione tardiva della somma alla
persona offesa: circostanza che, quand’anche dimostrata,
non escluderebbe affatto il danno nei confronti del Mac-
carrone) non esperibile nel giudizio di legittimità e che,
come tale, risulta inammissibile.
5. Manifestamente infondato è anche il quarto motivo.
Ampiamente giustif‌icata è la pronuncia sul punto avendo
la Corte territoriale come la recidiva reiterata fosse stata
correttamente contestata e ritenuta in presenza, a carico
del Palmeri, di tre pregresse condanne (due per furto, ri-
spettivamente nel 2000 e nel 2001 ed una per stupefacenti
nel 2002), inducendo a concludere che “le azioni per le
quali si procede sono certamente il portato...di una perso-
nalità proclive al reato e la sanzione rappresentata dalla
recidiva si giustif‌ica pienamente, alla quarta condanna in
pochi anni”.
6. Inf‌ine, manifestamente infondato è anche il quinto
motivo. La Corte territoriale ha implicitamente ma inequi-
vocabilmente disatteso il motivo riconoscendo la gravità
dei fatti “irragionevolmente irrispettosi dell’altrui indi-
genza”.
Secondo il costante insegnamento della giurispruden-
za di legittimità,il giudice di merito è chiamato a verif‌icare
in concreto il presupposto della speciale tenuità e la sua
valutazione è censurabile in sede di legittimità solo per
mancanza o manifesta illogicità della motivazione (cfr., ex
multis, Cass. pen. sez. I, n. 36299 del 12 settembre 2001,
Giambò, Rv. 219898).
7. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spe-
se processuali nonché al versamento, in favore della Cassa
delle ammende, di una somma che, considerati i prof‌ili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in euro 1.000,00. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. II, 20 NOVEMBRE 2015, N. 46084
(UD. 21 OTTOBRE 2015)
PRES. FIANDANESE – EST. RECCHIONE – P.M. PINELLI (CONF.) – RIC. LEVAK
Estorsione y Estremi y Estorsione e truffa y Criteri
distintivi y Individuazione y Fattispecie in tema di
estorsione realizzata tramite esplicita minaccia
dell’agente alla vittima al f‌ine di ottenere una som-
ma di denaro quale corresponsione della restitu-
zione di un’automobile rubata.
. Ai f‌ini della distinzione tra estorsione e truffa per
incusso timore di un pericolo immaginario, occorre
prendere essenzialmente in considerazione la poten-
zialità coercitiva della minaccia, nel senso che si ver-
te nell’ipotesi estorsiva quando il male prospettato si
presenta irresistibile e tale da coartare la volontà della
vittima mentre si verte nella diversa ipotesi della truffa
quando la minaccia del pericolo immaginario, per la
sua intrinseca consistenza, non ha capacità coercitiva
ma si limita ad inf‌luire sul processo di formazione della
volontà della vittima attraverso la prospettazione di
dati in realtà inesistenti, che inducono la vittima stessa
in errore. (Nella specie, in applicazione di tale princi-
pio, la Corte ha ritenuto che bene fosse stata affermata
la sussistenza del reato di estorsione in un caso in cui
l’ingiusta pretesa dell’agente di ottenere del danaro
in cambio della restituzione al derubato della vettura
che a quest’ultimo era stata da altri sottratta era stata
accompagnata con l’avvertenza che “con quelle perso-
ne non si scherza. Sono delle bestie”). (Mass. Redaz.)
(c.p., art. 629; c.p., art. 640) (1)
(1) Nello stesso senso sull’effetto coercitivo dell’estorsione si vedano
Cass. pen., sez. II, 16 dicembre 2014, n. 52121, in questa Rivista 2015,
349 e Cass. pen., sez. VI, 27 giugno 2014, n. 27996, ivi 2015, 590. In
dottrina per un rapporto tra estorsione ed altre f‌igure di reato si veda
F. GIANNELLI e M.G. MAGLIO, Questioni in tema di rapporti tra i
delitti di rapina, estorsione, violenza privata ed esercizio arbitrario
delle proprie ragioni con violenza alle persone, ivi 2014, 135.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte di appello di Venezia, in parziale riforma
della sentenza del Tribunale di Treviso, concessa l’atte-
nuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. unitamente alle generi-
che, rideterminava in anni tre mesi quattro di reclusione
ed euro 600 di multa la condanna del Levak per il reato di
estorsione. Si contestava all’imputato di avere minaccia-
to l’offeso con la frase «con quelle persone non si scherza
sono delle bestie» al f‌ine di ottenere la dazione della som-
ma di euro 1500, acconto della maggiore di somma di euro
5000 chiesta alla persona offesa per rientrare in possesso
della sua automobile rubata.
2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassa-
zione l’imputato che deduceva:
2.1. violazione di legge per errata qualif‌ica giuridica
del fatto e correlato vizio di motivazione. Si deduceva che
la minaccia contestata non aveva la idoneità a incidere la
sfera volitiva dell’offeso; il male prospettato non era infatti
certo e realizzabile; inoltre il Levak era consapevole del
fatto di dovere pagare una somma di denaro per rientrare
in possesso della autovettura. Nella prospettiva difensiva
il Levak non minacciava l’offeso di un male certo e realiz-
zabile, ma lo avvisava solo del fatto che il suo autoveicolo
era in mano a “brutti soggetti”. Il fatto contestato avrebbe
dovuto, dunque, essere qualif‌icato come truffa piuttosto
che come estorsione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Secondo la giurisprudenza della Corte di legitti-
mità il criterio distintivo tra il reato di truffa e quello di
estorsione, quando il fatto è connotato dalla minaccia di
un male, va ravvisato essenzialmente nel diverso modo di
atteggiarsi della condotta lesiva e nella diversa incidenza
nella sfera soggettiva della vittima. Ricorre la prima ipo-
tesi delittuosa se il male viene ventilato come possibile
ed eventuale e comunque non dipendente (direttamente
o indirettamente) da chi lo prospetta, sicchè la persona
offesa non è coartata, ma si determina alla prestazione,

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