Corte di Cassazione Penale sez. III, 14 settembre 2015, n. 36929 (C.C. 23 giugno 2015)

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giur
Rivista penale 11/2015
LEGITTIMITÀ
che conf‌igurava come illecito penale l’impiego in attività
economiche o f‌inanziarie di quegli stessi proventi illeciti
(denaro, beni e altre utilità) richiamati nella descrizione
dell’oggetto materiale del delitto di riciclaggio. La ratio
della disposizione era quella di non lasciare vuoti di tutela
a valle dei delitti di riciclaggio e ricettazione e di sanzio-
nare anche la fase terminale delle operazioni di recycling
(il c.d. integration stage), ossia l’integrazione del denaro
di provenienza illecita nei circuiti economici attraverso
l’immissione nelle strutture dell’economia legale dei ca-
pitali previamente ripuliti. L’obiettivo evidente, sotteso
all’introduzione della nuova fattispecie, era, quindi, quel-
lo di tutelare la fase successiva rispetto a quella relativa
all’area d’intervento prevista dalla ricettazione e dal rici-
claggio. La disposizione in esame era, infatti, tesa ad evi-
tare il successivo impiego del denaro ripulito in legittimi
investimenti. In sostanza si preoccupava di colpire tutte
quelle operazioni insidiose in cui il denaro di provenienza
illecita, immesso nel circuito lecito degli scambi commer-
ciali, tende a far perdere le proprie tracce, camuffandosi
nel tessuto economico - imprenditoriale. II legislatore,
nell’introdurre la nuova fattispecie, l’ha dunque disegnata
in forma residuale rispetto ai delitti di ricettazione e di
riciclaggio, come si desume dalla doppia clausola nell’in-
cipit della disposizione («Fuori dei casi di concorso nel
reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648-bis») che
circoscrive in maniera signif‌icativa il suo ambito di appli-
cazione. Con tale norma, secondo una parte della dottrina,
il legislatore ha inteso rendere possibile la responsabilità
per la condotta anche quando non è dato provare che l’a-
gente che impiega il bene proveniente da delitto sia consa-
pevole di tale provenienza al momento in cui l’ha ricevuto,
mentre vi sia la prova di tale consapevolezza (comunque
necessaria) in un altro e successivo momento. Altri Auto-
ri hanno osservato che la previsione realizza, nel sistema
di tutela dell’ordinamento dalla creazione di patrimoni
illeciti, una particolare forma di progressione criminosa,
composta secondo un’ideale scala crescente di disvalore.
Tali rilievi, uniti all’analisi del testo della norma, nel quale
è assente la locuzione «in modo da ostacolare l’identif‌i-
cazione della provenienza delittuosa» (presente, invece,
nell’art. 648 bis, c.p.) e l’abbandono di una prospettiva
“accessoria” rispetto ai reati presupposto, hanno fatto pro-
pendere per la natura plurioffensiva della fattispecie che,
pur se collocata tra i delitti contro il patrimonio, appare
maggiormente orientata alla tutela dalle aggressioni al
mercato e all’ordine economico e ad evitare l’inquinamen-
to delle operazioni economico f‌inanziarie (Cass. sez. II, n.
4800 dell’ 11 novembre 2009, Aschieri, Rv. 246276)» (Cass.
sez. un., n. 25191 del 27 febbraio 2014, Rv. 259587).
La pronuncia della cassazione nella sua composizione
più autorevole indirizza in modo chiaro verso la scelta
interpretativa che ritiene non necessaria la idoneità dis-
simulatoria della condotta di reimpiego, in quanto la fatti-
specie risulta principalmente (seppur non esclusivamen-
te) diretta alla tutela dell’ordine economico.
Ferma la natura plurioffensiva del delitto di cui all’art.
648 ter c.p., che in astratto si presta anche a sanzionare
condotte di reimpiego con idoneità alla dissimulazione,
si privilegia la scelta ermeneutica che affranca la sanzio-
nabilità della condotta dalla necessità della prova della
idoneità dissimulatoria della azione criminosa. Si ritiene
quindi che l’assenza di tale elemento non escluda l’inqua-
dramento nella fattispecie prevista dall’art. 648 ter c.p.
della condotta di reimpiego essendo, a tal f‌ine, suff‌iciente
la idoneità dell’azione all’inquinamento del mercato attra-
verso la consapevole immissione nel circuito economico di
beni di provenienza illecita, a prescindere dalla concreta
idoneità dissimulatoria dell’operazione.
La ragione di tale scelta ermeneutica risiede nella indi-
viduazione del “principale” bene protetto dalla fattispecie
di cui all’art. 648 ter c.p. (che letteralmente non richiama
la necessità della dissimulazione) nella tutela dell’ordine
economico, che deve essere preservato da ogni attività che
inquina il f‌isiologico sviluppo delle f‌isiologiche dinamiche
economiche.
Può dunque essere affermato il seguente principio di
diritto: per conf‌igurare il reato previsto dall’art. 648 ter c.p.
non è necessario che la condotta di reimpiego abbia una
concreta idoneità dissimulatoria, essendo la fattispecie
orientata in via principale a tutelare il f‌isiologico sviluppo
del mercato che deve essere preservato dall’inquinamento
che deriva dalla immissione di capitali illeciti. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 14 SETTEMBRE 2015, N. 36929
(C.C. 23 GIUGNO 2015)
PRES. FRANCO – EST. DI NICOLA – P.M. ANGELILLIS (DIFF.) – RIC. CAUDURO
Misure cautelari reali y Sequestro preventivo y
Conf‌isca y Oggetto y Quota di una società di persone
y Conf‌igurabilità y Sussistenza y Richiamo delle nor-
me civilistiche in materia y Possibilità y Esclusione.
. In tema di sequestro preventivo f‌inalizzato alla conf‌i-
sca per equivalente, quando lo stesso abbia ad oggetto
una quota di una società di persone, la legittimità del
provvedimento non può essere esclusa sulla sola base
del richiamo alle norme civilistiche per le quali le
quote di società di persone non possono essere sottopo-
ste a procedure esecutive se non quando risultino, in
base allo statuto sociale, liberamente cedibili a terzi,
dovendosi al riguardo considerare che anch’esse sono
comunque da qualif‌icare come “beni”, ai sensi degli
artt. 810 e 812 c. c. e che quando non venga nomina-
to (come nella specie) un amministratore della quo-
ta oggetto del sequestro, la stessa resta di fatto nella
disponibilità del titolare, per cui non viene meno, per
il solo fatto dell’avvenuta adozione del provvedimento
cautelare, l’“intuitus personae” sul quale si fonda il
patto sociale. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 321; c.c., art.
810; c.c., art. 812) (1)
(1) Per utili riferimenti in argomento si veda Cass. pen., sez. V, 7
maggio 2004, n. 21810, in questa Rivista 2005, 365. Relativamente alle

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