Corte Di Cassazione Penale Sez. Iv, 18 Maggio 2018, N. 22079 (Ud. 12 Aprile 2018)

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giur giur
Arch. nuova proc. pen. 5/2018
LEGITTIMITÀ
5/2018 Arch. nuova proc. pen.
LEGITTIMITÀ
appello di Bologna abbia previsto la predisposizione di un
modello, che deve ritenersi utilizzato per tutti i decreti di
citazione per l’udienza dibattimentale in grado di appel-
lo, in cui sono inseriti, tra gli avvisi rivolti alle parti, quelli
(individuati dalle lettere B e C) nei quali si afferma che, in
caso di dichiarazione di non doversi procedere perché i rea-
ti sono estinti per prescrizione, le statuizioni civili saranno
confermate solo se la parte civile insista "nella richiesta di
conferma delle statuizioni civili ex art. 578 c.p.p. con atto
scritto da far pervenire - via pec - alla cancelleria almeno
7 giorni prima dell’udienza; con formale avvertimento che,
in difetto di tale richiesta scritta o di identica istanza orale
da proporre in udienza, la Corte riterrà implicitamente re-
vocata la costituzione di parte civile".
È evidente che la Corte di Appello, attraverso quegli av-
visi, abbia introdotto oneri processuali per le parti civili non
previsti dalla legge (l’invio con posta elettronica certif‌icata
della richiesta di conferma delle statuizioni civili), preve-
dendo sanzioni anch’esse sconosciute al codice di rito (pre-
vedendo la successiva declaratoria, in difetto dell’adempi-
mento dì quegli oneri, di implicita revoca della costituzione
di parte civile). L’effetto concreto che discende dall’ado-
zione di siffatti moduli procedimentali, avulsi dal sistema
processuale, è quello di introdurre limiti e ostacoli all’eser-
cizio delle facoltà della parte nel coltivare l’azione civile,
con palese compromissione del diritto alla partecipazione
della parte civile nel processo penale e, conseguentemente,
del diritto al riconoscimento degli interessi risarcítori che
la parte intende vedere tutelati in quella sede.
In tale contesto, il ricorso proposto dal Procuratore
generale è diretto a tutelare l’interesse generale, protet-
to dalla legge, aff‌inché siano assicurate le condizioni per
l’esercizio del diritto a proporre l’azione civile nel proces-
so penale, censurando i provvedimenti giurisdizionali che
pongano oneri e formalità non previste dall’ordinamento
processuale, così rendendo di fatto maggiormente diff‌icol-
toso l’esercizio delle prerogative delle parti processuali alla
partecipazione al processo e al conseguimento dei provve-
dimenti cui mira l’esercizio, nella specie, dell’azione civile.
A questo riguardo questa Corte ha da tempo affermato che
il P.M., in quanto parte pubblica, ha interesse a proporre
impugnazione anche per contrastare l’ingiustizia di prov-
vedimenti, non solo a tutela della funzione punitiva dello
Stato, ma anche a garanzia della posizione dell’imputato e
della parte offesa. Egli, quindi, pur nell’ambito del processo
accusatorio può sostituirsi, nell’impugnazione dei provve-
dimenti, alle parti private per contrastare provvedimenti
emessi in violazione del principio di legalità o per far va-
lere questioni di interesse pubblico, rilevabili di uff‌icio in
ogni stato e grado del procedimento. Non può, viceversa,
sostituirsi all’imputato od alla persona offesa per censu-
rare l’illegittimità della mancata concessione di benef‌ici,
ovvero per sindacare statuizioni ritenute pregiudizievoli
degli interessi civili facendo, però, sempre salva la difesa
delle condizioni per l’esercizio del diritto all’inserimento
dell’azione civile nel processo penale (in questi termini
sez. V, n. 10366 del 14 aprile 1999, Guido, rv. 214189; nella
motivazione della sentenza si legge: "Il pubblico ministero,
in quanto parte pubblica, titolare di un generale dovere di
iniziativa propulsiva, risalente, a norma degli artt. 73 e 74
dell’ordinamento giudiziario, all’obbligatorietà dell’azio-
ne penale e alla istituzionale funzione di vigilanza per "la
osservanza delle leggi e la pronta e regolare amministra-
zione della giustizia", ha interesse, di norma, nell’ambito
della riconosciuta legittimazione all’impugnazione, a con-
trastare l’ingiustizia di provvedimenti, a tutela sia della
funzione punitiva dello Stato che rappresenta, sia della
posizione dell’imputato e della parte offesa, nei limiti in
cui gli interessi particolari di questi soggetti coincidono
con l’interesse generale protetto. Il pubblico ministero può
sostituirsi, quindi, quale parte "imparziale", all’offeso dal
reato e all’imputato soltanto per contrastare provvedimen-
ti emessi in violazione del principio di legalità, o per far
valere questioni d’interesse pubblico, rilevabili ex off‌icio in
ogni stato e grado del processo").
2.4. Si deve, inf‌ine, rilevare che il presente ricorso per
cassazione del Procuratore generale - diretto a ottenere
l’esatta applicazione della legge processuale - è anche ca-
ratterizzato dalla concretezza e attualità dell’interesse ad
impugnare. Infatti, tale impugnazione è idonea a rimuove-
re gli effetti che si assumono pregiudizievoli per il corretto
esercizio dei poteri e delle facoltà spettanti alle parti pro-
cessuali, espungendo dal sistema processuale componenti
surrettiziamente introdotte (un’ipotesi non disciplinata
positivamente di revoca tacita della costituzione di par-
te civile) attraverso moduli procedimentali non previsti
dalla legge (si veda sul punto, sez. un., n. 29529 del 25
giugno 2009, De Marino, rv. 244110).
3. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata limi-
tatamente alla revoca delle statuizioni civili con rinvio,
per nuovo giudizio sul punto, al giudice civile competente
per valore in grado di appello. Infatti, questa Corte ha più
volte affermato che, nel caso in cui il giudice di appello
dichiari non doversi procedere per intervenuta prescrizio-
ne del reato senza motivare in ordine alla responsabilità
dell’imputato ai f‌ini delle statuizioni civili, l’eventuale ac-
coglimento del ricorso per cassazione proposto dall’impu-
tato impone l’annullamento della sentenza con rinvio al
giudice civile competente per valore in grado di appello, a
norma dell’art. 622 c.p.p. (sez. un., n. 40109 del 18 luglio
2013, Sciortino, rv. 256087; sez. VI, n. 5888 del 21 gennaio
2014, Bresciani, rv. 258999). (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. IV, 18 MAGGIO 2018, N. 22079
(UD. 12 APRILE 2018)
PRES. PICCIALLI – EST. PEZZELLA – P.M. GAETA (DIFF.) – RIC. S.
Termini processuali in materia penale y Resti-
tuzione in termini y Impugnazioni y Sentenza con-
tumaciale y Ordinanza emessa con procedura “de
plano” y Ammissibilità.
Termini processuali in materia penale y Resti-
tuzione in termini y Impugnazioni y Sentenza con-
tumaciale y Contestazione della mancata effettua-
zione della notif‌ica dell’estratto contumaciale ex
art. 548 c.p.p. y Da parte dell’imputato dichiarato
assente y Per rinuncia a comparire y Legittimità y
Esclusione y Conseguenze.
. L’ordinanza che decide sulla richiesta di restituzione
in termini può essere emessa con procedura “de pla-
no”, atteso che l’art. 175, comma 4, c.p.p., non richia-
ma l’osservanza delle forme di cui all’art. 127 stesso
codice. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 127; c.p.p., art. 175;
c.p.p., art. 666) (1)
. La mancata comparizione in udienza dell’imputato
detenuto, che abbia rinunciato ad essere presente,
non dà luogo a contumacia, ma a mera assenza, con
la conseguenza che, in tal caso, non sussiste alcun ob-
bligo di notif‌ica dell’avviso di deposito della sentenza,
previsto solo per l’imputato contumace. (La Corte ha
affermato tale principio in una fattispecie cui era ap-
plicabile il disposto di cui all’art. 548, comma 3, c.p.p.
nel testo previgente alle modif‌iche introdotte dall’art.
10, comma 5, della legge 28 aprile 2014, n. 67). (c.p.p.,
art. 420 bis; c.p.p., art. 548 ter) (2)
(1) In tema di restituzione nel termine per impugnare una senten-
za contumaciale la giurisprudenza non è stata sempre concorde. In
senso difforme si vedano infatti Cass. pen., sez. II, 22 ottobre 2009,
n. 40750, in questa Rivista 2010, 788 e Cass. pen., sez. I, 25 maggio
2006, n. 18525, in www.latribunaplus.it, che sostenevano entrambi
che il decreto di inammissibilità potesse essere emesso "de plano", in
assenza di contraddittorio, solo nelle ipotesi espressamente richia-
mate dall’art. 666, comma secondo, c.p.p., di manifesta infondatezza
dell’istanza, ossia di difetto delle condizioni di legge.
(2) Nello stesso senso si veda Cass. pen., sez. V, 19 aprile 2010, n.
14889, in questa Rivista 2011, 374.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte di appello dell’Aquila, pronunciando nei con-
fronti dell’odierno ricorrente, S.C., con ordinanza 14 dicem-
bre 2017 rigettava la richiesta di restituzione nel termine
per impugnare la sentenza emessa dal Tribunale di Teramo
in data 9 aprile 2015, irrevocabile il 10 settembre 2015.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del
proprio difensore di f‌iducia, S.C., deducendo i motivi di
seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la
motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp.
att., c.p.p.:
a. Violazione dell’art. 606 comma 1 lett. c) per inosser-
vanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità,
inutilizzabilità, inammissibilità o di decadenza in relazio-
ne a quanto stabilito dagli artt. 175 e 127 c.p.p. e lett. e)
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione.
Il ricorrente lamenta l’avvenuto rigetto dell’istanza di
rimessione in termini ai f‌ini della proposizione del giu-
dizio di impugnazione, senza f‌issare l’udienza in camera
di consiglio al f‌ine di consentire l’instaurazione del con-
traddittorio da parte del difensore.
Lo S. invoca la presunzione "iuris tantum" di mancata
conoscenza da parte dell’imputato della pendenza del pro-
cedimento, prevista dall’art. 175 comma 2 c.p.p., che impo-
ne al giudice l’onere di reperire un’eventuale prova positi-
va di effettiva conoscenza del provvedimento di condanna.
La mera regolarità formale della notif‌ica eseguita ai sensi
dell’art. 161 c.p.p., presso il difensore di uff‌icio, non potreb-
be considerarsi dimostrativa della conoscenza del giudizio
o rivelatrice della volontà di non impugnare la sentenza
contumaciale. Pertanto la mancata f‌issazione dell’udienza
avrebbe impedito al ricorrente di dimostrare come, ogni
qual volta era stata disposta la sua traduzione per il proce-
dimento per il quale era poi intervenuta la sentenza di con-
danna, egli avesse rinunciato esclusivamente a presenziare
ma non al fatto di essere contumace nel giudizio.
b. Violazione dell’art. 606 comma 1 lett. c) per inosser-
vanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità,
inutilizzabilità, inammissibilità o di decadenza in rela-
zione a quanto stabilito dagli artt. 420 e 420 bis c.p.p. e
lett. e) mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione.
Il ricorrente lamenta l’illogicità della motivazione
in quanto avrebbe trasformato la rinuncia a comparire
in udienza, fatto salvo il diritto a rimanere contumace
espressamente menzionato nella rinuncia stessa, in un’au-
tomatica dichiarazione di assenza.
L’imputato sarebbe stato qualif‌icato, in tutti i verbali di
udienza, contumace e la dichiarata contumacia non sareb-
be mai stata revocata.
La disciplina applicabile al caso di specie sarebbe quel-
la previgente alla novella del 2014, che prevede due garan-
zie a favore dell’imputato contumace, nel caso di incolpe-
vole conoscenza del procedimento celebrato a suo carico,
la restituzione nel termine per proporre impugnazione o
il diritto di chiedere la rinnovazione dell’istruttoria dibat-
timentale per incolpevole mancata conoscenza dell’atto
introduttivo del giudizio di primo grado.
La Corte di appello nell’impugnata ordinanza non avreb-
be tenuto conto che trattandosi di imputato contumace, lo
stesso aveva diritto alla formale notif‌icazione dell’estratto
contumaciale della sentenza. Chiede, pertanto, l’annulla-
mento dell’ordinanza impugnata, con conseguente rimes-
sione in termini ai f‌ini della proposizione dell’appello.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. I motivi sopra illustrati appaiono infondati e, pertan-
to, il proposto ricorso va rigettato.
2. Risulta infondato, in primis, il prof‌ilo di doglianza
con cui si assume esserci stato un error in procedendo per
avere la Corte territoriale provveduto con ordinanza de
plano, inaudita altera parte.
Sul punto, invero, la giurisprudenza di questa Corte
di legittimità non è sempre stata univoca. Vi sono state,
infatti, alcune pronunce (sez. II, n. 40750 del 2 ottobre
2009, Green, rv. 234137; conf. sez. I, n. 18525 del 10 maggio
2006, Gueye, rv. 234137) secondo cui, in tema di restitu-
zione nel termine per impugnare una sentenza contuma-
ciale, il decreto di inammissibilità potrebbe essere emesso
"de plano", in assenza di contraddittorio, solo nelle ipo-
tesi espressamente richiamate dall’art. 666 c.p.p., comma

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