Corte Di Cassazione Penale Sez. V, 6 Giugno 2018, N. 25667 (C.C. 13 Marzo 2018)

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giur giur
Arch. nuova proc. pen. 5/2018
LEGITTIMITÀ
5/2018 Arch. nuova proc. pen.
LEGITTIMITÀ
Difatti, ove si tenga conto delle prime dichiarazioni di
V.P., delle dichiarazioni di V.F. a giugno e ad agosto, del
contenuto delle dichiarazioni della M. e del contenuto
delle conversazioni intercettate tra i due coniugi V., che
pure la sentenza di primo grado riporta rimane inequivo-
cabilmente affermato che:
– P.V. aveva acquistato droga da G.C.;
– Il G. aveva minacciato il minore al f‌ine di ottenere il
pagamento dello stupefacente ed anche schiaffeggiato lo
stesso;
– dopo l’arresto di G.C. il minore era poi stato ripetu-
tamente contattato dalla B. da altri componenti della fa-
miglia G. tra cui il fratello G. perché doveva trovarsi una
soluzione per farlo uscire di galera sicchè si era convenuta
la tesi di comodo dell’acquisto del motorino quale causale
del mancato pagamento;
– la famiglia V. aveva dovuto consegnare dapprima
1.000 euro e poi altri 800 euro per pagare l’intervento
dell’investigatore privato delegato dal difensore del G. a
sentire un soggetto minorenne che risultava in contatto
con un indagato di cessione di stupefacenti;
– i V. vivevano in uno stato di forte intimidazione dovuto
alle continue pressioni provenienti dal gruppo familiare G.
Sul punto, quindi, sussiste piena conformità nella rico-
struzione dei fatti e nella valutazione dell’ampio materiale
probatorio tra le due sentenze di primo e secondo grado
e le doglianze prospettate con le quali si deduce l’inuti-
lizzabilità o risultano infondate rispetto alle dichiarazioni
di V.F. del 7 agosto ovvero non superano la c.d. prova di
resistenza poiché anche a volere escludere dal materiale
probatorio le seconde dichiarazioni del V.P. residuano co-
munque suff‌icienti elementi per affermare la colpevolezza
di entrambi.
2.3 Adeguata appare poi la motivazione espressa dalla
corte di appello a pagina 5 della impugnata sentenza cir-
ca l’esclusione della ipotesi del quinto comma dell’art. 73
D.P.R. 309/90 fondata su plurimi aspetti del fatto, commes-
so in una pluralità di occasioni, e della personalità del G.,
soggetto che continuava a delinquere pur in costanza di
misura cautelare.
2.4 Quanto alla contestata sussistenza degli elementi
costitutivi del delitto di cui all’art. 377 c.p., con più sen-
tenze questa corte di cassazione ha già affermato che è
conf‌igurabile il delitto di intralcio alla giustizia anche con
riferimento alle pressioni e alle minacce esercitate su
colui che abbia reso dichiarazioni accusatorie nella fase
delle indagini preliminari al f‌ine di indurlo alla ritratta-
zione in vista dell’acquisizione, da parte sua, della qua-
lità di testimone nel celebrando dibattimento (sez. VI, n.
50008 del 20 ottobre 2015 rv. 266040) e che integra il re-
ato di intralcio alla giustizia, previsto dall’art. 377 c.p., la
condotta di chi compie pressioni e minacce sulla persona
che abbia reso dichiarazioni accusatorie nella fase delle
indagini preliminari al f‌ine di indurla alla ritrattazione
nella medesima fase ovvero in prospettiva del successivo
dibattimento (sez. VI, n. 17665 del 17 febbraio 2016, rv.
266796). L’applicazione dei sopra esposti principi compor-
ta la manifesta infondatezza dell’ultima doglianza propo-
sta nell’interesse di G.G. e della B. posto che la mancata
ammissione della qualif‌ica di teste del procedimento non
esclude la possibilità di integrare la fattispecie ove siano
poste, come evidentemente nel caso di specie, condotte
di violenza e minaccia f‌inalizzate ad ottener ritrattazioni
forzate da parte dei soggetti informati dei fatti.
In riferimento poi al motivo con il quale si deduce la
mancata corrispondenza delle dichiarazioni dei V. circa
la consegna delle somme all’investigatore intervenuto, la
doglianza deduce questioni di puro fatto rispetto ad una
ricostruzione operata conformemente dai giudici di meri-
to e non più censurabile nella presente sede.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna
dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, non-
ché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i prof‌ili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità emer-
genti dal ricorso (Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al
versamento della somma, che ritiene equa, di euro duemi-
la cuascuno a favore della cassa delle ammende. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. V, 6 GIUGNO 2018, N. 25667
(C.C. 13 MARZO 2018)
PRES. LAPALORCIA – EST. PISTORELLI – P.M. LIGNOLA (CONF.) – RIC. S.
Prova penale y Sequestri y Richiesta di riesame y
Nel sequestro probatorio y Interesse del coindaga-
to a proporre richiesta di riesame y Ammissibilità.
Misure cautelari reali y Impugnazioni y Riesame
y Ambito di applicazione y Sequestro probatorio y
Avente ad oggetto i dati rilevati nella memoria di
un telefono cellulare y Sussistenza y Esclusione y
Trascrizione dei dati all’interno di un verbale nel
corso di perquisizione y Creazione di una copia dei
dati y Equivalenza y Esclusione.
. In tema di sequestro probatorio, deve ritenersi che, a
differenza di quanto si verif‌ica nel caso del sequestro
preventivo, legittimato alla proposizione della richiesta
di riesame sia anche il coindagato che non abbia alcuna
personale relazione con la cosa sequestrata. (Mass. Re-
daz.) (c.p.p., art. 253; c.p.p., art. 257; c.p.p., art. 324) (1)
. Non può ritenersi che si sia in presenza di un seque-
stro probatorio avverso il quale possa, quindi, proporsi
richiesta di riesame quando oggetto del preteso seque-
stro siano solo i dati che, nel corso di una perquisizio-
ne, gli operanti abbiano rilevato dalla memoria di un
telefono cellulare per quindi riportarli nel corpo del
verbale, dovendosi escludere che una tale operazione
equivalga alla creazione di una copia dei suddetti dati,
sulla quale il valore di questi ultimi sia stato trasferi-
to. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 254 bis; c.p.p., art. 256;
c.p.p., art. 324; c.p.p., art. 357; c.p.p., art. 568; c.p.p.,
art. 591) (2)
(1) Nello stesso senso si veda Cass. pen., sez. III, 11 novembre 2009,
n. 42918, in questa Rivista 2010, 783.
(2) Proprio perché tale operazione di rilevazione dei dati avviene at-
traverso la percezione degli operanti, che attestano nel verbale quanto
rilevato in sede di perquisizione, non si può parlare di una creazione
di copia dei suddetti dati. Da qui ne discende che l’istituto del riesame
non è applicabile al decreto di perquisizione. In tal senso si veda Cass.
pen., sez. un., 29 gennaio 1997, n. 23, in questa Rivista 1997, 198.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Roma ha
dichiarato inammissibile per carenza di interesse e di le-
gittimazione l’istanza di riesame proposta da S.A. avverso
il provvedimento di sequestro probatorio dei dati estrapo-
lati dal telefono di pertinenza di un coindagato.
2. Avverso l’ordinanza ricorre l’indagata a mezzo del pro-
prio difensore deducendo violazione di legge. In tal senso la
ricorrente eccepisce che, ai sensi dell’art. 257 c.p.p., l’impu-
tato - al quale deve essere assimilato l’indagato - è sempre
legittimato a proporre istanza di riesame avverso il provve-
dimento di sequestro probatorio. Disposizione che non può
essere interpretata nel senso sostanzialmente accolto dal
Tribunale per cui ad essere legittimato è solo l’indagato nei
cui confronti tale provvedimento viene adottato, atteso che
anche il coindagato nel medesimo procedimento vanta un
interesse a contestare la legittimità dell’acquisizione di ele-
menti probatori che possono essere utilizzati anche a suo
carico nell’ambito del medesimo procedimento.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Originariamente inammissibile era infatti l’istanza
di riesame proposta dalla ricorrente, sebbene per ragioni
parzialmente diverse da quelle individuate nel provvedi-
mento impugnato, la cui motivazione non rileva trattando-
si di quaestio iuris comunque correttamente decisa.
2.1 In tal senso va osservato innanzi tutto come non sia in
discussione la legittimazione soggettiva dell’indagato a pro-
porre istanza di riesame avverso l’eventuale provvedimento
di sequestro probatorio eseguito nei confronti del coindaga-
to.Tale legittimazione - contrariamente a quanto dimostra
di credere il Tribunale - discende direttamente, infatti, dal-
l’art. 257 c.p.p. e non può essere condizionata all’esistenza
di una relazione tra lo stesso indagato e la cosa assoggettata
al vincolo - come invece condivisibilmente ritiene la giuri-
sprudenza di questa Corte nel caso del sequestro preventivo
- in quanto il gravame, nel caso del sequestro probatorio,
è funzionale ad ottenere l’espunzione dalla piattaforma co-
gnitiva utilizzabile nei suoi confronti dell’elemento di prova
acquisito attraverso il provvedimento impugnato.
2.2 Nel caso di specie a difettare è, invece, la legitti-
mazione “oggettiva” della ricorrente a proporre riesame e
cioè l’adozione di un effettivo provvedimento di sequestro
impugnabile.
2.2.1 Infatti, ciò che lo stesso Tribunale ha trascura-
to è che, come emerge dagli atti cui la Corte ha accesso
attesa la natura processuale della questione dedotta, il
19 settembre 2017 la polizia giudiziaria ha eseguito una
perquisizione dei locali della Nautica B. s.r.l., nel corso
della quale prendeva visione della rubrica dei nominativi
memorizzata nel telefono cellulare di S.E., che lo stesso
consegnava a richiesta. Gli operanti però non hanno effet-
tuato alcuna copia - né informatica, né mediante stampa
su supporto cartaceo - dei dati memorizzati nella citata ru-
brica (rectius: di quelli ritenuti rilevanti ai f‌ini dell’inda-
gine), limitandosi a riportare nel verbale di perquisizione
quanto accertato direttamente attraverso quella che può
essere qualif‌icata come una perquisizione del telefono.
2.2.2 È dunque pacif‌ico che il telefono non è mai stato
sottoposto a sequestro e che nemmeno il suo contenuto è
stato oggetto di uno specif‌ico provvedimento in tal senso.
Rimane da stabilire se l’aver riportato nel verbale di per-
quisizione i dati visionati dagli operanti nel corso dell’esa-
me della rubrica dell’apparecchio costituisca un implicito
provvedimento di sequestro dei medesimi, come prospet-
tato nel ricorso evocando principi affermati da sez. un., n.
40963 del 20 luglio 2017, Andreucci, rv. 270497.
2.2.3 Come noto, tale pronunzia ha ritenuto ammissibi-
le il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribuna-
le del riesame di conferma del sequestro probatorio di un
computer o di un supporto informatico, nel caso in cui ne
risulti la restituzione previa estrazione di copia dei dati ivi
contenuti, sempre che sia dedotto l’interesse, concreto e
attuale, alla esclusiva disponibilità dei dati. In tal senso il
Supremo Collegio ha peraltro precisato come, in relazione ai
dati ed ai sistemi informatici, possono verif‌icarsi diverse si-
tuazioni, rispetto alle quali il sequestro probatorio, secondo
le diverse necessità, può colpire il singolo apparato, il dato
informatico in sé, ovvero il medesimo dato quale mero “re-
cipiente” di informazioni. Se, per quanto riguarda la prima
ipotesi, è indubbio che l’interesse ad ottenere la restituzione
va riferito all’intero apparato o sistema in quanto tale, per-
chè specif‌ico oggetto del sequestro, nella seconda, invece,
la materiale apprensione riguarda il dato come cristalliz-
zato nel “clone” identico all’originale e, perciò, da esso in-
distinguibile, perchè riversato nella “copia immagine” solo
per preservarne l’integrità e l’identità alle condizioni in cui
si trovava al momento del prelievo e consentire successive
verif‌iche o accertamenti tecnici. In tale caso l’interesse alla
restituzione riguarda, appunto, il dato in sé e non anche il
supporto che originariamente lo conteneva o quello sul
quale è trasferito il “clone”, sicché la mera restituzione del
supporto non può considerarsi come esaustiva restituzione
della cosa in sequestro. Diverso è invece il caso in cui un atto
o un documento si presenti sottoforma di dato informatico,
non rilevando, in tali casi, il dato in sé, bensì quanto in esso
rappresentato, come avviene per i documenti cartacei, ben
potendosi distinguere, in tali casi, le copie dall’originale, che
in questo caso sarà rappresentato dal documento elettronico
originariamente formato ed univocamente identif‌icabile.
2.2.4 Per la sentenza Andreucci, mentre nelle due prime
ipotesi non può trovare applicazione l’art. 258 c.p.p., nella
terza, quando cioè il dato informatico può essere ricondot-
to entro la nozione di atto o documento, tale disposizione
deve essere presa in considerazione, trovando eventual-
mente applicazione le conclusioni cui sono pervenute sez.
un., n. 18253 del 24 aprile 2008, Tchmil, rv. 239397, secondo
cui, una volta restituita la cosa sequestrata, la richiesta di

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