Corte Di Cassazione Penale Sez. Iii, 26 Marzo 2018, N. 14012 (C.C. 14 Dicembre 2017)

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giur
4/2018 Arch. nuova proc. pen.
LEGITTIMITÀ
genze cautelari. In essi, non può farsi rientrare il semplice
decorso del tempo già trascorso in carcere, in quanto il
decorso del tempo è preso in esame da un altro istituto,
ovvero, quello dei termini di durata massima della cu-
stodia cautelare (art. 303 c.p.p.) con il quale è stato lo
stesso legislatore che, nella sua insindacabilità, ha stabi-
lito, a monte, quale debba essere il tempo massimo della
custodia cautelare in carcere, trascorso il quale il giudice,
senza alcuna alternativa, deve immediatamente ordinare
la scarcerazione del detenuto anche se, in ipotesi, ritenga
che permangono le esigenze cautelari.
L’art. 299 c.p.p., comma 2, poi, conferma quanto appe-
na detto perché, da una parte, fa salva la presunzione di
cui all’art. 275 comma 3, c.p.p., e, dall’altra, consente la
sostituzione con una misura meno grave ove le esigenze
cautelari risultino attenuate.
Il coacervo di tutte queste norme (ossia del combinato
disposto dell’art. 275 comma 3, c.p.p. e art. 299 c.p.p.) sta,
quindi, a signif‌icare che chi sia detenuto per il reato di cui
all’art. 416 bis c.p.:
a) non può invocare, al f‌ine di ottenere la revoca della
misura custodiale, il semplice decorso del tempo;
b) può richiedere la revoca solo se, successivamente
all’applicazione della misura coercitiva, siano sopravve-
nuti "fatti nuovi" rispetto alla situazione che aveva com-
portato l’emissione della misura della custodia cautelare
in carcere;
c) i "fatti nuovi" - avendo il reato associativo natura
permanente - possono essere o la rescissione dal sodalizio
criminale, oppure che il medesimo sia stato debellato o si
sia sciolto: in caso, contrario, resta la presunzione di sus-
sistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275 comma
3, c.p.p. non tanto (o non solo), come si è detto, per la
prognosi negativa in relazione al pericolo di recidiva di fu-
turi reati, quanto per evitare che l’indagato, ritornando in
libertà, perseveri nella condotta criminosa addebitatagli,
ossia, continui ad implementare - anche con la sola "messa
a disposizione" - l’operatività dell’associazione criminale
della quale continua a far parte.
6. Applicando i suddetti principi alla fattispecie in esa-
me, è del tutto evidente, pertanto, che non sussistono i
presupposti per la revoca della misura della custodia cau-
telare in carcere posto che:
a) il ricorrente, ha allegato, a sostegno dell’istanza, il
solo decorso del tempo;
b) il Tribunale ha evidenziato, da una parte, che il clan
camorristico di appartenenza del ricorrente, è ancora
ampiamente operativo e dall’altra, l’irrilevanza del tempo
trascorso in carcere in quanto "nel contesto camorristico
i periodi di detenzione sono accettati dai sodali come pre-
vedibili eventualità le quali, da un lato, attraverso contatti
possibili anche in pendenza di detenzione, non impedisco-
no totalmente la partecipazione alle vicende del gruppo
e alla programmazione delle sue attività e, dall’altro, non
fanno cessare la disponibilità a riassumere un ruolo attivo
non appena venga meno il forzato impedimento";
c) il ricorrente, nell’ambito dell’organizzazione casa-
lese, rivestiva un ruolo "collaborativo di estrema rilevan-
za (...) occupandosi degli spostamenti dei "capi", anche
durante la latitanza, fornendo assistenza nell’esecuzione
di efferati delitti, provvedendo alla distribuzione dei com-
pensi ai partecipi, curando la raccolta dei proventi desti-
nati ai vertici dell’organizzazione", come dimostrato dalla
severa pena alla quale è stato condannato.
7. In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato alla
stregua del seguente principio di diritto: "l’attenuazione o
l’esclusione delle esigenze cautelari relativamente al reato
permanente di cui all’art. 416 bis c.p. - non possono essere
desunte dal solo decorso del tempo di esecuzione della mi-
sura o dall’osservanza puntuale delle relative prescrizioni,
ma solo dalla rescissione dal sodalizio criminale, oppure
che il medesimo sia stato debellato o si sia sciolto. In caso
contrario, deve applicarsi la presunzione di sussistenza
delle esigenze cautelari di cui all’art. 275 comma 3, c.p.p.
non tanto per la prognosi negativa in relazione al pericolo
di recidiva di futuri reati, quanto per evitare che l’indagato,
ritornando in libertà, perseveri nella condotta criminosa
addebitatagli, ossia, continui ad implementare - anche con
la sola "messa a disposizione" l’operatività dell’associazio-
ne criminale della quale continua a fa parte".
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricor-
rente al pagamento delle spese processuali. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 26 MARZO 2018, N. 14012
(C.C. 14 DICEMBRE 2017)
PRES. DI NICOLA – EST. SOCCI – P.M. PRATOLA (CONF.) – RIC. P.M. TRIB.
VELLETRI IN PROC. C.
Giudizio per decreto y Richiesta y Poteri del
Gip y Revoca del decreto penale per irreperibilità
dell’imputato y Successiva richiesta di archiviazio-
ne y Per sopravvenuta prescrizione del reato y Di-
niego e restituzione degli atti al pubblico ministero
y Cause y Abnormità.
. È da ritenere abnorme, e pertanto suscettibile di ri-
corso per cassazione da parte del pubblico ministero,
il provvedimento con il quale il giudice per le indagini
preliminari, avendo in precedenza revocato un decreto
penale per irreperibilità dell’imputato, respinga la suc-
cessiva richiesta di archiviazione per sopravvenuta pre-
scrizione del reato, assumendo come elemento ostativo
al suo accoglimento il già avvenuto esercizio dell’azio-
ne penale. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 178; c.p.p., art.
405; c.p.p., art. 459) (1)
(1) In senso conforme si vedano: Cass. pen., sez. II, 27 marzo 2009, n.
13680, in questa Rivista 2010, 482 e Cass. pen., sez. V, 3 febbraio 2003,
n. 4883, in www.latribunaplus.it. In senso difforme si veda invece
Cass. pen.,sez. I, 11 settembre 2009, n. 35185, in questa Rivista 2011,
112 che afferma che “La restituzione degli atti al pubblico ministero
in seguito al rigetto della richiesta di decreto penale non giustif‌ica
la proposizione della richiesta di archiviazione, perché presuppone
l’avvenuto esercizio dell’azione penale.”

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