Corte di Cassazione Penale sez. IV, 16 marzo 2018, n. 12267 (ud. 13 febbraio 2018)

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giur giur
Arch. giur. circ. ass. e resp. 9/2018
LEGITTIMITÀ
9/2018 Arch. giur. circ. ass. e resp.
LEGITTIMITÀ
cietà riguardo alla negazione della prescrizione, l’ha accol-
to, dichiarando assorbito l’appello principale del ricorrente.
4. La trattazione del ricorso è stata f‌issata in camera di
consiglio ai sensi dell’art. 380-bis comma 1, c.p.c., e sono
state depositate conclusioni scritte dal Pubblico Ministero
mentre parte ricorrente ha depositato memoria.
1. Con l’unico effettivo motivo di ricorso (con l’altro
dolendosi, peraltro impropriamente, dell’omesso esame
ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 della prospettazione svol-
ta con l’appello principale quanto alla sussistenza della
responsabilità della P., ancorchè la corte territoriale ab-
bia dichiarato assorbito tale appello, esaminando quello
incidentale sulla prescrizione come "questione più liqui-
da") si deduce "violazione e/o falsa applicazione ex art.
360 comma 1, sub 3), c.p.c., di norme di diritto (art. 2947,
commi 1 e 3, artt. 409 e 554 c.p.p.)".
Vi si lamenta che la corte territoriale abbia erronea-
mente ritenuto prescritta l’azione risarcitoria, indivi-
duando il termine di prescrizione applicabile alla vicenda
ai sensi della seconda parte dell’art. 2947 comma 3, c.c.,
dando rilievo al fatto che l’illecito aveva determinato un
procedimento penale per il delitto di cui all’art. 582 c.p.
a carico della P., conclusosi con decreto di archiviazione
ed individuandolo, dunque, in quello di cui all’art. 2947,
comma 2 e facendolo decorrere dalla data dell’illecito, ri-
chiamando a sostegno, in particolare, il principio di diritto
di cui a Cass. n. 17380 del 2007 e dando rilievo al fatto che
non vi era stata alcuna attività di istruzione del procedi-
mento penale.
Il motivo si articola con una prima censura in cui si
sostiene che il termine di prescrizione biennale determi-
nato ai sensi della seconda parte dell’art. 2947 comma 3,
c.c., non poteva trovare applicazione, perché il decreto di
archiviazione non era equiparabile ad una sentenza pe-
nale irrevocabile, dovendo, invece, applicarsi il termine di
prescrizione quinquennale ai sensi della prima parte del
detto comma 3. Tanto sulla base del principio di diritto di
cui a Cass. n. 1346 del 2009 ed a maggior ragione conside-
rando che, come rilevato dallo stesso giudice d’appello, tra
il momento della presentazione della querela da parte del
ricorrente contro la P. (28 marzo 2002) e quello dell’archi-
viazione (28 aprile 2002) non era stata espletata una vera
e propria attività istruttoria.
Con una seconda censura si sostiene che, sempre ai
sensi della seconda parte dell’art. 2947 c.c. erroneamente
il termine era stato fatto decorrere anzichè dall’emissione
del decreto di archiviazione, dal momento dell’illecito ed
all’uopo si cita Cass. n. 17134 del 2003.
2. Il motivo, come, del resto, ha sostenuto il Pubblico
Ministero nelle sue conclusioni, appare manifestamente
fondato.
La corte territoriale ha dato rilievo a Cass. n. 17380
del 2007 quanto all’affermazione - da essa ripresa da
Cass. n. 17134 del 2003 - che, allorquando il decreto di
archiviazione venga emesso dopo il compimento di una
istruttoria ed assuma in realtà il carattere di una sen-
tenza sostanziale di proscioglimento, il termine di pre-
scrizione decorre dal momento dell’adozione del decreto.
Senonché, la giurisprudenza così richiamata si riferiva
all’ipotesi in cui il decreto di archiviazione avesse rive-
stito appunto carattere sostanziale di sentenza penale ir-
revocabile di assoluzione, tanto determinando - ad avviso
di essa - l’applicazione dell’art. 2947, comma 3, seconda
parte, e, dunque, il suddetto dies a quo del decorso, ma
anche l’applicazione dei termini indicati dai primi due
commi della stessa norma. Nel caso di pretesa risarci-
toria da circolazione stradale ciò comportava, dunque,
l’applicazione del termine biennale di cui al secondo
comma della norma.
La corte territoriale, tuttavia, dopo essersi richiama-
to a tale giurisprudenza, così mostrando di condividerla,
ha, in modo sorprendente e del tutto contraddittorio, ha
affermato che non lo si poteva applicare quanto alla de-
correnza dal decreto di archiviazione, perché nessuna
attività istruttoria risultava compiuta nel lasso di tempo
fra la querela presentata dal F. (28 marzo 2002) e quel-
la dell’adozione del decreto di archiviazione (28 aprile
2002), ed ha fatto decorrere il corso della prescrizione
dalla data dell’illecito. Ma, in tal modo, ha frainteso in
modo palese il senso del precedente richiamato, che
implicava nel caso di decreto di archiviazione privo del
valore di sostanziale sentenza, l’applicabilità del termine
prescrizionale previa individuazione della sua misura in
applicazione del disposto del comma 2 e della prima parte
dell’art. 2947 comma 3, c.c., e, dunque, l’interrogarsi sul
se non ricorresse un illecito penale e, dunque, dovesse
applicarsi il termine biennale di cui al secondo comma
oppure ricorresse detto illecito e dovesse applicarsi il ter-
mine prescrizionale quinquennale correlato al delitto di
cui all’art. 582 c.p..
La regola applicata erroneamente dalla corte territo-
riale risulta individuabile in questi termini: quando so-
pravviene decreto di archiviazione riguardo ad un prete-
so illecito penale da circolazione stradale ed esso abbia
effettivamente solo tale valore in quanto emesso senza
compimento di un’istruttoria e perciò non sia equiparabile
ad una sentenza di proscioglimento, il giudice civile deve
applicare automaticamente la prescrizione biennale di cui
all’art. 2947 comma 2, c.c., facendola però decorrere dalla
data dell’illecito.
In tal modo, tuttavia, la Corte bresciana ha proceduto
ad un automatismo del tutto erroneo, perché la situazio-
ne di adozione di un decreto di archiviazione avente tale
effettiva natura deve essere apprezzata dal giudice civile
come situazione riguardo alla quale tale provvedimento
non assume alcun valore sull’apprezzamento dell’azione
risarcitoria, nel senso che esso non ha alcun effetto pre-
clusivo sulla valutazione del giudice civile in ordine alla
sussistenza nell’illecito degli estremi del reato, con ogni
conseguente implicazione sul regime della prescrizione.
Di modo che compete al giudice civile apprezzare se nel
fatto ricorrano gli estremi del reato e, dunque, debba ap-
plicarsi eventualmente, ai sensi dell’art. 2947, comma 3,
prima parte la più lunga prescrizione prevista per il rea-
to oppure non ricorrano e debba trovare applicazione il
termine prescrizionale più breve di natura civilistica. E,
dunque, nel caso di illecito da circolazione stradale quel-
lo maggiore eventualmente ricollegato al reato cagiona-
to con la relativa condotta oppure quello biennale di cui
all’art. 2947, comma 2.
Va detto anzi che la giurisprudenza più recente (Cass.
n. 1346 del 2009) deve essere intesa nel senso che tale
modus procedendi del giudice civile opera indipendente-
mente dalle modalità e dai contenuti del decreto di ar-
chiviazione, cioè indipendentemente dal modo in cui si è
pervenuti alla sua adozione e, dunque, anche se vi si sia
pervenuti attraverso attività istruttoria, sì che esso pre-
senti la sostanza di una valutazione di proscioglimento e,
dunque, di una sostanziale sentenza di proscioglimento.
Ciò, perché il giudice civile non può sovrapporre (come
aveva ipotizzato la sentenza evocata da quella qui impu-
gnata e quella in essa richiamata) alla veste formale del
provvedimento di archiviazione una propria valutazione
nel senso della sua connotazione come sentenza di pro-
scioglimento, tanto non essendo consentito dalla seconda
parte del comma 3 dell’art. 2947 c.c., che non contempla
l’archiviazione e, pertanto, non ne consente una valutazio-
ne sostanziale. Dovendo invece quel giudice, di fronte ad
un decreto di archiviazione, quale che ne sia la sostanza e,
dunque, quale che sia stata l’attività prodromica ad esso,
dare corso sempre e comunque ad una propria valutazione
circa la sussistenza o meno del fatto di reato, al f‌ine di
individuare la prescrizione applicabile.
In base ai rilievi svolti la corte territoriale avrebbe do-
vuto esaminare se, nonostante l’adozione del decreto di
archiviazione, nel fatto e, dunque, nella condotta di guida
della P. ricorrevano gli estremi del delitto di lesioni col-
pose (art. 582 c.p.) ai danni del qui ricorrente ed avrebbe
dovuto, pertanto, scrutinare a tale f‌ine l’appello principale
che invece ha dichiarato assorbito e, quindi, ove all’esi-
to dell’esame avesse ritenuto conf‌igurabile quel delitto a
carico della P., avrebbe dovuto applicare la prescrizione
quinquennale con decorso dalla data del fatto, mentre in
caso contrario avrebbe dovuto applicare il termine pre-
scrizionale di cui all’art. 2947 comma 2, c.c..
La corte territoriale non ha compiuto tale indagine ed
ha automaticamente applicato quest’ultimo termine senza
accertare e dire che nel fatto non ricorrevano gli estremi
di reato, cosa che avrebbe implicato lo scrutinio negativo
dell’appello principale.
3. Consegue la cassazione della sentenza impugnata
con rinvio ad altra sezione della corte territoriale comun-
que in diversa composizione. Essa procederà, scrutinando
prioritariamente l’appello principale del F. (e con piena
valutazione dei presupposti per la sua ammissibilità), ad
accertare se nel fatto ricorrevano oppure no gli estremi
di reato e, quindi, all’esito ad individuare il regime pre-
scrizionale applicabile, rispettivamente in quello di cui
alla prima parte del comma 3 dell’art. 2947 c.c. o in quello
biennale, con decorrenza sempre dal momento del fatto.
Al giudice di rinvio è rimesso di regolare le spese del
giudizio di cassazione. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. IV, 16 MARZO 2018, N. 12267
(UD. 13 FEBBRAIO 2018)
PRES. PICCIALLI – EST. PEZZELLA – P.M. GAETA (CONF.) – RIC. P.
Cosa giudicata penale y Effetti y Inammissibilità
di un secondo giudizio y Persona già sanzionata in
sede amministrativa y Sanzione amministrativa di
natura sostanzialmente penale y Violazione dell’art.
649 c.p.p. y Condizioni y Fattispecie in tema di so-
spensione della patente di guida.
. Non sussiste la preclusione all’esercizio dell’azione
penale di cui all’art. 649 cod. proc. pen., quale con-
seguenza della già avvenuta irrogazione, per lo stesso
fatto, di una sanzione amministrativa ma formalmente
"penale", ai sensi dell’art. 7 CEDU - come interpretato
dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo
nella causa A e B c. Norvegia del 15 novembre 2016 -
allorquando le due procedure risultino complementari,
in quanto dirette al soddisfacimento di f‌inalità sociali
differenti, e determinino l’inf‌lizione di una sanzione
penale "integrata", che sia prevedibile e, in concreto,
complessivamente proporzionata al disvalore del fat-
to. (In applicazione di tale principio la S.C. ha escluso
che possa qualif‌icarsi come "sostanzialmente penale"
la sanzione della sospensione della patente di guida,
mirando essa ad integrare, quale sanzione amministra-
tiva, l’editto sanzionatorio complessivo). (nuovo c.s.,
art. 186) (1)
(1) La pronuncia in epigrafe aderisce al principio espresso, pur con
riferimento a diversa fattispecie, da Cass. pen., sez. II, 24 febbraio
2017, n. 9184, in www.latribunaplus.it. Nel senso che la revoca della
patente di guida è sanzione amministrativa accessoria, non equipara-
bile alle pene accessorie, si veda Cass. pen., sez. I, 8 novembre 2012,
n. 43208, in questa Rivista 2013, 383. Si veda, inoltre, Cass. pen., sez.
IV, 11 maggio 2017, n. 23171, ivi 2017, 1037, che ha dichiarato manife-
stamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art.
186, comma 2-bis, c.d.s., in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., nella par-
te in cui prevede l’obbligo della sanzione amministrativa accessoria
della revoca della patente di guida, poichè tale sanzione non ha na-
tura "sostanzialmente penale", secondo l’interpretazione dell’art. 4
Prot. n. 7 CEDU adottata dalla Corte di Strasburgo nella sentenza 4
marzo 2014, Grande Stevens c. Italia.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Tribunale di Modena, pronunciando nei confronti
di P.A., con sentenza del 5 aprile 2017 di applicazione della
pena ex artt. 444 e ss. c.p.p., in sede di opposizione a de-
creto penale di condanna, gli applicava la pena di mesi 5 e
giorni 10 di arresto ed Euro 2.000,00 di ammenda, con re-
voca della patente di guida ex art. 186, comma 2 bis, D.L.vo
n. 285 del 1992.
L’imputato veniva giudicato per il reato di cui all’art.
186 c.d.s., comma 2, lett. c e comma 2 bis, per aver guida-
to l’autovettura Peugeot 206 targata (omissis), munita di
targa prova posteriore (omissis), in stato di ebbrezza in
conseguenza dell’uso di bevande alcoliche, essendo stato
accertato, dalla P.G. operante, un tasso alcolemico pari a

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