Corte di Cassazione Penale sez. IV, 11 aprile 2018, n. 16096 (ud. 20 febbraio 2018)

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giur giur
Arch. giur. circ. ass. e resp. 9/2018
LEGITTIMITÀ
9/2018 Arch. giur. circ. ass. e resp.
LEGITTIMITÀ
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. IV, 11 APRILE 2018, N. 16096
(UD. 20 FEBBRAIO 2018)
PRES. IZZO – EST. PAVICH – P.M. CASELLA (CONF.) – RIC. R.
Responsabilità da sinistri stradali y Stato di ne-
cessità y Manovra di emergenza o di fortuna y Omis-
sione y Colpa y Condizioni.
. In tema di responsabilità colposa da sinistri stradali,
il conducente di un veicolo non può essere chiamato a
rispondere delle conseguenze lesive di uno scontro per
non avere posto in essere una manovra di emergenza,
qualora si sia venuto a trovare in una situazione di peri-
colo improvvisa dovuta all’altrui condotta di guida ille-
cita, non utilmente ed agevolmente percepibile, tenuto
conto dei tempi di avvistamento, della repentinità della
condotta del soggetto antagonista, dei concreti spazi di
manovra, dei necessari tempi di reazione psicof‌isica.
(c.p., art. 43; c.p., art. 589) (1)
(1) In termini, si veda Cass. pen., sez. IV, 16 luglio 2008, n. 29442, in
questa Rivista 2009, 626 e, nel medesimo senso, Cass. pen., sez. IV,
18 aprile 2003, n. 18782, ivi 2004, 208. Cfr., inoltre, Cass. pen., sez.
IV, 14 gennaio 2003, n. 1031, ivi 2003, 285, secondo cui è rinvenibile
una condotta colposa del conducente che, versando in una situazio-
ne di pericolo per fatto altrui, non ponga in essere una manovra di
emergenza, solo ove questa sia utilmente ed agevolmente percepibile
(tenuto conto dei tempi di avvistamento, della repentinità o meno
della condotta del soggetto antagonista, degli spazi di manovra, dei
necessari tempi di reazione psico-f‌isica) e possa essere attuata, ol-
tre che in tempo utile, anche senza esporre a pericoli il conducente
medesimo e altri terzi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d’appello di Firenze, in data 13 marzo 2017,
ha confermato la condanna alla pena di giustizia emessa
dal Tribunale di Arezzo il 30 gennaio 2013 nei confronti di
R.E. in relazione al reato di omicidio colposo con violazio-
ne delle norme sulla circolazione stradale (capo A), con-
testato come commesso in (omissis) in danno di F.S.. Con
la stessa sentenza, la Corte f‌iorentina ha invece riformato
la sentenza di primo grado relativamente al delitto di fuga
ex art. 189 c.d.s., commi 1 e 6, (capo B), per essere il reato
estinto per prescrizione.
L’addebito a carico del R. si riferisce alla sua condotta
alla guida nelle prime ore dell’alba del (omissis), mentre
egli percorreva l’autostrada Al all’altezza di (omissis). Su
quel tratto autostradale, poco prima che sopraggiunges-
se la Fiat Panda condotta dall’imputato, F.S. aveva perso
il controllo della propria autovettura Fiat Uno, che dopo
un testacoda si fermava nella parte centrale della corsia di
marcia. Subito dopo, la F. usciva dall’autovettura per rac-
cogliere alcuni bagagli e indumenti che erano caduti dalla
sua auto sulla strada, a causa dell’apertura di una portie-
ra, ma ometteva di indossare il prescritto giubbotto cata-
rifrangente e di posizionare il segnale mobile di pericolo
nel tratto di strada immediatamente precedente. Allorchè
sopraggiungeva il R., questi non si avvedeva della donna e,
senza neppure frenare, la investiva procurandole gravi le-
sioni agli arti e al torace e facendola sbalzare a distanza di
alcuni metri. Successivamente, la donna, caduta sul manto
stradale, veniva nuovamente travolta dall’autobus condot-
to da G.F. e, in conseguenza di ciò, decedeva. Il G., impu-
tato nello stesso processo, veniva assolto in primo grado.
A fronte delle censure mosse con l’atto d’appello all’af-
fermazione di penale responsabilità del R., che lamentava
in particolare l’imprevedibilità della condotta della vitti-
ma in una situazione di scarsissima visibilità, la Corte di
merito ha osservato che in realtà altri automobilisti, pri-
ma del sopraggiungere del R., erano riusciti a vedere e a
schivare la F., segno evidente che l’imputato, sebbene non
si fosse accorto della presenza della donna sulla strada,
avrebbe a sua volta potuto evitare l’impatto se avesse te-
nuto una velocità adeguata allo stato dei luoghi, alle con-
dizioni della strada e alla visibilità limitata.
2. Avverso la prefata sentenza ricorre il R., con atto
personalmente sottoscritto.
Il ricorso si articola in due motivi.
2.1. Con il primo, ampio motivo, l’esponente denuncia vi-
zio di motivazione in riferimento alla mancata assoluzione
dal reato ascrittogli: dopo avere rievocato il succedersi degli
eventi (a partire dal testacoda dell’auto della F.) secondo
la ricostruzione operata dal consulente ing. C., il ricorrente
evidenzia in primo luogo che il decesso della F. non fu do-
vuto all’investimento dallo stesso provocato, ma all’impatto
fra la donna e l’autobus condotto dal G., sopraggiunto dopo
appena tre minuti: circostanza dalla quale il R. argomenta
l’inutilità di un suo eventuale intervento per prestare soc-
corso, in una situazione oltretutto di alto rischio (circostan-
za, questa, non considerata dai giudici di merito, che hanno
ritenuto di ravvisare un’ipotesi di violazione dell’obbligo di
fermarsi, pur dichiarando prescritto il reato sub B). A chiu-
sura del motivo di ricorso in esame, il deducente sottolinea
l’imprevedibilità della condotta della vittima, in una condi-
zione di visibilità estremamente limitata.
2.2. Con un secondo motivo di ricorso l’esponente la-
menta violazione di legge e mancanza di motivazione in
relazione al rigetto della richiesta di rinnovazione parzia-
le dell’istruzione dibattimentale, mediante nomina di un
perito d’uff‌icio sulla ricostruzione dell’incidente e sulle
responsabilità delle persone coinvolte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
È ben vero che, secondo un indirizzo giurispruden-
ziale più volte ribadito in tema di responsabilità colposa
da sinistri stradali, il conducente di un veicolo non può
essere chiamato a rispondere delle conseguenze lesive di
uno scontro per non avere posto in essere una manovra
di emergenza, qualora si sia venuto a trovare, senza sua
colpa, causalmente rilevante, in una situazione di perico-
lo, improvvisa e dovuta all’altrui condotta di guida illecita,
non utilmente ed agevolmente percepibile, tenuto conto
dei tempi di avvistamento, della repentinità della condot-
ta del soggetto antagonista, dei concreti spazi di manovra,
dei necessari tempi di reazione psicof‌isica (sez. IV, sen-
tenza n. 29442 del 24 giugno 2008, Francogli e altri, Rv.
241896; sez. IV, sentenza n. 18782 del 28 novembre 2002
dep. 2003, Petrivelli, Rv. 224565). Nella specie, tuttavia,
sebbene sicuramente la condotta tenuta dalla povera F.S.
fosse nell’occorso gravemente imprudente, nondimeno è
comprovato e pacif‌ico che, prima che sul posto transitasse
la vettura condotta dal ricorrente, altre auto erano transi-
tate dallo stesso tratto di strada e, accorgendosi della pre-
senza della vettura e della donna sulla carreggiata, erano
riuscite a evitarle: ciò signif‌ica che, mentre i conducenti di
queste ultime vetture procedevano a una velocità eviden-
temente compatibile con i tempi di reazione necessari per
evitare l’ostacolo, ciò non valeva per il R., il quale neppure
si accorse della presenza della Fiat Uno e della F. (non vi
erano infatti segni di frenata f‌ino al punto d’impatto) e
non tenne quindi una condotta di guida adeguata allo sta-
to dei luoghi, alle cattive condizioni di visibilità e all’orario
quasi notturno, come invece erano stati in grado di fare gli
automobilisti che lo avevano preceduto.
In sostanza, la condotta tenuta dall’odierno ricorrente,
oltrechè caratterizzata quanto meno da imprudenza, violò
sicuramente l’art. 141 c.d.s., atteso che l’orario anteluca-
no, l’oscurità e l’assenza di illuminazione imponevano di
moderare la velocità mantenendola al disotto del limite
massimo consentito, e comunque al disotto di quella ef-
fettivamente tenuta, in modo tale da assicurare al condu-
cente - a norma dell’art. 141 c.d.s., commi 1, 2 e 3, - la
possibilità di regolare la velocità, conservare il controllo
del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte
le manovre necessarie in condizione di sicurezza, special-
mente l’arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del
suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo pre-
vedibile: previsione, si badi, che resta valida anche in tutti
i casi nei quali sono f‌issati limiti di velocità e che deve
riferirsi alla possibilità, certamente non astratta, che sulla
sede stradale siano presenti ostacoli, ed eventualmente
anche veicoli in avaria o incidentati e relativi conducenti
od occupanti.
Se, dunque, l’odierno ricorrente avesse moderato la
velocità e avesse per il resto serbato una condotta di gui-
da aderente alle prescrizioni generiche e specif‌iche (pre-
stando in particolare attenzione allo stato dei luoghi e alla
possibile presenza di veicoli sulla sua traiettoria), sarebbe
con ogni probabilità riuscito a evitare l’investimento della
donna, come avevano fatto altri automobilisti prima di
lui. Del resto, è insegnamento costante della Cassazione
nell’ampia e nota tematica del c.d. principio di aff‌idamen-
to - che le norme sulla circolazione stradale impongono
severi doveri di prudenza e diligenza proprio per far fronte
a situazioni di pericolo, determinate anche da comporta-
menti irresponsabili altrui, se prevedibili (cfr. ex multis
sez. IV, n. 32202 del 15 luglio 2010, Filippi, Rv. 248354).
Ne discende che l’affermazione di penale responsabili-
tà del R., contrariamente a quanto da questi sostenuto, è
avvenuta in relazione a un evento mortale caratterizzato
sia da prevedibilità in concreto (desumibile anche dalla
stessa disposizione cautelare violata), sia da evitabilità.
1.1. Quanto alla riferibilità del decesso della F. alla con-
dotta alla guida tenuta dal R., le considerazioni svolte dal
ricorrente per negare rilevanza eziologica a tale compor-
tamento sono palesemente destituite di fondamento.
È certo, infatti, che il R., con la sua condotta alla guida,
innescò la serie causale che condusse al successivo investi-
mento mortale della F. ad opera dell’autobus condotto dal G..
Deve parimenti ritenersi certo che le conseguenze le-
sive riportate dalla F. in seguito all’impatto con l’auto del
R. fecero sì che la povera donna assumesse sulla strada la
posizione descritta in atti, e ivi rimanesse nell’impossibili-
tà di spostarsi a causa delle gravi lesioni riportate.
In tali condizioni, non poteva certo dirsi imprevedibile
quanto accadde di lì a pochi minuti, allorchè sopraggiunse
l’autobus condotto dal G. e travolse la F.. Al riguardo preme
evidenziare che l’eventuale condotta colposa dei guidatori
dei veicoli sopraggiunti, seppure sinergica, non può rite-
nersi da sola suff‌iciente a determinare l’evento non essen-
do qualif‌icabile come atipica ed eccezionale ma potendo,
bensì, collocarsi nell’ambito della prevedibilità (cfr. sez.
IV, sentenza n. 10676 del 11 febbraio 2010, Esposito, Rv.
246422; vds. anche sez. IV, n. 578/1997 e n. 12224/2007);
e che, in caso di omicidio colposo da incidente stradale,
le cause sopravvenute idonee ad escludere il rapporto di
causalità sono quelle che innescano un percorso causale
completamente autonomo da quello determinato dall’a-
gente, oppure i fatti sopravvenuti che realizzano una li-
nea di sviluppo del tutto anomala e imprevedibile della
condotta antecedente (sez. IV, sentenza n. 42502 del 25
settembre 2009, Begnardi, Rv. 245460).
Nella specie, il sopraggiungere dell’autobus sul tratto
autostradale interessato dall’incidente apparteneva a una
categoria di eventi concretamente prevedibili dal R. nel
momento in cui investì la donna; e, indipendentemente
da ogni considerazione circa la sussistenza o meno degli
estremi del delitto di fuga dichiarato prescritto, ciò che
appare certo è che egli pose in essere una condotta che
aprì la strada ai successivi, prevedibili sviluppi letali e si
allontanò dal luogo dell’impatto senza fare alcunchè, non
solo per soccorrere la donna, ma neppure per tentare di
impedire che la stessa riportasse ulteriori conseguenze.
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente in-
fondato, oltrechè del tutto generico. Ci si limita qui a ri-
cordare il costante orientamento della giurisprudenza di
legittimità in base al quale, nel dibattimento del giudizio
di appello, la rinnovazione dell’istruzione mediante nomi-
na di un perito può essere disposta soltanto se il giudice
ritenga di non essere in grado di decidere allo stato degli
atti (sez. II, sentenza n. 36630 del 15 maggio 2013, Bom-
marito, Rv. 257062). Nella specie, non risulta (nè viene
in alcun modo allegato dal ricorrente) alcun vuoto pro-
batorio tale da rendere necessaria un’integrazione dell’i-
struzione dibattimentale nel senso prospettato; e, del re-
sto, a ben vedere, per le considerazioni svolte a proposito
del primo motivo di ricorso, la stessa ricostruzione degli
eventi operata dal consulente tecnico della difesa non
avrebbe condotto a conclusioni diverse da quelle cui è
pervenuta la Corte di merito.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali. (Omissis)

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