Corte di Cassazione Penale sez. IV, 16 febbraio 2018, n. 7664 (ud. 6 dicembre 2017)

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giur giur
Arch. giur. circ. ass. e resp. 6/2018
LEGITTIMITÀ
6/2018 Arch. giur. circ. ass. e resp.
LEGITTIMITÀ
tuative di un facere suscettibile di essere preteso e aziona-
to dinanzi all’Autorità giudiziaria, perché ciò condurrebbe
per via interpretativa alla totale abrogazione della norma.
Al contrario l’identità fra il risultato astrattamente ot-
tenibile dall’azionamento della legittima potestà giurisdi-
zionale deve coincidere con il f‌ine che l’autore si pref‌igge
di conseguire attraverso la condotta violenta o minatoria e
non già con la condotta stessa.
2.3. L’art. 393 c.p. punisce con la reclusione f‌ino a un
anno chiunque, al f‌ine di esercitare un preteso diritto, e
potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione
da sè medesimo usando violenza o minaccia alle persone.
Il farsi arbitrariamente ragione consiste nel soddisfare
il diritto rivendicato, suscettibile di tutela giurisdizionale,
mediante il ricorso alla violenza o alla minaccia: il con-
tenuto del diritto rivendicato deve coincidere con il bene
della vita conseguito attraverso la condotta di arbitraria
soddisfazione.
Tale principio è ben scandito nella giurisprudenza di
questa Corte, secondo cui non ricorre il delitto di ragion
fattasi, ma quello di violenza privata, allorché l’esplica-
zione di attività costrittiva non corrisponde al contenuto
del possibile esercizio del potere giurisdizionale, perché
la pretesa arbitrariamente attuata dall’agente deve cor-
rispondere perfettamente all’oggetto della tutela appre-
stata in concreto dall’ordinamento giuridico e ciò che ca-
ratterizza il reato in questione è la sostituzione, operata
dall’agente, dello strumento di tutela pubblico con quello
privato (Sez. VI, n. 21197 del 12 febbraio 2013, Domenici,
Rv. 256547; Sez. V, n. 26176 del 19 maggio 2010, Tallarico,
Rv. 247900; Sez. V, n. 38820 del 26 ottobre 2006, Barattelli
e altri, Rv. 235765).
2.4. Nella fattispecie il diritto rivendicato dal R. verso
la B. era il diritto al pagamento del corrispettivo dell’av-
venuta fornitura di carburante, perfettamente suscetti-
bile di tutela giurisdizionale, ma il vantaggio conseguito
forzosamente attraverso la violenza impropria esercitata
mediante il prelievo della chiave di accensione dell’auto-
vettura della B. è stato l’astensione della persona offesa
dal diritto di allontanarsi senza attendere l’arrivo dei Ca-
rabinieri, che il R. non aveva il diritto di pretendere e tan-
tomeno di conseguire in via giurisdizionale.
Per completezza, è d’uopo aggiungere che la pretesa
del R. aveva rilievo meramente civilistico e non sussisteva,
neppure astrattamente, alcuna ipotesi che potesse legitti-
mare un arresto in f‌lagranza.
2.5. Non possono rinvenirsi argomenti a favore delle
tesi del ricorrente nella recente pronuncia di questa Se-
zione invocata dal difensore (Sez. V, n. 49025 del 23 giugno
2017, Iannantuono, Rv. 271272), che ha affermato che il
reato di violenza privata concorre con quello di esercizio
arbitrario delle proprie ragioni ogniqualvolta manchi una
connessione diretta tra la violenza o minaccia e l’esercizio
delle proprie ragioni, o quando l’agente ponga in essere
distinte condotte minacciose volte a f‌inalità diverse. Nella
fattispecie esaminata, questa Corte ha ritenuto il reato di
violenza privata assorbito in quello di “ragion fattasi”, in
quanto la condotta dell’agente, consistita nel trattenere
le chiavi della vettura della persona offesa per impedirgli
di allontanarsi, era anch’essa, al pari degli atti di violenza
esercitati sulla persona offesa, direttamente ed esclusiva-
mente f‌inalizzata ad ottenere il pagamento di una somma
di denaro dovutagli.
Nello stesso contesto la persona offesa aveva subito la
sottrazione delle chiavi dell’automezzo ed era stata pic-
chiata e minacciata; per queste ragioni la sottrazione delle
chiavi è stata assorbita nell’esercizio arbitrario violento
delle proprie ragioni.
Implicitamente la sentenza riconosce che se non vi
fosse stata contestualità la violenza privata non sarebbe
rimasta assorbita, laddove viene osservato che “ È fondato,
invece, il primo motivo di ricorso, in quanto la condotta
ascritta agli imputati al capo c) (qualif‌icata come violen-
za privata) è stata posta in essere nel medesimo contesto
spaziale e temporale e con la medesima f‌inalità di quella
rubricata al capo a): vale a dire, con lo scopo di costringe-
re ad eseguire la prestazione cui - secondo il loro giudizio
- avevano diritto. Altrimenti detto, la violenza alla persona
- consistita nel trattenere le chiavi dell’autovettura di per
impedirgli di allontanarsi - era anch’essa funzionale all’e-
sercizio del preteso diritto di credito, sicché rimane assor-
bita nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni,
che ha la violenza come proprio elemento costitutivo”.
2.6. La conf‌igurazione in termini di violenza privata,
perseguibile d’uff‌icio, rende irrilevante l’avvenuta remis-
sione della querela.
3. Il ricorso va quindi rigettato con la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
(Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. IV, 16 FEBBRAIO 2018, N. 7664
(UD. 6 DICEMBRE 2017)
PRES. IZZO – EST. NARDIN – P.M. BALSAMO (CONF.) – RIC. B.
Responsabilità da sinistri stradali y Colpa del
conducente y Obbligo di prevedere le imprudenze
altrui y Principio di aff‌idamento y Operatività y Li-
miti y Fattispecie relativa a responsabilità per omi-
cidio colposo del conducente di un motociclo, su
cui era trasportata la vittima, che, a una velocità
del sessanta per cento superiore a quella consen-
tita, aveva tentato la manovra vietata di sorpasso
a sinistra.
. Il principio dell’aff‌idamento, nello specif‌ico campo
della circolazione stradale, trova opportuno tempera-
mento nell’opposto principio secondo il quale l’utente
della strada è responsabile anche del comportamento
imprudente altrui, purché rientri nel limite della pre-
vedibilità. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto im-
mune da vizi la sentenza con la quale era stata ritenuta
la responsabilità per omicidio colposo del conducente
di un motociclo, su cui era trasportata la vittima, che,
a una velocità del sessanta per cento superiore a quel-
la consentita, aveva tentato la manovra vietata di sor-
passo a sinistra per evitare l’impatto con l’auto che lo
precedeva la quale, giunta in prossimità di un incrocio,
senza avere azionato l’indicatore di direzione e senza
controllare che da tergo non provenisse nessuno, aveva
iniziato a bassa velocità manovra di svolta a sinistra).
(c.p., art. 43; c.p., art. 589) (1)
(1) Analogamente si vedano: Cass. pen., sez. IV, 1 giugno 2017, n.
27513, in questa Rivista 2017, 804; Cass. pen., sez. IV, 11 febbraio
2016, n. 5691, in www.latribunaplus.it e Cass. pen., sez. IV, 24 mar-
zo 2015, n. 12260, in questa Rivista 2015, 872. Si veda, inoltre, Cass.
pen., sez. IV, 23 maggio 2017, n. 25552, in www.latribunaplus.it,
che ricorda come nei sinistri stradali, l’obbligo di moderare adegua-
tamente la velocità, in relazione alle caratteristiche del veicolo ed
alle condizioni ambientali, vada inteso nel senso che il conducente
deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione,
tenendo altresì conto di eventuali imprudenze altrui, purché ragio-
nevolmente prevedibili.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza del 9 marzo 2017 la Corte d’appello
di Torino ha confermato la sentenza del G.U.P. presso il
Tribunale di Torino condannando B.G., concesse le atte-
nuanti generiche, nonché l’attenuante del risarcimento
del danno, alla pena di mesi sei di reclusione per il reato
di cui agli artt. 113 e 589 c.p. per avere concorso a cagio-
nare un sinistro stradale nel quale perdeva la vita Be.Be.,
per imprudenza negligenza ed imperizia, consistita nel
condurre, in ora notturna, il motoveicolo Ducati Monster,
su cui era trasportata la vittima ad una velocità del 60%
superiore a quella consentita (50 km orari), impattando
contro l’autovettura di P.G., - rispetto alla quale la moto
sopraggiungeva da tergo - che impegnando la medesima
via, affrontava la svolta a sinistra ad una velocità di 25/30
km. orari, così causando la proiezione della Be. contro una
recinzione, con conseguente decesso della medesima, do-
vuto alla frattura cervicale.
2. La sentenza d’appello ha dato atto che il G.U.P. ha
ricostruito il sinistro sulla base della consulenza tecnica
del Pubblico Ministero, dalla quale era emerso che il mo-
toveicolo - che viaggiava ad alta velocità sulla medesima
via pubblica cittadina dell’auto condotta dalla P. (giudi-
cata separatamente) - per evitare l’auto - che impegnava
la svolta a sinistra, a bassa velocità, pur se la moto era
entrata nel suo campo visivo prima dell’impostazione della
manovra - tentava di superarla a sinistra, manovra non
consentita in prossimità dell’intersezione, stante il nettis-
simo differenziale di velocità. Il motoveicolo, le cui tracce
di frenata erano ben visibili, impattava contro l’auto sulla
parte anteriore sinistra di questa. Nessuna ricostruzione
era stata possibile sul momento del prodursi dello scarroc-
ciamento della moto, se prima o dopo l’urto, nè sul contri-
buto del tombino, posto al centro della strada, al di sopra
del quale venivano meno i segni di frenata della moto. Sul-
la base della ricostruzione delle modalità di accadimento
del sinistro, la Corte ha giudicato temerario l’appello del
B., rilevando che, in ogni caso, la cooperazione causale del
B. sarebbe palese, essendo comunque il prof‌ilo della sua
colpa ben più signif‌icativo di quello a carico della P.. Non
può, infatti, ritenersi elemento sottratto al controllo del
conducente, in quanto non imprevedibile, nè anomalo, nè
eccezionale, che un’auto in prossimità di un incrocio effet-
tui una svolta, ancorchè senza accertarsi della presenza di
veicoli sopravvenienti, con la conseguenza che l’imputato
avrebbe certamente potuto evitare l’impatto se si fosse at-
tenuto alle regole, avendo avuto modo di vedere avanti a
sè la vettura, che procedeva lentamente.
3. Avverso la sentenza propone ricorso l’imputato, a
mezzo del suo difensore, aff‌idandolo ad un unico motivo,
con cui lamenta, ex art. 606, comma 1, lett. e) il vizio di
contraddittorietà della motivazione. Osserva che il deter-
minarsi del sinistro era ascrivibile alla sola condotta della
P., la quale avendo posto in essere una manovra impru-
dente, consistita nel non accertarsi del sopraggiungere di
altro veicolo, in violazione dell’art. 154 c.d.s., comma 1,
aveva posto in essere la causa scatenante, creando una de-
stabilizzazione irreversibile della moto, che aveva dovuto
fare ricorso ai freni con conseguente perdita di aderenza e
violento impatto contro l’auto.
Rileva che la condotta della P., unitamente alla presen-
za del tombino che aveva contribuito a far perdere ade-
renza al veicolo, era causa idonea ad interrompere il nesso
causale fra la condotta del B. e l’evento. Il che non poteva
che condurre ad una sentenza di assoluzione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è inammissibile.
2. La questione posta dalla doglianza è inerente la con-
f‌igurabilità dell’azione della conducente dell’auto come
causa sopravvenuta che innescando un rischio nuovo e
incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio
originario attivato dalla prima condotta, comporti l’inter-
ruzione del nesso causale tra condotta tenuta dal condu-
cente della moto ed evento.
3. Ora, va ricordato che in tema di responsabilità per
colpa, il principio dell’aff‌idamento trova un temperamento
nell’opposto principio secondo il quale il soggetto garante
del rischio è responsabile anche del comportamento im-
prudente altrui purchè questo rientri nel limite della pre-
vedibilità in base alle circostanze del caso concreto. (cfr.
da ultimo in tema di circolazione stradale sez. IV, n. 5691
del 2 febbraio 2016 - dep. 11 febbraio 2016, Tettamanti,
Rv. 26598101; sez. IV, n. 27513 del 10 maggio 2017 - dep. 1
giugno 2017, Mulas, Rv. 26999701, ma anche così sez. IV, n.
46818 del 25 giugno 2014, Nuzzolese, Rv. 261369). Giova
altresì sottolineare che la prevedibilità dell’imprudenza
altrui impone di adeguare la velocità non solo alle carat-
teristiche del veicolo, ma alle condizioni ambientali, in
modo da poter padroneggiare il veicolo medesimo, in ogni
situazione. (cfr. sez. IV, n. 25552 del 27 aprile 2017 - dep.
23 maggio 2017, Luciano, Rv. 27017601).
4. La sentenza impugnata ha fatto buon governo di que-
sti principi sottolineando che la manovra del motociclista,
consistita nel predisporsi al sorpasso a sinistra dell’auto
che lo precedeva, seppure inevitabile, stante la grande
differenza della velocità tenuta dai veicoli, cionondimeno
era vietata, mentre era del tutto prevedibile che l’auto che

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