Corte di Cassazione Penale sez. III, 4 ottobre 2016, n. 41462 (ud. 30 marzo 2016)

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giur
Arch. giur. circ. e sin. strad. 2/2017
LEGITTIMITÀ
che dispone che, con il decreto di condanna il giudice or-
dina la conf‌isca nei casi previsti dall’art. 240 c.p., comma 2,
così escludendo implicitamente le ipotesi in cui la conf‌isca
sia prevista come obbligatoria da altre disposizioni di legge,
quali gli artt. 256, comma 3 (quanto alla conf‌isca dell’area
della discarica abusiva), e 259, comma 2 (quanto alla conf‌i-
sca del veicolo utilizzato) del D.L.vo n. 152 del 2006.
Tali disposizioni, del resto, non si riferiscono generica-
mente alla "condanna", ossia non descrivono il contenuto
della decisione, ma si riferiscono esplicitamente alla sua
struttura, specif‌icando che si deve trattare di "sentenza di
condanna o di patteggiamento"; con la conseguenza che
non può trattarsi di decreto penale di condanna.
In conclusione, l’art. 460 c.p.p. e gli artt. 256 e 259
del D.L.vo n. 152 del 2006 si coordinano tra loro: il pri-
mo esclude che il decreto penale si estenda alle conf‌ische
obbligatorie previste da leggi speciali e gli altri due (che
prevedono una conf‌isca obbligatoria speciale) escludono
il decreto penale.
A questa conclusione non può opporsi che vi sarebbe
una sostanziale equivalenza tra conf‌isca obbligatoria ex
art. 240, secondo comma, c.p. e conf‌ische obbligatorie pre-
viste da leggi speciali. La giurisprudenza di questa Corte
ha, infatti, sempre escluso una tale equivalenza, afferman-
do costantemente che le misure di sicurezza patrimoniali
previste come obbligatorie da leggi speciali, nel caso di
condanna dell’imputato, non sono equiparabili a quella di
cui all’art. 240, secondo comma, c.p. avente ad oggetto il
prezzo del reato ovvero le cose la cui fabbricazione, uso,
porto, detenzione o alienazione costituisce reato (ex plu-
rimis, sez. III, n. 18774 del 2012; sez. III, 11 gennaio 2005,
n. 2949, rv. 230868; sez. un., 25 marzo 1993, n. 5, rv. 193120;
sez. un., 15 dicembre 1992, n. 1811/1993, rv. 192494). Tale
conclusione trova conferma sulla base della ratio legis.
Infatti, la conf‌isca prevista dai richiamati artt. 256 e 259,
ha chiaramente una funzione sanzionatoria, perchè è una
forma di rappresaglia legale nei confronti dell’autore del
reato e mira a colpirlo nei suoi beni.
In questa ottica è ben comprensibile che il legislatore
voglia specif‌icare, con una valutazione legale tipica, i casi in
cui tale sanzione aggiuntiva, a volte molto più pesante della
sanzione penale principale, debba obbligatoriamente inter-
venire. Ed è plausibile che il legislatore abbia voluto esclu-
derla nei casi di decreto penale, tipicamente meno gravi.
Sarebbe infatti irrazionale consentire una forte mitigazione
di pena ed imporre nel contempo una misura tanto radicale.
Da quanto precede consegue che la scelta del rito per
decreto da parte del pubblico ministero si pone in insana-
bile contrasto con la richiesta e la conseguente adozione
del sequestro preventivo f‌inalizzato ad una conf‌isca che
non si sarebbe potuto ordinare. Del resto, la decisione del
giudice deve tenere conto dello stato in cui si trova il pro-
cedimento al momento in cui la decisione è presa; e su di
essa non possono avere incidenza le eventuali evoluzioni
del procedimento stesso. Come visto, al momento in cui
il giudice ha adottato il provvedimento, la conf‌isca non
poteva essere disposta, cosicchè mancava, appunto, il pre-
supposto della concreta conf‌iscabilità del bene. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 4 OTTOBRE 2016, N. 41462
(UD. 30 MARZO 2016)
PRES. GRILLO – EST. ACETO – P.M. FRATICELLI (DIFF.) – RIC. CICCHETTI ED ALTRI
Parte civile y Impugnazioni y Legittimazione e inte-
resse y Assoluzione perché il fatto non costituisce
reato y Interesse all’impugnazione y Insussistenza y
Ragioni y Fattispecie relativa ad assoluzione dal re-
ato di omicidio colposo a seguito di sinistro strada-
le, ex art. 530, comma secondo, c.p.p., determinata
dalla insussistenza di suff‌icienti elementi di prova
per dichiarare la colpa dell’imputata.
. È inammissibile per carenza di interesse il ricorso
della parte civile avverso la sentenza di assoluzione con
la formula "perché il fatto non costituisce reato", per
mancanza dell’elemento psicologico, trattandosi di ac-
certamento che non ha eff‌icacia di giudicato nell’even-
tuale giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento
del danno. (Fattispecie di assoluzione dal reato di omi-
cidio colposo a seguito di sinistro stradale, ai sensi del-
l’art. 530, comma secondo, cod. proc. pen., determinata
dalla insussistenza di suff‌icienti elementi di prova per
dichiarare la colpa dell’imputata, in relazione alla qua-
le la S.C. ha precisato che se in sede penale il dubbio
non consente di vincere la presunzione di innocenza,
in sede civile, invece, rafforza la presunzione di colpa
prevista dall’art. 2054 cod. civ.). (c.p.p., art. 530; c.p.p.,
art. 568; c.p.p., art. 652; c.c., art. 2054) (1)
(1) Cfr., nel senso che è inammissibile per difetto di un interesse con-
creto il ricorso immediato per cassazione proposto dalla parte civile
che non contesti l’accertamento della causa di giustif‌icazione e sia
diretto soltanto alla sostituzione nella sentenza di proscioglimento
della formula, da quella «perché il fatto non sussiste» a quella «per-
ché il fatto non costituisce reato», Cass. pen., sez. IV, 28 novembre
2014, n. 49710, in Ius&Lex dvd n. 2/2016, ed. La Tribuna e Cass. pen.,
sez. un., 28 ottobre 2008, n. 40049, in Riv. pen. 2009, 43. Contra Cass.
pen., sez. V, 8 marzo 2016, n. 9518, in Ius&Lex dvd n. 2/2016, ed. La
Tribuna e Cass. pen., sez. V, 2 febbraio 2005, n. 3416, in Riv. pen. 2006,
587, nel senso che sussiste l’interesse della parte civile ad impugnare,
ai f‌ini civili, la sentenza di assoluzione dell’imputato con la formula
"perché il fatto non costituisce reato" (per mancanza dell’elemento
psicologico), in quanto, ai sensi dell’art. 652 cod. proc. pen., l’azione
civile per il risarcimento del danno da fatto illecito è preclusa, oltre
che nei casi in cui l’imputato sia stato assolto per non avere commes-
so il fatto o perché il fatto non sussiste, anche quando egli sia stato
assolto perché il fatto non costituisce reato, data l’identità di natura e
di intensità dell’elemento psicologico rilevante ai f‌ini penali e a quel-
li civili, con la conseguenza che un’eventuale pronuncia del giudice
civile che dovesse affermare la sussistenza di tale elemento, escluso
o messo in dubbio dalla sentenza penale irrevocabile, si porrebbe in
contrasto con il principio dell’unità della funzione giurisdizionale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza del 20 novembre 2013, la Corte di ap-
pello di Perugia, decidendo in sede rescissoria ed in par-
ziale riforma della sentenza di condanna del 21 ottobre
2008 del Tribunale di L’Aquila, ha assolto, ai sensi dell’art.
530, cpv., c.p.p., la sig.ra Maria Rita Santirocco dal reato di

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