Corte Di Cassazione Penale Sez. Vi, 10 Giugno 2016, N. 24374 (Ud. 19 Febbraio 2016)

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giur
Arch. nuova proc. pen. 5/2016
LEGITTIMITÀ
mora che il giudice della cautela ha dunque completa-
mente omesso di indicare e di esporre, in presenza di una
fattispecie che invece necessariamente lo richiedeva, in
quanto non rientrante nelle eccezioni in base alle quali
siffatta motivazione non è necessaria perchè il periculum
in mora è in esse considerato presente in re ipsa sul rilievo
che il provvedimento ablativo è strutturalmente concepito
in maniera indipendente dalla sussistenza di un esigenza
cautelare impeditiva, che viceversa il vincolo imposto, nel
caso in esame, esigeva.
Ne consegue che il tribunale del riesame si sarebbe
dovuto limitare, in mancanza totale di motivazione su un
elemento costitutivo della fattispecie cautelare, a rileva-
re, anche d’uff‌icio, la nullità del provvedimento genetico
dispositivo del vincolo di natura reale non potendo, in
presenza di un espresso divieto normativo, integrarlo, es-
sendo l’esercizio del potere integrativo della motivazione
del provvedimento cautelare escluso, per espressa previ-
sione di legge, nei casi in cui manchi la motivazione o
la stessa non contenga l’autonoma valutazione delle esi-
genze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla
difesa.
Come la giurisprudenza di legittimità ha costantemen-
te affermato nella nozione di “violazione di legge”, in tema
di riesame delle misure cautelari reali, che abilita la par-
te interessata a proporre il ricorso per cassazione, rien-
trano tanto la mancanza assoluta di motivazione quanto
la presenza di motivazione meramente apparente, perchè
correlate all’inosservanza di precise norme processuali
(per tutte, sez. un., n. 5876 del 28 gennaio 2004, Bevi-
lacqua, Rv. 226710), con la conseguenza che, in presenza
del vizio denunciato, l’ordinanza impugnata, assorbiti gli
altri motivi di impugnazione proposti, va annullata sen-
za rinvio, unitamente al decreto di sequestro dispositivo
del vincolo, con restituzione del bene all’avente diritto.
(Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. VI, 10 GIUGNO 2016, N. 24374
(UD. 19 FEBBRAIO 2016)
PRES. FIDELBO – EST. DI SALVO – P.M. LOY (DIFF.) – RIC. MANCINI
Giudizio abbreviato y Procedimento y Utilizza-
bilità delle prove y Dichiarazioni spontanee rese
dall’imputato dopo il ricevimento dell’avviso di cui
all’art. 63, comma 1 c.p.p..
False informazioni al pubblico ministero y Ele-
mento oggettivo y Esplicito rif‌iuto dell’imputato
di fornire informazioni y Ex art. 371 bis, secondo
comma y Risposte elusive e vaghe y Equiparazione.
. Sono pienamente utilizzabili nel giudizio abbreviato
le dichiarazioni che l’imputato abbia spontaneamente
reso, pur in assenza di difensore, dopo aver ricevuto
l’avviso di cui all’art. 63, comma 1, c.p.p. (Mass. Re-
daz.) (c.p.p., art. 63; c.p.p., art. 350) (1)
. Ai f‌ini di cui all’art. 371 bis, comma 2, c.p., deve equi-
pararsi all’esplicito rif‌iuto di fornire informazioni (in
presenza del quale non si dà luogo alla sospensione del
procedimento penale in ordine al reato di cui al pre-
cedente comma 1 dello stesso articolo), la condotta
del soggetto il quale, a fronte delle domande che gli
vengono poste, si trinceri ostinatamente dietro risposte
del tipo: “non ricordo”, “non ho visto”, “non ho sentito”.
(Mass. Redaz.) (c.p., art. 371 bis) (2)
(1) Nello stesso senso si vedano Cass. pen., sez. V, 12 maggio 2010, n.
18064, in questa Rivista 2011, 448 e Cass. pen., sez. VI, 2 luglio 2004,
n. 29138, ivi 2005, 1118.
(2) Per un inquadramento del reato in oggetto si veda Cass. pen., sez.
VI, 4 maggio 2000, n. 5255, in Ius&Lex dvd n. 2/2016, ed. La Tribuna.
Sull’insussistenza dell’obbligo di sospensione del procedimento, per
il caso descritto dall’art. 371 bis, comma 2, si veda Cass. pen., sez. VI,
28 aprile 2011, n. 16558, in questa Rivista 2012, 790. Sull’argomento
si vedano Cass. pen., sez. V., 19 ottobre 2010, n. 37306, ivi 2011, 1313
e Cass. pen., sez. VI, 1 luglio 1994, n. 2095, ivi 1994, 679.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Mancini Giovanni Battista ricorre per cassazione
avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale, in
riforma della sentenza assolutoria emessa in primo grado,
è stata dichiarata la sua penale responsabilità in ordine
al delitto di cui all’art. 371-bis c.p. per essersi rif‌iutato di
confermare una dichiarazione resa dalla suocera, Olivi
Maria Giacinta, la quale aveva riferito di aver saputo dal
Mancini stesso del rinvenimento del cadavere del Narduc-
ci, legato con dei pesi alle mani.
2. Il ricorrente deduce, con il primo motivo, violazione
di legge e vizio di motivazione, poiché la frase proferita dal
ricorrente, secondo cui la f‌iglia era nata grazie all’inter-
vento del prof. Ugo Narducci, di cui la suocera era collega
ed amica, non è utilizzabile, neanche nel rito abbreviato,
celebratosi nel caso di specie, poiché successiva all’inter-
ruzione dell’audizione da parte del pubblico ministero,
ex art. 63 c.p.p. L’affermazione relativa all’utilizzabilità
non può d’altronde fondarsi né sul disposto dell’art. 350,
comma 7, c.p.p., inerente alle dichiarazioni assunte dalla
polizia giudiziaria, né su quanto stabilito dall’art. 374
c.p.p., poiché ogni dichiarazione avrebbe dovuto essere
assunta con l’assistenza del difensore. D’altronde, i giudi-
ci di merito hanno dato per scontata la spontaneità della
dichiarazione stessa, omettendo ogni controllo sul punto,
nonostante il verbale sia stato redatto soltanto in forma
riassuntiva, senza alcuna riproduzione fonograf‌ica.
2.1. Anche l’imputazione è erronea, poiché il reato di
cui all’art. 371-bis c.p. non consiste nel rif‌iuto di confer-
mare quanto dichiarato da un altro soggetto. Si tratta
comunque eventualmente di inveridicità delle informa-
zioni, avendo il Mancini asserito di non ricordare, e non
di rif‌iuto di rendere informazioni, onde irritualmente il
pubblico ministero ha esercitato l’azione penale, senza
sospendere il procedimento f‌ino alla conclusione dell’in-
dagine nell’ambito della quale le informazioni erano state
assunte. (Omissis)

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