Corte Di Cassazione Penale Sez. Un., 6 Maggio 2016, N. 18953 (Ud. 25 Febbraio 2016)

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giur
Arch. nuova proc. pen. 4/16
LEGITTIMITÀ
1.2 Riteneva il Tribunale, in funzione di giudice di appel-
lo, che correttamente il Giudice di Pace aveva escluso la sus-
sistenza del delitto alla luce della inservibilità dell’autovet-
tura contro la quale l’imputata aveva scagliato delle pietre.
1.3 Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cas-
sazione la difesa della parte civile Fanni Giuseppe Maria
lamentando, con il primo motivo, l’erronea applicazione
dell’art. 635 c.p. nella parte in cui era stata esclusa la con-
dotta di danneggiamento posto che l’azione della imputata
aveva comunque comportato la modif‌icazione dello stato
di un bene patrimoniale di pertinenza dello stesso ricor-
rente; con il secondo motivo deduceva mancanza ed illogi-
cità della motivazione ex art. 606 lett. e) c.p.p. in relazio-
ne al travisamento della prova testimoniale resa dal teste
Lovison, il quale non aveva riferito circostanze tali da
potere fare concludere per la totale inservibilità dell’auto
che avrebbe potuto funzionare con le dovute riparazioni;
peraltro, detta deposizione, era risultata in contrasto con
quella del Carabiniere Gugliotta che aveva riferito di una
vettura funzionante.
All’udienza del 27 aprile 2016 le parti concludevano
come in epigrafe.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza di
interesse.
2.1 E difatti a seguito del Decreto legislativo n. 7 del 15
gennaio 2016 il delitto di danneggiamento semplice, con-
testato all’imputata nel caso di specie, risulta non più pre-
visto dalla legge come reato; pertanto nel caso in esame il
giudizio che il ricorrente invoca non può essere svolto per
sopravvenuta carenza di interesse poichè sebbene abbia
impugnato la sola parte civile ai f‌ini della responsabilità
civile, comunque, nel giudizio penale, l’affermazione della
responsabilità ai soli f‌ini civili presuppone che il fatto di
cui si giudica sia considerato come reato.
Venendo meno il presupposto della punibilità del fatto-
reato di danneggiamento semplice, il giudizio di impugna-
zione proposto soltanto dalla parte civile non può svolgersi
con l’esame dei motivi di ricorso poiché il giudice penale
non potrebbe comunque pronunciare alcuna sentenza di
condanna anche avente ad oggetto le sole statuizioni civili.
AI proposito questa Corte ha affermato che in tema di par-
te civile, è ammissibile l’impugnazione proposta dalla parte
civile avverso la sentenza di assoluzione (art. 576 c.p.p.)
preordinata a chiedere l’affermazione della responsabilità
dell’imputato, quale logico presupposto della condanna alle
restituzioni e al risarcimento del danno, con la conseguen-
za che detta richiesta non può condurre ad una modif‌ica
della decisione penale, sulla quale si è formato il giudicato,
in mancanza dell’impugnazione del P.M., ma semplicemen-
te all’affermazione della responsabilità dell’imputato per
un fatto previsto dalla legge come reato, che giustif‌ica la
condanna alle restituzioni ed al risarcimento del danno. In
tale ipotesi, il giudice dell’impugnazione, dovendo decidere
su una domanda civile necessariamente dipendente da un
accertamento sul fatto reato, e, dunque, sulla responsabili-
tà dell’autore dell’illecito, può, seppure in via incidentale,
statuire in modo difforme sul fatto oggetto dell’imputazio-
ne, ritenendolo ascrivibile al soggetto prosciolto (sez. II,
sentenza n. 897 del 24 ottobre 2003, Rv. 227966). Avuto per-
tanto riguardo al nesso di necessaria accessorietà rispetto
ad un fatto reato deve pertanto escludersi la sussistenza
di interesse ad impugnare ai soli effetti civili una pronun-
cia di proscioglimento per fatti non più previsti dalla legge
come reato quali il danneggiamento semplice già previsto e
punito dal previgente art. 635 c.p.
Eventuali domande formulabili a seguito della riforma
della disciplina del danneggiamento semplice verranno
pertanto avanzate in altra sede. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. UN., 6 MAGGIO 2016, N. 18953
(UD. 25 FEBBRAIO 2016)
PRES. CANZIO – EST. BRUNO – P.M. ROMANO (DIFF.) – RIC. PIERGOTTI
Reato y Estinzione (Cause di) y Prescrizione y Ri-
nuncia y Nozione y Forma espressa y Necessità y
Richiesta di applicazione della pena y Da parte
dell’imputato y Proposta inoltrata dal pubblico mi-
nistero y Validità della rinuncia y Esclusione.
. In tema di patteggiamento, la richiesta di applicazione
della pena da parte dell’imputato, ovvero il consenso
prestato alla proposta del pubblico ministero, non pos-
sono valere come rinuncia alla prescrizione, in quanto
l’art. 157 comma settimo cod. proc. pen. richiede la for-
ma espressa, che non ammette equipollenti. (In moti-
vazione, la Corte ha affermato che, qualora il giudice
non rilevi l’intervenuta prescrizione ex art. 129 c.p.p.,
l’errore può essere dedotto con ricorso in cassazione).
(c.p., art. 157; c.p.p., art. 129; c.p.p., art. 444) (1)
(1) In senso conforme si veda Cass. pen., sez. un., 3 dicembre 2010,
n. 43055, in Riv. pen. 2011, 1223; escludono inoltre che la rinuncia sia
un atto esercitabile dal difensore Cass. pen., sez. I, 21 maggio 2013, n.
21666, ivi 2014, 443 e Cass. pen., sez. II, 21 giugno 2005, n. 23412 ivi
2006, 878. Cfr. inoltre Cass. pen., sez. I, 18 ottobre 2011, n. 37727, in
Ius&Lex dvd n. 2/2016, ed. La Tribuna.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Giudice dell’u-
dienza preliminare del Tribunale di Velletri, pronunciando
ai sensi dell’art. 444 c.p.p., applicava la pena concordata
dalle parti a Laura Piergotti, imputata dei reati di cui agli
artt. 81 e 640, secondo comma, n. 1, c.p. («perchè, agendo
in tempi diversi e con più azioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso, con artif‌ici e raggiri consistiti nel dichia-
rare l’esistenza in vita di Rodo Aurelio, deceduto in data 16
ottobre 2007, e dell’essere validamente delegata dallo stesso
alla riscossione della pensione erogata dall’INPS, induceva
in errore i funzionari preposti che attraverso le Poste ita-
liane versavano all’indagata la somma complessiva di euro
60.724,00 dal 20 novembre 2007 ad aprile 2012, a titolo di
pensione INPS, così procurandosi l’ingiusto prof‌itto di euro
60.724,00 con pari danno per l’ente pubblico INPS»).

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