Corte di Cassazione Penale sez. iii, 16 Marzo 2015, n. 11030 (ud. 5 Febbraio 2015)
Pagine | 738-742 |
738
giur
9/2015 Arch. giur. circ. e sin. strad.
LEGITTIMITÀ
8.2. Parimenti fondate devono ritenersi, poi, le ulteriori
doglianze mosse dalla difesa riguardo alla determinazione
degli aumenti di pena operati per la continuazione ed ai
correlativi effetti, sul piano sanzionatorio, della ricono-
sciuta attenuante del risarcimento del danno.
Occorre infatti considerare che, in tema di reato con-
tinuato, se l’aumento che è possibile apportare ex art.
81 c.p., può raggiungere il triplo della pena base, non è
sufficiente per la legalità del calcolo determinare la pena
nell’ambito quantitativo previsto dalla legge, dovendo il
giudice, nella motivazione, dare conto delle decisioni as-
sunte su ogni aspetto dell’esercizio del suo potere discre-
zionale, ivi compresa la determinazione dell’aumento di
pena per la continuazione (Sez. II, n. 51731 del 19 novem-
bre 2013, dep. 23 dicembre 2013, Rv. 258108).
Deve inoltre richiamarsi la linea interpretativa ormai
da tempo tracciata da questa Suprema Corte, secondo
cui, in tema di continuazione, la circostanza attenuante
dell’integrale riparazione del danno va valutata e applica-
ta in relazione ad ogni singolo reato unificato nel medesi-
mo disegno criminoso, che sotto questo profilo recupera la
propria autonomia materiale, coerentemente con i limiti
dell’unità giuridica del reato continuato. Ne consegue la
valorizzazione della condotta riparatoria in riferimento
anche soltanto a taluno dei singoli fatti di reato unificati
per continuazione, con effetti sulla pena base quando il
risarcimento riguardi il reato più grave e sugli aumenti di
pena quando riguardi i reati satelliti (Sez. un., n. 3286 del
27 novembre 2008, dep. 23 gennaio 2009, Rv. 241755; Sez.
II, n. 39166 del 12 ottobre 2011, dep. 28 ottobre 2011, Rv.
251128).
Sulle diverse implicazioni sottese all’affermazione
di tali principii di diritto e sulla loro applicazione ai fini
della corretta dosimetria della pena irrogata all’imputato
la Corte d’appello ha omesso di pronunziarsi, non essendo
rinvenibili nella motivazione alcuna ragione giustificativa
dei vari aumenti operati per la continuazione, nè alcuna
spiegazione dell’incidenza sulla stessa esercitata, nei ter-
mini or ora precisati, dall’attenuante del risarcimento del
danno.
Anche in relazione a tali profili, che si aggiungono a
quelli già evidenziati in merito alla riqualificazione dei
reati di cui ai capi suo A), B) e C) v., supra, il par. 7, s’im-
pone, dunque, l’annullamento con rinvio dell’impugnata
sentenza ai fini della rideterminazione del trattamento
sanzionatorio in conformità al quadro di principii sopra
delineato. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 16 MARZO 2015, N. 11030
(UD. 5 FEBBRAIO 2015)
PRES. SQUASSONI – EST. RAMACCI – P.M. DELEHAYE (DIFF.) – RIC. ANDREONI
Inquinamento y Rifiuti y Smaltimento y Autoveicoli
y Gestione dei rifiuti y Natura di rifiuto pericoloso
y Sussistenza y Necessità di accertamenti y Esclu-
sione.
. In tema di gestione di rifiuti, la natura di rifiuto pe-
ricoloso di un veicolo fuori uso non necessita di parti-
colari accertamenti, quando risulti, anche soltanto per
le modalità di raccolta e deposito, che lo stesso non è
stato sottoposto ad alcuna operazione finalizzata alla
rimozione dei liquidi o delle altre componenti perico-
lose. (d.l.vo 26 aprile 2006, n. 152, art. 227; d.l.vo 26
aprile 2006, n. 152, art. 256) (1)
(1) Nel medesimo senso, v. Cass. pen., sez. III, 27 luglio 2011, n.
29973, in questa Rivista 2012, 19 e Cass. pen., sez. III, 20 settembre
2006, n. 31155, ivi 2007, 665. In particolare sulla configurabilità del
reato di cui all’art. 256, comma primo, lett. b), del D.L.vo 3 aprile
2006, n. 152 (attività di gestione non autorizzata di rifiuti pericolo-
si), nell’illecita attività di raccolta e deposito di veicoli fuori uso se
contenenti liquidi od altre componenti pericolose, v. Cass. pen., sez.
III, 2 agosto 2011, n. 30554, in Ius&Lex dvd n. 2/2015, ed. La Tribuna.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte di appello di Milano, con sentenza del 22 no-
vembre 2013 ha parzialmente riformato la decisione in data
3012 del Tribunale di Monza, dichiarando non doversi pro-
cedere nei confronti di Silvestro Andreoni in ordine al reato
di cui all’art. 256, commi 1, lett. b) e 3 D.L.vo 152/06 (capo A
della rubrica), per avere, nella qualità di titolare di una ditta
abilitata all’affidamento di veicoli sottoposti a sequestro, con
deposito autorizzato in Cologno Monzese, Via Casati, effet-
tuato un deposito incontrollato di rifiuti speciali pericolosi
costituiti da 250 autoveicoli e 150 motocicli e ciclomotori,
nonché materiali inerti provenienti da demolizioni edilizie,
su un’area recintata scoperta ubicata nel medesimo comune,
in via Dante (acc. il 27 maggio 2005, data del sopralluogo.
Fatto contestato anche in continuità con l’art. 51, comma 2
D.L.vo 22/97). La Corte territoriale ha pure confermato le sta-
tuizioni civili di cui alla sentenza appellata, mentre l’ulteriore
imputazione, relativa alla contravvenzione di cui all’art. 255,
comma 3, D.L.vo 152/06 (capo B della rubrica), era stata già
dichiarata l’improcedibilità conseguente all’estinzione del re-
ato per intervenuta prescrizione dal primo giudice.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per
cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, limitata-
mente alle statuizioni concernenti la contestazione di cui
al capo A) dell’imputazione.
2. Premessa l’indicazione delle ragioni per le quali per-
mane il suo interesse all’impugnazione, deduce, con un
primo motivo di ricorso, la inosservanza di norme proces-
suali e la violazione del diritto di difesa, nonché la nullità
dell’ordinanza emessa all’udienza del 19 febbraio 2010 e
ribadita nella successiva udienza del 16 luglio 2010.
Rileva, a tale proposito, che il giudice di primo grado
avrebbe indebitamente ammesso la tardiva produzione,
da parte del Pubblico Ministero, di 4 «faldoni» contenenti
documentazione di attività investigativa svolta durante le
indagini preliminari, giacenti presso l’ufficio della polizia
giudiziaria che aveva proceduto agli accertamenti ma non
presenti nel fascicolo depositato nella Procura della Repub-
blica dopo la notifica dell’avviso di cui all’art. 415-bis c.p.p.
Per continuare a leggere
RICHIEDI UNA PROVA