Corte di cassazione penale sez. V, 4 dicembre 2013, n. 48510 (ud. 21 novembre 2013)

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giur
2/2014 Arch. nuova proc. pen.
LEGITTIMITÀ
In questo senso si muove un lontano precedente di legit-
timità, nel quale opportunamente si annota che l’espressio-
ne “reato commesso” non si riferisce necessariamente alla
consumazione del reato e che, tuttavia, il problema non
può avere una soluzione di carattere generale e va esami-
nato caso per caso. Per quanto riguarda pertanto l’ipotesi
di cui all’art. 271, ultimo comma, codice di procedura pena-
le, la locuzione “reato commesso” deve intendersi riferita,
data la ratio della norma, non già alla consumazione del
reato, ma alla attività criminosa dell’agente, e, quindi, in
caso di bancarotta fraudolenta, non alla dichiarazione di
fallimento ma al fatto o ai fatti di bancarotta (Cass., Sez.
V, 15 ottobre 1979, n. 3865, Bonaff‌ini, RV111729). Ancora
nel senso auspicato dalla Corte vanno peraltro altre, più
recenti decisioni di legittimità le quali, ancorché per f‌ina-
lità giuridiche diverse, hanno comunque affrontato il tema
della rilevanza temporale delle condotte fallimentari.
Si cita ad esempio, in relazione ad altra vicenda porta-
ta all’esame del giudice dell’esecuzione, Cass., Sez. I, 16
aprile 2008, n. 17285, secondo cui “il giudice dell’esecuzio-
ne al quale sia chiesta, a seguito delle modif‌icazioni intro-
dotte in tema di reati societari e fallimentari dalla legge
28 dicembre 2005, n. 262 (disposizioni per la tutela del
risparmio e la disciplina dei mercati f‌inanziari), la revoca
della sentenza di condanna per false comunicazioni so-
ciali e bancarotta fraudolenta impropria, ha il compito di
accertare la sussistenza, con riferimento al “tempus com-
missi delicti”, degli elementi costitutivi della sopravvenu-
ta tipologia di reato, a nulla rilevando la non intervenuta
“abolitio criminis” per effetto delle citate modif‌icazioni.
(Nella specie la Corte ha annullato con rinvio la decisione
impugnata sul rilievo dell’omesso esame sia del requisito
del dissesto societario come conseguenza della condotta
“illo tempore” addebitata al condannato, sia del problema
relativo alla soglia di punibilità della condotta stessa).
E si cita altresì per la maggiore attinenza con la questio-
ne all’esame della Corte, Cass., Sez. I, 14 dicembre 2010, n.
45602, RV249353, secondo cui, in tema di continuazione tra
reati di bancarotta fraudolenta, ai f‌ini dell’individuazione
della contiguità cronologica quale indice della sussistenza
della medesima identità del disegno criminoso, rileva non
già la data della sentenza dichiarativa di fallimento, che
segna il momento consumativo del reato, ma la data in cui
furono poste in essere le condotte; in materia di reati di
bancarotta, si legge infatti nella citata sentenza, occorre
infatti tenere ben distinti il tempo delle condotte dal mo-
mento di consumazione del reato.
Su tali premesse l’ordinanza impugnata va pertanto an-
nullata con rinvio aff‌inché il giudice territoriale faccia ap-
plicazione del seguente principio di diritto: ai f‌ini dell’ap-
plicazione della disciplina di cui all’art. 657 c.p.p., comma
4, ai f‌ini della individuazione del requisito temporale della
espiazione della pena rispetto al reato per il quale deve es-
sere determinata la pena, nella ipotesi di reati fallimentari,
rileva non già da data della sentenza dichiarativa di falli-
mento, che segna il momento consumativo del reato, ma la
data in cui furono poste in essere le condotte. (Omissis)
coRte di cassazione penale
sez. v, 4 dicembRe 2013, n. 48510
(ud. 21 novembRe 2013)
pRes. lombaRdi – Rel. demaRchi albenGo – p.m. mazzotta (conf.) – Ric.
aiello ed altRi
Atti e provvedimenti del giudice penale y Prov-
vedimenti in camera di consiglio y Principio di
immutabilità del giudice y Ambito di applicazione
y Decisione sull’appello proposto avverso sentenza
pronunciata all’esito del giudizio abbreviato.
. La regola dell’immutabilità del giudice, sancita dal-
l’art. 525, comma secondo, c.p.p. è espressione di un
principio generale, estensibile anche alle decisioni
assunte all’esito di procedure camerali partecipate, ivi
compresa (come nella specie), quella prevista per la
decisione sull’appello proposto avverso sentenza pro-
nunciata all’esito di giudizio abbreviato. (Mass. Redaz.)
(c.p.p., art. 525) (1)
(1) Principio consolidato in giurisprudenza. Nello stesso senso della
pronuncia in commento si vedano Cass. pen., sez. III, 24 novembre
2008, Marcucci e altri, in questa Rivista 2009, 781; Cass. pen., sez. V,
12 febbraio 2004, Bertin ed altro, ivi 2005, 399; Cass. pen., sez. III, 25
marzo 2004, Di Fusco, ivi 2005, 369; Cass. pen., sez. III, 16 gennaio
2003, Trinca, in Ius&Lex dvd n. 2/2014, ed. La Tribuna. Proprio con
riferimento al rito abbreviato si veda Cass. pen., sez. III, 12 febbraio
1997, Greco, ibidem. In argomento, si segnalano: Cass. pen., sez. VI,
12 maggio 2004, Vasile, in questa Rivista 2005, 758, e Cass. pen., sez.
II, 6 aprile 2000, De Carlo, in Ius&Lex dvd n. 2/2014, ed. La Tribuna,
che si riferiscono a due procedimenti peculiari quali la procedura di
estradizione il primo, ed il giudizio di prevenzione il secondo.
svolGimento del pRocesso
1. Aiello Vincenzo, Botta Antonino, La Causa Santo, Tri-
poto Rosario, Laudani Sebastiano e Puglisi Carmelo sono
imputati, a vario titolo, dai reati di associazione maf‌iosa
ed altri reati connessi (di cui ai capi A, B, C, D, E, F, H) in
relazione al clan denominato “Santapaola-Ercolano”.
2. Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di
Catania li ha ritenuti responsabili dei seguenti reati, irro-
gando le conseguenti pene: Aiello Vincenzo (capi A ed H;
anni 28 e mesi otto di reclusione, riconosciuta la continua-
zione con i fatti di reato di cui alla sentenza della Corte di
assise di appello di Catania del 30 gennaio 2003); Botta
Antonino (capi A e F; anni sei di reclusione); La Causa
Santo (capi A, C, D, E; anni 25 di reclusione, riconosciuta
la continuazione con i fatti di reato di cui alla sentenza
della Corte di assise di appello di Catania del 13 febbraio
2003); Tripoto Rosario (capo A; anni 18 e mesi due di re-
clusione, riconosciuta la continuazione con i fatti di reato
di cui alla sentenza della Corte di appello di Catania del 29
ottobre 2001); Laudani Sebastiano (capo B; anni 16 di re-
clusione, riconosciuta la continuazione con i fatti di reato
di cui alla sentenza della Corte di appello per i minorenni
di Catania del 26 ottobre 2001); Puglisi Carmelo (capo A;
anni 17 e mesi due di reclusione, riconosciuta la continua-
zione con i fatti di reato di cui alla sentenza del Gup presso
il Tribunale di Catania del 2 dicembre 2003).

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