Corte di cassazione penale sez. V, 20 dicembre 2013, n. 51522 (ud. 30 settembre 2013)

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giur
Arch. nuova proc. pen. 2/2014
LEGITTIMITÀ
degli atti nel domicilio eletto, pur dando luogo nell’ambito
del processo ad una presunzione assoluta di conoscenza,
non ne assicura tuttavia l’effettività, che può venir meno
per negligenza del domiciliatario; di tal che, la speciale
garanzia ora assicurata al contumace impone al giudice
investito della richiesta di restituzione nel termine di ve-
rif‌icare se, in concreto, la conoscenza sia mancata e se la
mancanza dipenda da volontaria interruzione dei contatti
da parte dell’interessato (equivalente a rinuncia a seguire
gli sviluppi del procedimento) o da difetto di informazione
da parte del suo f‌iduciario (Cass., Sez. I, 1 febbraio 2006,
n. 18467, Flistoc, rv. 233871).
7. Se pertanto non vi può essere dubbio sul fatto che
il rapporto di aff‌idabilità che si instaura tra professioni-
sta legale e cliente può porre quest’ultimo non sempre
in condizione (anche per difetto di specif‌iche cognizioni
procedurali) di svolgere una eff‌icace vigilanza sull’operato
tecnico del proprio difensore, è altrettanto vero che, solo
l’ipotesi in cui non sia individuabile alcuna omissione o
errata esecuzione del mandato professionale da parte del
difensore di f‌iducia dell’incarico di partecipare al processo
e di proporre impugnazione potrebbe far ritenere inesi-
stente il diritto alla restituzione nel termine.
8. Fermo quanto precede, si osserva come nella fattispe-
cie alcuni dati storici inequivoci depongono nel senso della
piena veridicità dell’assunto del ricorrente circa la propria
non conoscenza effettiva del procedimento e del provvedi-
mento: elementi, per così dire, di carattere indiziario che
si ravvisano nell’ininterrotta detenzione del Bchir (e della
sua conseguente f‌isica impossibilità di svolgere quella “vi-
gilanza” sull’operato del difensore) nello spazio temporale
tra l’originaria elezione di domicilio presso il difensore di
f‌iducia (avvenuta nel 2003) e la celebrazione dell’udienza
(nel 2011) e nella verif‌icata continua assenza dal dibatti-
mento del difensore originariamente nominato con conse-
guente creduta mancanza di contatti ed informative, fuori
dal processo, tra difensore e suo assistito.
9. Ne consegue la necessità di procedere all’approfon-
dita valutazione delle circostanze sopra evidenziate, con
conseguente annullamento del provvedimento e trasmis-
sione degli atti alla Corte d’Appello di Bologna. (Omissis)
coRte di cassazione penale
sez. v, 20 dicembRe 2013, n. 51522
(ud. 30 settembRe 2013)
pRes. savani – est. vessichelli – p.m. cesqui (diff.) – Ric. abatelli ed
altRo
Giudizio penale di primo grado y Dibattimento
y Prove a discarico y Provvedimento del giudice del
dibattimento di revoca delle prove y Ritenute su-
perf‌lue y Adeguata motivazione y Necessità y Conse-
guenze y Nullità a regime intermedio.
. Dev’essere adeguatamente motivato, a pena di nullità
inquadrabile tra quelle a regime “intermedio”, il prov-
vedimento con il quale il giudice del dibattimento, ai
sensi dell’art. 495, comma 4 c.p.p., revochi l’ammissio-
ne di prove a cagione della loro ritenuta superf‌luità,
non potendosi, in particolare, quest’ultima riconoscere
sulla sola base dell’avvenuto esaurimento delle prove
dedotte dalla controparte. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art.
495) (1)
(1) Nel medesimo senso, Cass. pen., sez. III, 8 ottobre 2007, Ben-
civenghi, in questa Rivista 2008, 616. In tema di superf‌luità della
prova si veda Cass. pen., sez. VI, 1 dicembre 1999, Malorgio, ivi 2000,
622. In termini generali si veda Cass. pen., sez. III, 28 febbraio 2008,
Fontolan, ivi 2009, 114.
svolGimento del pRocesso e motivi della decisione
Propongono ricorso per cassazione Abatelli Feliciano
e Vitali Adriana, avverso la sentenza della Corte d’appello
d’Ancona in data 4 ottobre 2012, con la quale è stata con-
fermata quella di primo grado (del 13 ottobre 2010), di
condanna del primo, in ordine al concorso, con la seconda,
nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, e, della
seconda, in ordine a tale reato nonchè al reato di banca-
rotta semplice documentale.
I reati sono stati rispettivamente addebitati al primo,
nella qualità di socio e amministratore di fatto della Abi-
tare S.r.l., dichiarata fallita il 12 giugno 2006, e alla se-
conda, nella qualità di rappresentante legale della stessa
società.
Deducono:
1) la nullità della sentenza di primo grado, per violazio-
ne dei diritti della difesa e, altresì la mancata assunzione
di prova decisiva nonchè il vizio di motivazione.
Il Tribunale aveva infatti revocato, per superf‌luità,
tutte le prove proposte dalla difesa e precedentemente
ammesse.
Con tale decisione, il giudice di primo grado aveva
eroso i principi del giusto processo e del contraddittorio
fra le parti, da intendersi come diritto degli imputati di
difendersi provando, sancito in primo luogo dall’art. 111
Cost., comma 3 ed anche dall’art. 495 c.p.p., comma 2.
In particolare era stata del tutto omessa la motivazione
per la quale le prove della difesa sarebbero state superf‌lue
o irrilevanti.
La nullità era stata tempestivamente eccepita nei mo-
tivi d’appello ai sensi dell’art. 182 c.p.p.;
2) la nullità della sentenza di primo grado ai sensi del-
l’art. 522 c.p.p., relativamente alla condanna della Vitali
in ordine alla distrazione dell’autovettura: la condanna
infatti era stata pronunciata in relazione alla distrazione
del prezzo di Euro 55.000 mentre l’imputazione faceva
riferimento alla distrazione della vettura.
La motivazione della Corte d’appello, incentrata sulla
concreta possibilità, per l’imputata, di difendersi anche
sull’ulteriore tema, è contraddetta dalla obiettiva scelta
del Tribunale, convalidata in appello, di impedire alla
difesa di difendersi provando;
3) la violazione dell’art. 522 c.p.p. con riferimento alla
circostanza aggravante di cui all’art. 219 legge fallimenta-
re, non contestata ma addebitata;

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