Corte di cassazione penale sez. II, 15 gennaio 2014, n. 1425 (ud. 22 novembre 2013)

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giur
Arch. nuova proc. pen. 2/2014
LEGITTIMITÀ
insussistenza dei presupposti per la dichiarazione di contu-
macia è stata posta all’attenzione del giudice, l’eventuale
ricorrenza di quei presupposti assume valore regressivo ri-
spetto all’obbligo del giudice di pronunciarsi sul tema.
Ove, risultando perfezionata la vocatio in ius, le parti
non abbiano addotto circostanze dimostrative della impos-
sibilità dell’imputato di partecipare al giudizio, l’eventuale
mancata pronuncia della dichiarazione di contumacia non
può incidere sullo status da attribuire all’imputato. Con
l’effetto che anche l’imputato in ordine al quale risultino
i presupposti per la dichiarazione di contumacia - omessa
-deve essere considerato rappresentato dal difensore e
l’avviso a questi vale come avviso dato all’imputato.
Né ciò lascia temere che si verif‌ichino incolpevoli pre-
giudizi in danno dell’imputato. Il processo di parti propone,
tra le caratteristiche, quella di chiamare ciascuna ad una
partecipazione attiva, concorrendo con le proprie scelte -
di azione e di inazione - alla celebrazione di un fair trial.
7. Traendo le conclusioni dalle premesse sin qui espo-
ste risulta evidente come, nonostante la mancata dichia-
razione di contumacia all’udienza del 26 settembre 2012,
l’imputato dovesse essere considerato tale e quindi l’avviso
per l’udienza del 28 gennaio 2003 non era dovuto, valendo
la regola di cui all’art. 420 quater, comma 2 c.p.p., della
rappresentanza del difensore.
All’udienza del 28 gennaio 2003 l’imputato risultava
oggettivamene impedito a partecipare al processo; doven-
dosi considerare già contumace, la circostanza imponeva
unicamente il rinvio del procedimento e l’avviso - per
l’udienza del 16 maggio 2003 - doveva essere assicurato
mediante comunicazione al difensore presente, ai sensi
del combinato disposto agli artt. 420 - quinques, comma 2
e 420 ter, comma 3 e 4 c.p.p..
8. Per completezza, e tenuto conto che l’esponente fa
altresì riferimento ad un legittimo impedimento derivan-
te dall’omesso rilascio del visto da parte del Consolato,
mette conto rilevare che all’udienza del 16 maggio 2003
il difensore dell’Alimi rappresentò che era stato ottenuto
da questi il visto di ingresso per ragioni di giustizia e che
“la difesa non è poi più riuscita a mettersi in contatto con
il loro assistito”.
Sulla scorta di tali allegazioni e sentite le parti il Giudi-
ce ribadì la declaratoria di contumacia dell’Alimi “rilevato
che si procede a rito abbreviato richiesto dal procuratore
speciale”.
Pertanto, non vi fu alcuna indicazione di un legittimo
impedimento a partecipare al processo dell’Alimi e co-
munque, ove in tal senso debba interpretarsi l’enunciazio-
ne del difensore, non fu concretamente provato alcunché,
con l’effetto di risultare incensurabile l’ordinanza pronun-
ciata dal Giudice.
Pertanto la Corte di Appello non erra quando esclude
che si sia verif‌icata una nullità assoluta ed insanabile. Non
è invece condivisibile che si sia concretizzata una nullità
di ordine generale a regime intermedio (peraltro giudica-
ta sanata dalla mancata eccezione ex art. 182, comma 2
c.p.p.) per essere stato omesso l’avviso per l’udienza del 16
maggio 2003, dovuto in quanto erroneamente dichiarata la
contumacia essendo l’imputato impedito a comparire a tale
udienza. Si è già osservato, infatti, che l’imputato doveva
considerarsi già contumace sin dall’udienza precedente.
9. Parimenti infondati risultano rilievi concernenti il
trattamento sanzionatorio.
A differenza di quanto dedotto dal ricorrente, non si
rinviene alcun errore di calcolo del primo giudice, avallato
dalla Corte di Appello, nella applicazione delle attenuanti
generiche. Queste sono state applicate operando una ridu-
zione della pena in misura inferiore a quella massima. Il che
è ovviamente legittimo, a condizione che l’operazione sia
esplicata con motivazione i cui contenuti sono tanto più ric-
chi quanto più ci si allontana dal massimo della riduzione.
Nel caso di specie la censura è aspecif‌ica, posto che
non indica alcun elemento che manifesti l’inadeguatezza
della motivazione espressa dal decidente.
Motivazione che, a differenza di quanto rappresentato
dall’esponente, è stata resa dalla Corte di Appello con effet-
to integrativo di quella di primo grado. Il giudice di appello,
infatti, in caso di conferma della sentenza di condanna di
primo grado, ne può integrare la motivazione, ove riscon-
tri un difetto in ordine alla individuazione della pena base
(e/o dell’aumento a titolo di continuazione), perchè, da
un lato, l’omessa indicazione dei criteri di determinazione
della pena non dà luogo ad una nullità ma ad una lacuna di
motivazione e, dall’altro, le sentenze di primo e di secondo
grado, ai f‌ini del controllo di congruità della motivazione,
si integrano a vicenda, conf‌luendo in un risultato organico
ed inscindibile (sez. II, n. 5606 del 10 gennaio 2007 - dep. 8
febbraio 2007, Conversa e altro, Rv. 236181).
La Corte di Appello, sia con riferimento alla diminuzio-
ne per le attenuanti che alla misura della pena base - non
allineata al minimo -, ha fatto riferimento al quantitativo
di principio attivo (5 gr.), giudicato elevato, e alla condot-
ta processuale dell’imputato, indicata come “non lineare”.
10. Segue, al rigetto del ricorso, la condanna del ricor-
rente al pagamento delle spese processuali. (Omissis)
coRte di cassazione penale
sez. ii, 15 Gennaio 2014, n. 1425
(ud. 22 novembRe 2013)
pRes. cammino – est. pelleGRino – p.G. Gaeta (conf.) – Ric. bchiR
Termini processuali in materia penale y Resti-
tuzione in termini y Impugnazioni y Sentenza con-
tumaciale y Fattispecie in tema di mancata cono-
scenza del procedimento da parte dell’imputato in
stato di custodia cautelare
. In tema di restituzione in termini per la proposizione
di impugnazione avverso sentenza contumaciale l’avve-
nuta notif‌ica degli atti al domicilio eletto dall’imputato
presso il difensore di f‌iducia non esclude la deducibi-
lità della mancata effettiva conoscenza del procedi-
mento o del provvedimento, quando risulti l’esistenza
di elementi tali da rendere plausibile il fondamento
di tale deduzione. (Nella specie, secondo la Corte, i

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