Corte di cassazione penale sez. III, 16 aprile 2015, n. 15853 (ud. 12 marzo 2015)

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giur
Rivista penale 7-8/2015
LEGITTIMITÀ
di primo grado). Con riguardo a tali notizie, il ricorso è
fondato nei termini indicati.
Infatti, prendendo le mosse dalla disciplina del segreto
d’uff‌icio per l’impiegato pubblico delineata dal D.P.R. n. 3
del 1957, art. 15 come sostituito dalla L. n. 241 del 1990,
art. 28 questa Corte ha avuto modo di precisare, con orien-
tamento condiviso dal Collegio, che “in tema di rivelazione
ed utilizzazione di segreti d’uff‌icio da parte degli impiegati
dello Stato, per notizie di uff‌icio che devono rimanere se-
grete si intendono non solo le informazioni sottratte alla
divulgazione in ogni tempo e nei confronti di chiunque,
ma anche quelle la cui diffusione sia vietata dalle norme
sul diritto di accesso, perchè effettuata senza il rispetto
delle modalità previste ovvero nei confronti di soggetti
non titolari del relativo diritto” (sez. VI, n. 49133 del 29 ot-
tobre 2013 - dep. 6 dicembre 2013, Battaglia, Rv. 257652),
condizioni, queste, che riconducono la rivelazione delle
notizie in esame nella sfera applicativa dell’art. 326 c.p..
Nella stessa prospettiva (in parte non coincidente con
quella adottata sez. VI, n. 19212 del 15 marzo 2013 - dep. 3
maggio 2013, P.C. in proc. Nardoianni e altro, Rv. 255134,
richiamata dalla sentenza impugnata), si è affermato che
“in tema di rivelazione ed utilizzazione di segreti d’uff‌icio
da parte degli impiegati dello Stato, il contenuto dell’ob-
bligo la cui violazione è sanzionata dall’art. 326 c.p., deve
essere desunto dal nuovo testo dal D.P.R. 10 gennaio 1957,
n. 3, art. 15, come sostituito dalla L. 7 agosto 1990, n. 241,
art. 28 recante nuove norme in tema di procedimento am-
ministrativo e di diritto di accesso ai documenti ammini-
strativi.
Disposizione dalla quale emerge che il divieto di di-
vulgazione (e di utilizzo) comprende non soltanto infor-
mazioni sottratte all’accesso, ma anche, nell’ambito delle
notizie accessibili, quelle informazioni che non possono es-
sere date alle persone che non hanno il diritto di riceverle,
in quanto non titolari dei prescritti requisiti. Pertanto, in
tale contesto normativo, la nozione di “notizie d’uff‌icio, le
quali debbono rimanere segrete” assume non soltanto il
signif‌icato di informazione sottratta alla divulgazione in
ogni tempo e nei confronti di chiunque, ma anche quello
di informazione per la quale la diffusione (pur prevista in
un momento successivo) sia vietata dalle norme sul diritto
di accesso, nel momento in cui viene indebitamente diffu-
sa ovvero utilizzata, perchè svelata a soggetti non titolari
del diritto o senza il rispetto delle modalità previste” (sez.
VI, n. 9726 del 21 febbraio 2013 - dep. 28 febbraio 2013,
Carta e altro, Rv. 254593; conf.: sez. VI, n. 11001 del 26
febbraio 2009 - dep. 12 marzo 2009, P.M. in proc. Richero,
Rv. 243578). La sentenza impugnata ha criticato il rife-
rimento all’art. 15 cit., rilevando che, nel caso di specie,
non vengono in rilievo nè “provvedimenti” od “operazioni
amministrative”, nè notizie di cui l’imputata sia venuta a
conoscenza “a causa” delle sue funzioni (che hanno co-
stituito non la causa, ma il mezzo attraverso il quale ha
consultato il sistema informatico RE.GE. G.i.p.). La tesi
della Corte di merito non può essere seguita: nello stabilire
che l’impiegato deve mantenere il segreto d’uff‌icio e non
può trasmettere a chi non ne abbia diritto “notizie di cui
sia venuto a conoscenza a causa delle sue funzioni”, l’art.
15 cit. richiama non già - come la Corte di merito sembra
ritenere - la necessità di un rapporto di causalità tra le
funzioni e la notizia oggetto di rivelazione, di talchè solo le
notizie apprese nell’espletamento delle funzioni rientre-
rebbero nel divieto legale, ma, più in generale, le notizie
la cui acquisizione si ricollega alla titolarità delle funzioni
stesse e ai poteri che ne conseguono (come appunto, nel
caso di specie, in cui le notizie in esame sono state apprese
dall’imputata grazie all’abilitazione informatica connessa
all’esercizio delle funzioni vicarie attribuitele e, dunque,
abusando della relativa qualità).
Nè può essere condiviso, con riferimento all’identità
della persona offesa, l’argomento, pure richiamato dalla
Corte di appello, che fa leva sulla possibilità che essa
chieda di essere avvertita della richiesta di proroga delle
indagini preliminari, posto che tale astratta facoltà non
esclude quanto già affermato da questa Corte, ossia che
“le notizie desumibili dall’accesso al REGE sono segrete
ai f‌ini e per gli effetti dell’art. 326 c.p.” e “possono essere
rivelate soltanto a chi ne abbia il diritto e nel rispetto delle
norme che regolano il diritto di accesso alle predette noti-
zie” (sez. V, n. 24583 del 18 gennaio 2011 - dep. 20 giugno
2011, P.M., P.C. in proc. Tosinvest e altri).
4. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere
annullata limitatamente al reato di cui all’art. 326 c.p., nei
termini sopra indicati, con rinvio ad altra Sezione della
Corte di appello di Lecce per nuovo esame, mentre, nel
resto, il ricorso del P.G. deve essere rigettato. (Omissis)
corte dI cassazIone penale
sez. III, 16 aprIle 2015, n. 15853
(ud. 12 Marzo 2015)
pres. teresI – est. grazIosI – p.M. delehaye (dIff.) – rIc. f.f.
Tributi e f‌inanze (in materia penale) y Imposta
sul valore aggiunto y Omesso versamento dell’Iva
y Ammissione al concordato preventivo y Dilazione
del versamento oltre il termine in cui esso sarebbe
dovuto avvenire y Conf‌igurabilità del reato di cui
all’art. 10 ter, D.L.vo n. 74/2000 y Esclusione y Tran-
sazione f‌iscale ex art. 182 ter, l. fall. y Irrilevanza.
. Non è conf‌igurabile il reato di cui all’art. 10 ter del
D.L.vo n. 74/2000 (omesso versamento dell’IVA) in
presenza di un concordato preventivo che comprenda
la dilazione del versamento oltre il termine in cui esso
sarebbe dovuto, di norma, avvenire, nulla rilevando in
contrario che non vi sia stata anche transazione f‌iscale
ai sensi dell’art. 182 ter della legge fallimentare. (Mass.
Redaz.) (d.l.vo 10 marzo 2000, n. 74, art. 10 ter; l. fall.,
art. 182 ter) (1)
(1) In senso difforme, v. Cass. pen., sez. III, 31 ottobre 2013, n. 44283,
in Ius&Lex dvd n. 2/2015, ed. La Tribuna e Cass. pen., sez. III, 23
settembre 2013, n. 39101, ibidem, entrambe citate in parte motiva.

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