Corte di cassazione penale sez. VI, 29 aprile 2015, n. 18015 (ud. 24 febbraio 2015)

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giur
Rivista penale 7-8/2015
LEGITTIMITÀ
spa, ad altri operatori presenti sul mercato (“banche, di in-
termediari f‌inanziari vigilati e di imprese di investimenti”).
52. Ed anche una lettura del restante contenuto del
D.L.vo n. 284 del 1999 (a prescindere dalla successiva tra-
sformazione della CDP in società per azioni) non lascia
spazio per affermare che Poste operi in nome della Cassa
o che, comunque, operi, in ragione del rapporto con tale
ente, secondo regole diverse e particolari rispetto alle
banche “comuni”. Che, poi, il “capitale” di Poste spa possa
fare capo alla Cassa Depositi e Prestiti, poco interessa non
essendo certamente gestito in modo diverso da qualsiasi
capitale investito dall’azionista di una banca.
53. Viene meno anche quest’ultimo argomento che
giustif‌icherebbe una qualif‌ica di pubblico servizio della
attività di bancoposta.
54. La conclusione, una volta esclusa la fondatezza
degli argomenti che avevano fatto sostenere che l’attività
di bancoposta sia svolgimento di un pubblico servizio, si
ribadisce in quella, semplice, immediata e conforme ai
principi generali, cui si è già giunti sopra:
55. lo svolgimento dell’attività di bancoposta è attività
pienamente rientrante nell’ambito delle comuni attività
bancarie sia perchè nulla la differenzia e sia perchè come
tale è espressamente disciplinata (vedi D.P.R. 14 marzo
56. Il soggetto che, quindi, eserciti per conto della so-
cietà Poste tale tipo di attività non è incaricato di pubblico
servizio.
Peraltro la rigida separazione della contabilità dei vari
settori di attività impedisce che vi sia alcuna commistione
di fondi delle attività in bancarie e postali.
57. Insomma, mancano le condizioni oggettive del pub-
blico servizio, non vi è alcuna previsione espressa (come
invece avviene per gli addetti al servizio postale) e, ultimo
argomento ma non certo minore, vi è l’assoluta mancanza
di ragioni per differenziare sul piano della attività nonchè
sul piano della “qualità” dei fondi maneggiati, l’addetto a
servizi bancari di una banca dall’addetto servizi bancari
dell’ente poste punendo diversamente condotte oggettiva-
mente e soggettivamente identiche.
55. Deve essere quindi affermato il seguente principio
di diritto:
59. “Nell’ambito dello svolgimento di funzioni di tipo
bancario, quale è la raccolta del risparmio, l’attività svolta
da Poste spa è di tipo privatistico, non diversamente da
quella svolta dalle banche; ne consegue che la appropriazio-
ne di somme di risparmiatori commessa con abuso del ruolo
integra il reato di appropriazione indebita e non il reato di
peculato; nè rileva che Poste spa operi per conto della Cas-
sa Depositi e Prestiti, essendo quest’ultima equiparabile ad
un comune titolare di azioni e non operando personalmente
nei rapporti con la clientela, che ha rapporti, regolati esclu-
sivamente dal diritto civile, con Poste spa”.
60. Tenuto quindi conto della data di commissione dei
fatti e delle pene edittali previste per i reati integrati dalla
condotta di R., è intervenuta la prescrizione e la sentenza
va pertanto annullata senza rinvio. (Omissis)
corte dI cassazIone penale
sez. vI, 29 aprIle 2015, n. 18015
(ud. 24 febbraIo 2015)
pres. MIlo – est. bassI – p.M. scardaccIone (dIff.) – rIc. a.g.
Peculato y Appartenenza alla pubblica ammini-
strazione y Somme ricevute in consegna da soggetti
resisi responsabili di infrazioni amministrative y
Appropriazione da parte di un agente della polizia
municipale y Conf‌igurabilità.
. Bene è ravvisato il reato di peculato e non quello di
truffa nella condotta di un agente della polizia munici-
pale il quale si appropri di somme ricevute in consegna
da soggetti resisi responsabili di infrazioni amministra-
tive perché con esse venisse provveduto al pagamento
delle relative sanzioni. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 314;
c.p., art. 640; c.p., art. 61; c.p., art. 62) (1)
(1) Nel senso che al f‌ine della consumazione del reato di peculato è
irrilevante che l’agente sia entrato nel possesso del bene in rispetto
o meno delle disposizioni organizzative dell’uff‌icio, potendo lo stes-
so derivare anche dall’esercizio di fatto o arbitrario di funzioni, si
vedano Cass. pen., sez. VI, 11 marzo 2003, n. 11417, in questa Rivista
2004, 133 per il caso di dipendente dell’Enel che riscuoteva dagli
utenti soldi dovuti all’ente in violazione delle regole che disciplinano
i pagamenti, e Cass. pen., sez. VI, 15 dicembre 1997, n. 11505, ivi
1998, 533, in fattispecie analoga a quella della sentenza in epigrafe.
Altra pronuncia (Cass. pen., sez. VI, 20 gennaio 2004, n. 1256, ivi
2005, 1408) ha precisato che il reato è istantaneo e si consuma nel
momento stesso in cui l’agente, in possesso di un bene altrui per ra-
gioni di uff‌icio, ne dispone uti dominus. Sulla distinzione tra il reato
di peculato e quello di truffa, v. Cass. pen., sez. VI, 8 aprile 2014,
n. 15795, in Ius&Lex dvd n. 2/2015, ed. La Tribuna, che afferma la
sussistenza del peculato quando il pubblico uff‌iciale o l’incaricato
di pubblico servizio pone in essere la condotta fraudolenta al solo
f‌ine di occultare l’illecito commesso, avendo egli già il possesso o
comunque la disponibilità del bene oggetto di appropriazione, per
ragione del suo uff‌icio o servizio; se, invece, la medesima condotta
fraudolenta è f‌inalizzata all’impossessamento del denaro o di altra
utilità, di cui egli non ha la libera disponibilità, risulta integrato il
delitto di truffa, aggravato ai sensi dell’art. 61 n. 9 c.p..
svolgIMento del processo
1. Con sentenza del 22 novembre 2013, la Corte d’appel-
lo di Napoli ha confermato la sentenza del 10 luglio 2009,
con la quale il G.u.p. del Tribunale di Nola ha condannato,
a seguito di rito abbreviato, A.G. alla pena di anni sei di
reclusione per i reati di peculato continuato (capo 1) e
falso (capo B), commessi f‌ino al gennaio 2009 (per es-
sersi l’imputata, impiegata presso la Polizia Municipale
del Comune di (omissis), appropriata di somme di denaro
consegnatele dagli utenti per pagare le multe, falsif‌icando
le ricevute di pagamento, somme che non venivano mai
versate all’uff‌icio CUAS delle Poste).
In risposta ai motivi d’appello, la Corte ha evidenziato:
a) che A. non si limitava a svolgere una mansione mera-
mente materiale ma, a prescindere dalla qualif‌ica formale,
svolgeva un’attività di tipo impiegatizio che comportava la
cura del settore dei pagamenti delle sanzioni amministra-
tive; b) che, in ogni caso, l’appellante appariva agli utenti

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