Corte di cassazione penale sez. III, 10 marzo 2015, n. 11335 (ud. 15 ottobre 2014)

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giur
Rivista penale 5/2015
LEGITTIMITÀ
più possibile dubitare della qualità di arma comune da
sparo che deve riconoscersi, sul piano normativo, alla pi-
stola semiautomatica calibro 9 × 19, camerata per le mu-
nizioni cal. 9 parabellum, il cui inserimento nell’elenco
delle armi commercializzabili in Italia ai soggetti privati è
inibito soltanto dal divieto normativo - contenuto nell’art.
2, comma 2 della legge n. 110 del 1975, - che ne riserva la
destinazione d’uso alle forze armate e ai corpi armati dello
Stato, e non dalla natura e qualità intrinseca del modello
di pistola in oggetto, che è e resta quella di un’arma co-
mune da sparo; e tale conclusione, coerente e consequen-
ziale a tutte le considerazioni che precedono, è condivisa
e recepita da questa Corte. Deve dunque essere affermata
la natura di arma comune da sparo della pistola Beretta
cal. 9 (x 19) parabellum e la conseguente natura di muni-
zioni per arma comune da sparo delle relative cartucce
cal. 9 (x 19) costituenti la naturale dotazione dell’arma da
fuoco in questione e prive delle caratteristiche di micidia-
lità e di forza dirompente che costituiscono il discrimine
per poterle qualif‌icare come munizionamento da guerra
(vedi sez. I n. 9068 del 3 febbraio 2011, Rv. 249874).
Da ciò consegue che - in accoglimento del primo motivo
di ricorso - la detenzione delle cartucce deve essere riqua-
lif‌icata nella violazione dell’art. 697 c.p. anche per quanto
riguarda le munizioni calibro 9 × 19 (trattandosi di con-
dotta che rientra nell’ambito applicativo di detta norma
incriminatrice, come da ultimo ribadito per le munizioni
per arma comune da sparo da sez. I n. 51450 del 15 luglio
2014, rv 261583), con rinvio ad altra sezione della Corte di
Appello di Roma per la nuova determinazione della pena.
2. Il secondo motivo di ricorso è infondato e va pertanto
rigettato.
La valutazione operata dalla Corte di secondo grado trae
alimento dalle risultanze obiettive dell’ attività di perqui-
sizione, peraltro in un contesto processuale caratterizzato
dalla volontaria rinunzia dell’imputato (rito abbreviato)
alla escussione dibattimentale dei verbalizzanti.
Le circostanze di fatto verif‌icate in sede di perquisizio-
ne (utilizzo della camera da letto da parte dell’imputato,
rinvenimento del giubbino in un armadio posto in detta
camera) rassicurano circa l’esattezza logica delle dedu-
zioni operate circa il possesso delle munizioni, non tro-
vando spazio “ragionevole” le ipotesi alternative formulate
dal ricorrente.
Va pertanto limitato l’annullamento al tema della qua-
lif‌icazione giuridica del fatto. (Omissis)
corte di cassazione penaLe
sez. iii, 10 marzo 2015, n. 11335
(ud. 15 ottobre 2014)
pres. squassoni – est. gentiLi – p.m. de augustinis (diff.) – ric. pareto
Tributi e f‌inanze (in materia penale) y Dichia-
razione dei redditi y Reato di omesso versamento
di ritenute certif‌icate y Accertamento y Prova del
rilascio ai sostituiti delle certif‌icazioni attestanti
le ritenute effettivamente operate y Necessità y
Prova fornita con l’allegazione del modello 770 y
Suff‌icienza y Esclusione.
. Ai f‌ini della conf‌igurabilità del reato di cui all’art. 10
bis del D.L.vo n. 74/2000 (omesso versamento di ritenute
certif‌icate) occorre che siano state acquisite le certif‌i-
cazioni che obbligatoriamente debbono essere rilascia-
te dal sostituto d’imposta ai sostituiti, non potendosi,
al riguardo, ritenere suff‌iciente l’avvenuta acquisizione
della dichiarazione rilasciata dal datore di lavoro sul
mod. 770, dal momento che quest’ultima non vale a co-
stituire, di per sé, prova o valido indizio dell’avvenuto
rilascio di dette certif‌icazioni, in mancanza del quale
il reato non sussiste. (Mass. Redaz.) (d.l.vo 10 marzo
2000, n. 74, art. 10 bis; c.p.p., art. 192) (1)
(1) Sull’argomento gli orientamenti della giurisprudenza sono con-
trastanti. Recentissima e nello stesso senso della pronuncia in com-
mento si veda Cass. pen., sez. III, 1 ottobre 2014, n. 40526, in Ius&Lex
dvd n. 1/2015, ed. La Tribuna. In senso difforme si vedano Cass. pen.,
sez. III, 12 maggio 2014, n. 19454, ibidem e Cass. civ. 11 gennaio 2013,
n. 1443, in questa Rivista 2013, 533; le quali sostengono che la prova
delle certif‌icazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro,
quale sostituto d’imposta sulle retribuzioni effettivamente corri-
sposte ai sostituiti, può essere fornita anche tramite l’allegazione del
modello 770.
svoLgimento deL processo
La Corte di appello di Campobasso, con sentenza del
12 maggio 2014, ha confermato la sentenza con la quale
il Tribunale di Isernia, dichiarata la penale responsabilità
di P.M. in ordine al reato di cui all’art. 10 bis del D.L.vo n.
74 del 2000, per avere, in qualità di legale rappresentante
della “Lae Grup srl”, omesso di versare nei termini di legge
e nella misura di complessivi Euro 75.463,00 le ritenute di
legge operate, quale sostituto di imposta, sugli emolumen-
ti da lui erogati nella predetta qualità nell’anno di imposta
2005 e risultanti dalle relative certif‌icazioni rilasciate ai
sostituiti, lo aveva condannato alla pena di giustizia.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassa-
zione il Pareto, deducendo la violazione di legge ed il vizio
di motivazione in ordine alla prova dell’elemento oggettivo
del reato in particolare in ordine alla prova del materiale
rilascio da parte del prevenuto delle certif‌icazioni atte-
stanti l’avvenuta trattenuta in qualità di sostituto di impo-
sta, presupposto indefettibile per la sussistenza del reato
contestato.
motivi deLLa decisione
Il ricorso, essendo risultato fondato l’unico motivo di
impugnazione, deve essere accolto col conseguente annul-
lamento, con rinvio, della sentenza impugnata.
Deve rilevarsi, ai f‌ini di una necessaria breve rico-
struzione, anche diacronica, della normativa interessata,
che la disposizione che si assume essere stata violata dalla
ricorrente, cioè l’art. 10 bis del D.L.vo n. 74 del 2000, in-
trodotta a seguito della entrata in vigore della L. n. 311 del
2004, art. 1, comma 441, prevede che costituisca illecito
penale la condotta di “chiunque non versa entro il termine

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